Intervista a Fabio Federici – Il Pigiama Rosa – Oligo editore

Intervista a Fabio Federici – Il Pigiama Rosa – Oligo editore

Fabio Federici

Abbiamo da poco recensito il romanzo Il Pigiama Rosa edito dalla “Oligo Editore” e abbiamo la possibilità di intervistare l’autore Fabio Federici, criminologo e colonnello dei carabinieri.

 

D: Buongiorno Federici, grazie per aver accettato l’intervista, possiamo darci del tu?

R: Certamente, e grazie a te per avermi invitato per un’intervista sulla vostra prestigiosa pagina Gufi Narranti, dandomi questa opportunità.

 

D: Quanta differenza c’è tra un’investigazione reale e quella dei romanzi?

R: Attenzione! Sono due aspetti ben distinti tra loro. Una cosa è la funzione investigativa nel corso della quale si osserva, si ricostruisce, si scandaglia e si esamina con attenzione, anche con l’aiuto di strumenti tecnologici e scientifici, lo scenario operativo che si pone di volta in volta sul cammino dell’investigatore al fine di riconoscere l’eventuale colpevole. Attività, ricordo, che viene svolta nel rigoroso rispetto delle norme dei codici vigenti. Invece è tutt’altra cosa narrare gialli e noir. Per narrare, ritengo che si debba entrare all’interno della mente criminale. A tal proposito, non si devono soltanto prevedere le mosse oppure risalire alla radice dei comportamenti come si fa nell’attività investigativa, ma si devono vestire i panni, ritrovare i sentimenti, colorarsi di passioni e di rabbia non solo dei personaggi cosiddetti cattivi di cui si scrive ma anche di quelli buoni o secondari, altrimenti lo scritto sarebbe povero e parziale. Riuscirci non è scontato, anzi!

Passare dall’altra parte della barricata è una sfida affascinate per un romanziere perché scrivendo si ha la fortuna e la possibilità di essere uno, nessuno e centomila, mentre nel reale il detective si scontra con le tensioni umane delle vittime e degli stessi colpevoli. Sicuramente ci vuole una grande capacità di immedesimazione. Personalmente ci ho provato con “Il Pigiama Rosa” e sarà il lettore a valutare se questa sfida possa averla superata.

 

D: Perché hai deciso di ambientare il noir durante il primo lockdown?

R: Ritengo che non poteva essere altrimenti nella considerazione che la storia raccontata è parallela alla nostra quotidianità. Le difficoltà dovute alla pandemia, che tutti noi abbiamo vissuto in questi mesi, hanno inevitabilmente cambiato le nostre vite e conseguentemente le nostre modalità lavorative. Cosa quindi che è avvenuta anche nel mondo delle investigazioni reali. Dunque, nel libro ho fatto cenno in alcuni passi anche a questo aspetto integrandolo a pieno titolo con lo sviluppo della narrazione, facendo muovere i tanti personaggi tra la quotidianità flagellata dal demone dell’odierna pandemia e tra le conseguenti problematiche umane e investigative.

 

D: Nel tuo lavoro qual è stato il caso più difficile che hai dovuto risolvere?

R: La vita professionale di tutti noi è costellata di tanti eventi più o meno importanti. Certamente la mia esperienza professionale è stata di grande stimolo, avendo avuto la possibilità di concorrere in alcune indagini su crimini efferati dalla vasta risonanza mediatica nonché in inchieste sulla criminalità organizzata e di contrasto all’immigrazione clandestina e probabilmente ciò mi ha portato a scrivere.

 

D: Nei romanzi ultimamente compare spesso il dark web, ha davvero un grande ruolo per la nuova criminalità?

R: Il dark web è un mondo a sé stante e parallelo, pieno di insidie e di pericoli, che sicuramente facilità alcune tipologie di crimini. Il termine dark web evoca immediatamente – e non a torto – l’immagine di un luogo oscuro. L’attributo dell’oscurità ha una duplice valenza: si tratta di un luogo celato, occulto – anche se l’accesso non si presenta come particolarmente complesso per chi abbia un minimo di dimestichezza con le tecnologie informatiche -, e la sua esplorazione richiama alla mente la catabasi infernale descritta da Dante nella prima cantica della sua Commedia, facendo sprofondare chi vi si addentra nell’abisso delle perversioni umane. Nonostante non sia solamente un luogo di illiceità e depravazione, il dark web – considerata la sua struttura essenzialmente anonima – rappresenta l’ambiente ideale per la commissione di reati e attira diverse tipologie di individui, che qui possono dare sfogo ai propri istinti più malati e inconfessabili. A conferma, basta leggere le tante storie di cronaca provenienti della rete che superano la finzione narrativa. Per questa ragione, nella trama del noir ho volutamente inserito il ruolo determinante per la storia del dark web che per alcuni personaggi diventerà croce e delizia.

D: Come hai conosciuto l’autore Maurizio de Giovanni che ha scritto la prefazione al tuo romanzo?

R: L’incontro con il Maestro Maurizio de Giovanni è stato casuale. Lo vorrei spiegare con le mie parole scritte nel libro che chiosano uno dei primi capitoletti intitolato, guarda caso, “L’incontro”. Scrivo: “Il destino ha uno strano modo di svelare gli avvenimenti della vita. Spesso si tratta di un intreccio disordinato di eventi, talora positivi, altre volte negativi, ma mai inutili. Questo e il beffardo gioco della serendipità: nulla accade per caso e quindi un incasellamento di eventi, occorsi in modo del tutto casuale, permette alle persone di incontrarsi”. Colgo l’occasione, per il tramite delle vostre pagine, di ringraziare il Maestro de Giovanni per avermi donato una così bella prefazione. Spero di non deludere il lettore.

 

D: Hai scritto diversi saggi di criminologia anche in coppia con Alessandro Meluzzi sempre per la “Oligo Editore”; come nasce l’idea di scrivere un romanzo?

R: Ho scritto alcuni saggi, sempre editi da Oligo Editore, sia con altri autori che da solo come ad esempio “Il lato oscuro della mafia nigeriana in Italia”, mentre con altri, con Alessandro e con il compianto Massimo Numa “Menti Insolite. Radiografia di cinque femminicidi”, e sempre con il Meluzzi “Il Se e il Ma delle Investigazioni. Riflessioni tra criminologia, diritto ed esperienza sul campo” e “Il Crime Analyst. Le nuove frontiere delle scienze investigative”, ricevendo anche alcuni riconoscimenti letterari.

Ho voluto cimentarmi con la narrativa, cambiando genere, per due ragioni. La prima, voler trasmettere al lettore, per il tramite della narrazione giallo noir, oltre che un’interessante storia da leggere anche le chiavi per decriptare i tanti casi di cronaca nera che lo circondano. Di fatti la lettura nel libro è accompagnata a termine di ogni capitoletto – proprio a chiosa – da brevissime riflessioni crimino investigative, che possono essere utili ad aiutare il lettore a capire le ragioni del crimine che ci affligge. La seconda, è una sfida con me stesso. Pensa che ora sto scrivendo anche gli Haiku, che sono brevissimi componimenti poetici della letteratura giapponese risalente al XVII secolo di soli tre versi da diciassette more (sillabe) in formazione 5-7-5.

 

D: Cosa pensi dei tanti cold case italiani apparentemente senza spiegazione come ad esempio il caso Poma di Simonetta Cesaroni?

R: Da sempre è alta l’attenzione dell’opinione pubblica sui casi di cronaca nera. È una questione endemica alla società di ogni epoca, soprattutto da quando esiste la carta stampata. Ricordo a tal proposito le tragedie greche. Ogni vicenda ha un suo sviluppo processuale e certamente i singoli attori di ogni inchiesta si muovono cercando di perseguire i propri obiettivi. Questo fa sì che alcuni fatti di sangue, i più efferati o investigativamente complessi, siano giustamente seguiti dai media perché la comunità vuole sapere la verità, che come uno dei personaggi nel mio romanzo afferma: “la verità nulla teme e nulla la potrà fermare!”.

 

D: Quando hai deciso che volevi appartenere alle Forze dell’Ordine?

R: Domanda curiosa visto il contesto, ma alla fine ci sta. In verità sin da adolescente sono sempre stato attratto dai valori delle Forze dell’Ordine come la fedeltà, il servizio in favore del cittadino, il senso del dovere e l’abnegazione. Un gesto in favore di un cittadino inerme è qualcosa di unico d’apprezzare e spero che molti giovani possano seguire questa strada, attratti anch’essi da questi valori. A tal proposito, il personaggio principale del noir, la giovane investigatrice Chiara Cremisi, l’ho volutamente tratteggiata con questi principi e non ho scelto invece di caratterizzarla in altri modi perché sono convinto che così sono i nostri investigatori italiani, mentre sempre più spesso si legge di detective che non sono come realmente operano o come veramente credono e pensano. Ho cercato di essere il più realista possibile, superando gli stereotipi sul tema, nella creazione di Chiara, sulla quale ci sarà sul finire del libro un colpo di scena, credo sorprendente. E anche per questi mei sentimenti ho voluto devolvere integralmente i miei diritti d’autore all’Opera Nazionale di Assistenza per gli Orfani dei Militari dell’Arma dei Carabinieri.

 

D: Hai mai avuto paura di morire durante un’azione?

R: La paura è una emozione che hanno tutti, chi più chi meno. Sono spesso le circostanze che fanno la situazione in un senso o nell’altro. Nel libro si legge anche di personaggi che hanno paura e di altri meno. Spesso la paura non è sempre negativa perché si accompagna alla prudenza o al coraggio, a seconda dell’attimo vissuto.

 

D: Quanto la quotidianità influisce nel tuo romanzo?

R: Il determinismo sociale e ambientale condiziona l’essere umano sin dalla sua nascita. Ebbene, considerato che gli scritti sono sempre il frutto di proprie riflessioni ritengo, quindi, che anche l’autore più bravo e distaccato dalla realtà scriverà immancabilmente di emozioni che ha vissuto e metabolizzato sin dalla sua infanzia.

Poi diciamocelo, la realtà spesso supera la fantasia ed è una preziosa miniera per l’ispirazione narrativa. Credo che sia successo inevitabilmente anche a me! 

 

D: Pensi che i tuoi personaggi possano dare vita ad una saga? Io spero di sì!

R: Sandra, lo spero sinceramente anche io. Ciò significa che il libro così come i personaggi sono piaciuti e non ho deluso le aspettative. Comunque nella costruzione della storia ho lasciato aperta la possibilità di un sequel. Infine vorrei qui sottolineare che non sono un scrittore ma amo solo scrivere sin da bambino. È un hobby che mi piace condividere con gli altri. Anzi tutti noi dovremmo scrivere. Dico sempre a tutti: quando percepisci un’emozione o vieni colpito da qualcosa, fermati prendi una penna e un foglio di carta e butta giù ciò che stai provando. È un patrimonio unico e impareggiabile da conservare non solo per sé ma anche per i propri cari e amici.

Forse un giorno quel semplice pezzo di carta potrà avere un valore!

Grazie e buona lettura de “Il Pigiama Rosa”.

 

Grazie mille Fabio per aver accettato l’intervista. Arrivederci a presto sulle pagine dei Gufi Narranti:

Sandra Pauletto

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.