Intervista a Concetta D’Angeli “Le Rovinose” – Il ramo e la foglia editore

Intervista a Concetta D’Angeli “Le Rovinose” – Il ramo e la foglia editore

Concetta D'Angeli

Abbiamo da poco recensito il romanzo di Concetta D’Angeli “Le Rovinose” (Il ramo e la foglia edizioni) e abbiamo ora la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con l’autrice

 

D: Ciao Concetta Grazie per essere passata a trovarci. Come nasce l’idea per il tuo libro?

R: Penso che nella narrativa italiana manchino rappresentazioni di molti aspetti della realtà femminile contemporanea, che dalla fine della seconda guerra mondiale ha subito trasformazioni radicali e veloci: la mia vita, le mie consapevolezze, le mie scelte sarebbero state impossibili per le mie nonne e difficilmente realizzabili per mia madre. Per le generazioni postbelliche sono infatti cambiate le leggi, che garantiscono meglio le donne e i loro diritti; è cambiata la percezione collettiva delle donne, che non sono più considerate oggetti privi di autonomia, bisognosi di tutori, o meglio di padroni; sono cambiate le coordinate psicologiche in base alle quali le bambine e le adolescenti sviluppano la propria personalità; e di conseguenza sono cambiate le ambizioni, le prospettive di lavoro, le modalità di pensarsi nel mondo. Queste trasformazioni non sono state sempre e solo un fatto positivo, sia perché restano vastissime sacche nelle quali, per varie ragioni, le cose sono rimaste invariate o quasi, sia perché le conseguenze emotive e psicologiche di tali cambiamenti sono ambigue, sfuggenti, poco definibili, e dunque difficili da interpretare e da ritrarre.

Ho cercato di rappresentarle perché mi pare di conoscere bene il mondo femminile, un po’ perché sono una donna, un po’ perché mi sono formata proprio quando le prospettive e le coordinate femminili sono mutate, e soprattutto perché sulle donne e la loro vita (che è anche la mia vita) ho riflettuto a lungo. Parlarne è il mio scopo e il mio desiderio.

 

D: Possiamo chiederti rispetto alle protagoniste tu che tipo di donna sei?

R: Sono un po’ simile a ciascuna di loro ma complessivamente sono diversissima. Fin da piccola ho avuto un’ambizione emancipatoria che, per realizzarsi, ha puntato sulle capacità intellettuali; in questo assomiglio a Silvana, della quale però non condivido la smodatezza competitiva e l’invidia sociale (delle “ragazze-bene” ho invidiato solo la disinvoltura negli sport, in particolare nel nuoto…). Spesso ho sperimentato fasi di smarrimento, crisi simili a quelle che caratterizzano la personalità di Clara; ma le mie non sono così pervasive e continue.

Mi considero una donna emancipata, leggo e studio parecchio, non amo i soldi e non ne sono mai andata in cerca, ho un alto concetto dell’amicizia e scarso apprezzamento per i cosiddetti valori familiari; credo di essere una persona perbene.

 

D: Come hai scelto il periodo storico nel quale collocare il tuo romanzo, credi che ora il mondo sia così cambiato?

R: Ho scelto di collocare la storia del romanzo durante gli “anni di piombo” perché sono stati la tragedia della mia generazione, e anche perché proprio in quegli anni sono state poste le basi per la profonda trasformazione della vita femminile di cui ho accennato sopra, con le luci e le ombre che quella trasformazione ha portato con sé.

Guardando oggi la vita delle donne, spesso penso che le premesse di allora non siano state ben sfruttate né avvalorate, penso che le donne abbiano ancora molta strada da fare

 

D: Come nasce l’idea del colpo di scena finale? Lo avevi già in mente o è stata una folgorazione anche per te oltre che per il lettore?

R: Il colpo di scena finale l’ho avuto in mente fin da quando ho cominciato a impostare il romanzo; me lo sono immaginato proprio così, e così l’ho poi raccontato.

 

D: Visto che il tuo libro parla fondamentalmente di donne vuoi dirci il nome di una tua autrice preferita?

R: Elsa Morante. L’ho anche studiata e ho scritto parecchi saggi su di lei; è a mio parere la più grande autrice italiana e, se non si fanno distinzioni di genere, sta nella prima decina dei maggiori autori (genere neutro!) della nostra narrativa del Novecento.

 

Grazie mille a Concetta D’Angeli per la chiacchierata, arrivederci a presto sulle pagine dei gufi narranti.

 

Matteo Melis

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