Intervista Andrea Guglielmino – Star Wars il mito dai mille volti (edizione estesa)

 

Intervista Andrea Guglielmino – Star Wars il mito dai mille volti (edizione estesa)

Dopo aver recensito il saggio di Andrea Guglielmino:  Star Wars il mito dai mille volti (edizione estesa)Golem Libri –  abbiamo il piacere di ritrovare sulle nostre pagine l’autore con il quale scambiare nuovamente quattro chiacchiere!

Ciao Andrea, grazie per essere passato a trovarci cominciamo subito con le domande

D.: Quando hai visto Star Wars la prima volta?

R.: Oh, questa è una storia che racconto spesso e sempre volentieri. Come “ero in piedi sul water attaccando un orologio” per Doc Brown.

Era sicuramente il 1983, quindi avevo 7 anni. Me lo ricordo in maniera vivida perché tutto iniziò con delle maschere di cartone da ritagliare. Me le portò mio padre da un viaggio di lavoro: ritraevano i personaggi de ‘Il ritorno dello Jedi’ e andare al cinema a vederlo fu naturale conseguenza. Quella fu la mia iniziazione.

Non ci capii moltissimo perché non avevo visto gli altri ma la potenza creativa di quel mondo lontano lontano mi colpì immediatamente, tra alieni variopinti, dramma e avventure.

E poi subito a recuperare!

Al tempo si usava, quando usciva un sequel al cinema, passare in tv i capitoli precedenti. Ma anche le sale li riprogettavano e quindi non fu troppo difficile.

 

D.: Perché hai deciso di scriverci un saggio?

R.: perché è una saga rappresentativa di come funzionano i meccanismi del Mito nell’epoca moderna. Il Mito, antropologicamente inteso, deve sempre rinnovarsi e mutare per adattarsi a nuove esigenze fondative. La sua funzione è infatti quella di fondare e sacralizzare elementi che la società produttrice del Mito ritiene importanti per la sua costituzione. Star Wars fa lo stesso, sebbene questa caratteristica basica del Mito venga inevitabilmente riadattata anche per esigenze di marketing. Se ieri la comunicazione tra due persone tramite la Forza ricordava una telefonata con molte interferenze, oggi sembra una videochiamata, con i due soggetti che possono addirittura vedersi a galassie di distanza. O addirittura possono passarsi gli oggetti con una forma di teletrasporto, come se la Forza diventasse in servizio Amazon.

 

D.: Credi che una saga possa vivere in eterno con nuovi episodi o c’è un punto in cui bisogna fermarsi?

R.: Potenzialmente il Mito è immortale proprio per questa sua capacità di riadattarsi, e quindi infinito. Non significa però che tutti i miti lo siano. A volte perdono la loro funzionalità perché non sono più adatti al loro scopo fondativo dalle basi, ma dobbiamo contare anche il diffusionismo, cioè la tendenza a trasmigrare degli elementi mitici in altri contesti spaziali e temporali. In sostanza, il banale principio per cui nulla si crea da zero e nulla si distrugge. I miti hanno sempre una base di esigenza economica: pensiamo a tutti quelli legati al ciclo vitale del grano o del mais, quindi strettamente connessi con l’alimentazione. Nel cinema questo diventa evidente. Diciamo spesso che il cinema – ma anche le serie o qualsiasi forma di intrattenimento – dovrebbe essere 50% arte e 50% business.

Probabilmente quando si perde questo equilibrio la saga tende verso una conclusione, dovuta alla mancanza di interesse da parte del pubblico, che è un misuratore dell’abbassamento della capacità fondativa del Mito, oppure a uno strabordare di istanze ed esigenze commerciali che magari riescono a tenere in vita il franchise da un punto di vista economico ma lo impoveriscono sotto il lato artistico e narrativo, contribuendo indirettamente a depotenziarne la capacità fondativa.

 

D.: Cos’ha “di unico” Star Wars rispetto agli altri film di fantascienza?

R.: Si individua a livello di saga e di rapporto col pubblico, e ne parlo in un capitolo apposito. Per un lungo periodo, e prima dell’era Internet, il pubblico era chiamato più o meno direttamente in causa per contribuire alla costruzione del Mito. Pensiamo alla sua interattività e a quanto le action figures di Star Wars fossero diffuse negli anni ‘70 e ‘80. Vennero distribuite addirittura prima dell’uscita del primo film!

Ed era un invito a partecipare: “questi sono i personaggi! Create le vostre storie!”

Una cosa mai vista prima in maniera così massiva, ma che ha creato anche un grosso fraintendimento tra creatore e fruitori, perché i fan si sono sentiti investiti di un potere enorme, forse troppo.

Per cui quando poi Lucas, con la trilogia prequel, si è imposto nuovamente come unico creatore (sottolineandolo con decisione durante alcune interviste) in qualche modo si sono sentiti depauperati.

Questo ha creato una cesura che dura ancora oggi, e che si traduce in una discussione accesissima che pone molti fan nella paradossale situazione di trovarsi spesso a criticare le scelte fatte da chi narra le storie (ormai la Disney). Sono ancora fan o sono hater? Nasce così la figura ancora poco delineata del ‘fan tossico’, che si comporta come un amante deluso.

 

D.: Se ti dicessi parlaci della “Forza”? … non ti ricorda in qualche modo alcune ideologie New Age?

R.: Certamente sì. Lucas – che tra l’altro ho scoperto avere in comune con me la passione per l’antropologia e la storia delle religioni – afferma di avere nella sua formazione un mix di cristianesimo e buddhismo, ma in Star Wars troviamo anche elementi di induismo, cultura nipponica e molto altro. Pensiamo ai maestri Jedi che rivivono nella Forza ricomparendo come voci o fantasmi, diventando parte del tutto. È una tradizione del culto degli antenati. La Forza come concetto è passibile di interpretazioni, e intendo all’interno della finzione narrativa. Inizialmente sembra un elemento destinato a pochi eletti, poi passa per una visione ‘scientifica’, con l’introduzione poco gradita del concetto di midi-chlorian, ovvero piccole particelle che la trasportano, infine con la trilogia Disney ne abbiamo una visione ‘paolina’: tutti possono partecipazione della Forza in misure e condizioni diverse. San Paolo tramutò il cristianesimo da culto misterico per eletti a credo di massa. Il percorso è simile.

 

D.: Che effetto fa riaprire un volume chiuso (inteso come libro già scritto ed editato)

R.: un’impressione di compiutezza. Sapevo che avrei dovuto e voluto farlo. Quando ho dato alle stampe la prima versione del libro esattamente quattro anni fa, sapevo che avrei dovuto, o più propriamente voluto, tornare nella Galassia Lontana Lontana per chiudere la trattazione. La trilogia sequel non era ancora completata ed eravamo a ridosso di Solo, che ancora non si era rivelato l’insuccesso epocale che avrebbe portato a un totale cambio di rotta per la saga.

Immaginavo che avrei scritto magari un altro libro per concentrarmi sui nuovi capitoli a integrazione del primo, ma non avrei mai immaginato che la direzione intrapresa dalla saga avrebbe condizionato in maniera così radicale anche il pregresso. Questo ha portato all’idea di realizzare un’edizione estesa che non proseguisse semplicemente il percorso lasciato in sospeso a suo tempo ma lo integrasse e lo aggiornasse, rendendolo fruibile anche per i nuovi lettori.

La parte nuova, però, è talmente consistente che si può parlare di un nuovo saggio, in cui ho potuto includere non solo la trattazione de L’Ascesa di Skywalker, ultimo capitolo della nuova trilogia, ma anche quella delle serie passate su Disney+, The Mandalorian The Book of Boba Fett, importantissime per comprendere i nuovi meccanismi di fruizione del franchise…Mi interessava capire certi meccanismi del Mito e ora ci sono tutti gli elementi per farlo al meglio.

 

D.: Star Wars nel tempo è cambiato invece Andrea Guglielmino?

R.: Naturalmente sì. Tutti lo facciamo. Immagino sia particolarmente indicativo tirare le somme di questi ultimi quattro anni. Il libro è dedicato a mia figlia Gaia, “la mia stellina” (come Galen Erso chiama sua figlia Jyn in Rogue One), che nasceva proprio nel periodo in cui io stavo terminando la prima stesura. Ricordo di aver fatto la correzione di bozze tra pappe, pannolini, pianti e notti insonni, con la bimba appesa al collo con una fascia speciale che avremmo smesso di usare da lì a due settimane. Sarebbe romantico a questo punto paragonare il libro a un figlio che cresce, adesso hanno tutti e due quattro anni e molta esperienza sulle spalle in più. Ma la verità è che avere un figlio vero ti cambia radicalmente punti di vista, priorità e prospettive. Prima il cinema e la scrittura per me erano tutto, erano il mio mondo. Adesso sono un rifugio. La mia personale ‘Fortezza della Solitudine’ in cui mi nascondo ogni tanto, come Superman, per poi tornare più carico a fare il papà al meglio che posso.

 

D.: Cos’ha il tuo libro di più rispetto alla vasta bibliografia su Star Wars? … Lo so che è una domanda che magari non dovrei fare a te, ma chi meglio di te, che l’ha scritto, può saperlo?

L’approccio antropologico, ovviamente. Io paragono i film e le serie tra loro come fossero miti antichi per rilevare non tanto le analogie che ci passano ma le differenze sostanziali. Il mio oggetto di studio non sono i film. Non troverete la critica. Non vi dirò quale film mi piace e quale non mi piace. Questo lo trovo poco interessante e comunque più adatto ad altri media, come i social. Qui io studio soprattutto il pubblico. Quello è il mio gruppo sociale di riferimento. A campione, e con delle proiezioni, mi dice tanto su come cambia e si evolve la nostra società.

Sandra Pauletto

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