Intervista a Luca Ragazzini – Le misturanze – Gilgamesh edizioni

Intervista a Luca Ragazzini – Le misturanze – Gilgamesh edizioni

Abbiamo da poco recensito “Le Misturanze” (Gilgamesh Edizioni) di Luca Ragazzini e abbiamo la possibilità di scambiare con lui quattro chiacchiere per conoscere meglio lui ed il suo nuovo romanzo.

 

Buongiorno Luca mi permetto, se sei d’accordo, di darti del tu. Partiamo con le domande:

 

D: Dato che è la prima volta che ti recensiamo e che di conseguenza ti intervistiamo, ci piacerebbe sapere un po’ chi è Luca Ragazzini uomo e chi è Luca Ragazzini scrittore. Puoi darci un tuo ritratto per conoscerti meglio?

 

R: Che dire? Sono nato nel 1970, a Roma, ma da tanti anni vivo a Civita Castellana, in provincia di Viterbo. Ho una formazione da storico, ma mi sono sempre interessato più o meno allo stesso modo sia di storia che di letteratura. Sono sposato e ho una figlia: le Emily e Grace a cui il romanzo Le Misturanze (Dormiveglia irlandese) è dedicato sono appunto mia moglie e mia figlia. Ho scritto i miei primi racconti tanto tempo fa, intorno ai vent’anni, ma solo a partire dal 2011 ho iniziato a dare un po’ di sistematicità a questa mia passione.

 

D: Il titolo del tuo romanzo è molto particolare, come lo hai scelto?

 

R: Cercavo una parola per definire quei rapporti umani talmente totalizzanti (in positivo o in negativo) da creare nuclei in cui poi diventa impossibile distinguere i singoli componenti, le singole persone. Così è venuto fuori il verbo “misturare”, poco o per nulla adoperato in italiano, ma di uso comune in portoghese (“misturar”), che, tra le lingue straniere, è quella che conosco meglio. In definitiva, penso di essere stato influenzato dalla lingua che, oltre all’italiano, si è insediata più stabilmente nella mia testa.

 

D: Ester è il personaggio principale dell’intero romanzo, è il fulcro di tutta la vicenda tanto che la storia inizia proprio con la sua nascita. Come è nata la figura di questa ragazza?

 

R: In realtà, al tempo della scrittura delle prime pagine, avevo pensato a un ragazzo. Ester è venuta fuori strada facendo, quando mi sono accorto che l’idea che avevo in mente e i temi che desideravo trattare (chi leggerà il romanzo capirà cosa voglio dire) si sviluppavano con più naturalezza attorno a una protagonista femminile.

 

D: Possiamo dire che questo è un romanzo che sfugge a qualsiasi catalogazione di genere. D’impatto sembrerebbe una saga familiare ma andando più a fondo nella lettura, la storia assume i contorni del romanzo di riflessione. Non solo, ci ho visto anche elementi del romanzo di formazione. Fossi un libraio, dove lo collocheresti?

 

R: Tra i romanzi di riflessione.

 

D: Quando hai iniziato a scrivere questo romanzo avevi già chiara in mente tutta la storia oppure si è evoluta in corso d’opera?

 

R: Avevo in mente l’idea che sostiene il romanzo, come pure l’inizio e la conclusione. Ma l’intreccio narrativo no, quello si è delineato man mano, costringendomi a tornare più volte su quanto avevo già scritto, per modellarlo via via sulla storia che andava prendendo corpo.

 

D: In questo romanzo si distingue una certa contrapposizione tra gli uomini descritti come sognatori ed idealisti e le donne più pratiche e concrete. È una tua opinione o vale solo nel romanzo?

 

R: È una mia opinione, basata su quello che ho visto e che continuo a vedere nella vita di tutti i giorni. Anche se ovviamente non bisogna generalizzare.

 

D: Si parla molto in questo libro di come il denaro, la forza economica, sia un qualcosa di decisivo nel rapporto tra le persone. Ritieni che la società fondamentalmente ruoti esclusivamente attorno al denaro?

 

R: No, non ritengo che la nostra società ruoti esclusivamente attorno al denaro. Penso piuttosto che il denaro sia diventato una sorta di ingombrante mantello, così onnipresente da restituire l’impressione di un perno attorno a cui tutto ruota. Ma se si volge lo sguardo più in profondità, ci si accorge che i gesti, le azioni e le scelte degli esseri umani continuano a dipendere dai pensieri e, soprattutto, dai sentimenti. Mi viene in mente, a tale proposito, il romanzo più famoso dello scrittore statunitense Richard Yates, Revolutionary Road, da cui è stato tratto anche un bel film. Racconta di una coppia che vorrebbe lasciarsi alle spalle la monotonia della provincia americana per trasferirsi a Parigi, ma che poi rinuncia all’idea. A chi gli chiederà le ragioni di tale ripensamento i due spiegheranno che è in arrivo un altro figlio (il terzo), che i costi di gestione familiare inevitabilmente aumenteranno e che quindi hanno rinunciato al progetto esclusivamente per ragioni economiche. Tutti accetteranno la spiegazione, tranne un loro conoscente, un ex professore di matematica che entra ed esce dal manicomio, che li inchioderà con queste parole: «Benissimo, è una buonissima ragione. Il denaro è sempre una buonissima ragione. Ma non è quasi mai la ragione vera. Qual è la ragione vera?». E da lì inizierà il finimondo, perché i due coniugi, messi alle strette, inizieranno a tirar fuori la vera causa di quel dietrofront, che risiede nel loro disastroso rapporto di coppia. Ecco, il mio punto di vista sul denaro è simile a quello di Richard Yates e, anche se dalla prima pubblicazione di Revolutionary Road sono passati vari decenni, lo ritengo ancora un romanzo di grande attualità. Da notare, tra l’altro, come l’autore, ben conscio di esprimere concetti non in linea con quanto asserito da tanti altri scrittori, metta in bocca tali parole a un “matto”, a un personaggio cioè che può permettersi di andare controcorrente rispetto alle opinioni più diffuse.

 

D: Hai già in mente nuovi progetti letterari per il futuro?

 

Sì, nei prossimi mesi conto di terminare il mio nuovo romanzo, che non ha ancora un titolo. Sarà molto diverso da Le Misturanze, non avrà una collocazione geografica o temporale ben definita, ma sarà comunque un testo ben ancorato alla realtà e all’attualità.

 

Grazie per il tempo dedicatoci.

 

David Usilla

 

 

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