Dark Angel – Leave Scars – La promessa dell’agonia.

Dark Angel – Leave Scars

Anno: 1989

Paese di provenienza: USA

Genere: thrashdeath

Membri: Ron Rinehart – voce; Jim Durkin – chitarra; Eric Meyer – chitarra; Mike Gonzalez – basso; Gene Hoglan – batteria

Casa discografica: Combat Records

1. The Death Of Innocence

2. Never To Rise Again

3. No One Answers

4. Cauterization

5. Immigrant Song (Led Zeppelin cover)

6. Older Than Time Itself

7. Worms

8. The Promise Of Agony

9. Leave Scars

Paradossalmente i Dark Angel iniziarono a consolidare una fortissima identità sul finire della loro produzione; di fatto dal 1991 in poi il gruppo californiano non ha più composto materiale. Leave Scars prende forma nel 1988 con il contributo di due nuove componenti: Mike Gonzalez al basso, ormai in formazione da fine registrazione di Darkness Descends, e Ron Rinehart alla voce, che va a prelevare lo storico Don Doty. Uno scambio quasi alla pari, verrebbe da dire, viste le somiglianze vocali tra i due, anche se probabilmente Leave Scars, per come è stato concepito, è l’album dei Dark Angel che è riuscito ad esaltare maggiormente il cantato. Non sto parlando soltanto della curiosa e stringata cover di Immigrant Song, in cui Rinehart da il meglio di sé sparando acuti bestiali a profusione, ma mi riferisco anche ai brani dalla consistente lunghezza (siamo tra i sette e gli otto minuti nella maggior parte dei casi) che addobbano questo album rocciosissimo.

Il registro tipicamente thrash esige una voce profonda, arrabbiata e graffiante, ma doverla sostenere lungo testi chilometrici deve essere stata sicuramente una prova impegnativa per il nuovo cantante. La partenza, affidata al breve The Death Of Innocence, mette subito in chiaro le intenzioni di Leave Scars, ovvero schiantare l’ascoltatore con un muro del suono virulento, morboso e pesantissimo, senza tralasciare una velocità e una frenesia disumane, sempre figlie soprattutto del lavoro incommensurabile di Gene Hoglan alla batteria. La voce segue pedissequamente l’ossessivo tappeto ritmico cercando di prendere spunto dalla scansione perfetta di Tom Araya. Never To Rise Again riesce a sottolineare maggiormente l’apporto di Rinehart grazie all’intuizione di inserire un ritornello dalla melodia baritonale indimenticabile. A sorpresa anche i solismi di chitarra si fanno più raffinati del solito, preferendo un approccio quasi barocco che avvicina Leave Scars agli esempi più sofisticati del genere, nonostante la violenza scorra sempre copiosa nelle teste e nelle mani di questi musicisti.

Se con questi primi due pezzi al fulmicotone la differenza con Darkness Descends sembrava ancora minima, è con episodi come No One Answers che Leave Scars mostra interamente la propria natura. Quasi otto minuti di durata infarciti di riff mastodontici e chitarre che si levano improvvisamente assassine, a completare un quadro che ha più dell’apocalittico. Siamo con ogni probabilità all’apice compositivo dei Dark Angel, che arrivati ad acquisire un manierismo thrash di spessore, non si accontentano più ma stabiliscono la loro scuola. A tratti la velocità insostenibile si affida a poche variazioni musicali, che infondono una sorta di minimalismo che spinge il thrash ad una visione quasi ipnotica e ripetitiva più vicina all’industrial ma senza essere industrial. Un esempio lampante è la successiva strumentale Cauterization, quasi la versione thrash di un pezzo dei Godflesh. Morbosa, velenosa e ossessiva. Il clima musicale perfetto per descrivere i testi che si affidano stavolta all’universo dei serial killer e del lato più malato dell’animo umano, piuttosto che a qualcosa di più mistico o fantasy come successo in passato.

Una maturazione che prosegue con la prepotente Older Than Time Itself con un Rinehart decisamente fuori di senno. Con la stessa cura con cui gli Exodus di Fabulous Disaster provarono ad immergere l’ascoltatore in uno spettacolo audio visivo, i Dark Angel con i campionamenti di Worms, annegati in chitarre serpeggianti, cercarono di far sprofondare la mente di chi ascolta nella pazzia più completa. Tutto questo prima di un pezzo furioso e devastante come The Promise Of Agony, vera ciliegina sulla torta di Leave Scars, che potrebbe avere come unico punto debole proprio la conclusiva traccia da cui ne prende il titolo. Complessivamente Leave Scars è un capolavoro, non di quelli più ricordati nell’immaginario thrash forse proprio per il suo saper essere così particolare e al di là di alcuni schemi di genere. La carriera musicale dei Dark Angel, come detto prima, si concluderà nel 1991 con Time Does Not Heal, album che prenderà ancora più le distanze dal thrash metal tout court e si farà influenzare da un metal di stampo progressivo. Ultima impegnatissima diapositiva di un gruppo mirabile.

Voto: 9

Zanini Marco

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