Dune – Parte Due – Paul Atreides alla conquista del potere.

Dune – Parte Due

Anno: 2024

Paese di produzione: USA, Canada

Genere: fantascienza

Regia: Denis Villeneuve

Produttore: Denis Villeneuve, Cale Boyter, Joseph M. Caracciolo Jr., Mary Parent

Cast: Timothée Chalamet, Zendaya, Rebecca Ferguson, Josh Brolin, Austin Butler, Florence Pugh, Dave Bautista, Christopher Walken, Léa Seydoux, Stellan Skarsgard, Charlotte Rampling, Javier Bardem, Anya Taylor – Joy

Arrakis è sotto il dominio Arkonnen, mentre Paul Atreides e sua madre Lady Jessica si sono uniti ai Fremen e si dirigono a nord verso il loro rifugio Sietch Tabr. I due sono accolti dai Fremen in parte con grande speranza perché molti di loro vedono in Paul Atreides il salvatore profetizzato dai miti delle Bene Gesserit, Lisan Al – Gaib, ma altri li considerano delle spie. Se da una parte Jessica cerca di portare tutto il popolo dalla propria parte sfruttandone l’attaccamento religioso, Paul si dimostra invece ostile al controllo esercitato dalle Bene Gesserit e sostiene attivamente i Fremen nella rivolta contro gli Arkonnen. Sul futuro incombe però una minaccia che si fa’ strada nei sogni del giovane duca, un presagio di distruzione totale di Arrakis.

Florence Pugh nei panni di Irulan Corrino

Capitolo centrale dell’adattamento di Villeneuve sull’immensa opera di Frank Herbert, a questo punto personalizzata per il grande schermo rispetto a Dune (2021), molto aderente allo scritto. Il regista canadese si conferma uno dei più grandi visionari di Hollywood al momento e la sua bravura nel coniugare spettacolo e cinema d’autore non è comune.

L’emozionante duello finale tra Paul Atreides e Feyd Rautha.

Fin dai primi istanti di Dune – Parte Due sono stato attraversato da un pensiero. Nella estenuante fase iniziale in cui Paul e Jessica si nascondono da un agguato Arkonnen, accompagnato solo dai rumori dei passi nella sabbia, brusii elettronici e qualche rumore più secco, immerso tutto in quei lunghi silenzi, ho pensato che forse non sarebbe neanche male vedere un film di Villeneuve senza dialoghi. Gioca forse un ruolo importante in questa riflessione il fatto che alcune frasi suonino di già sentito, così come certi risvolti della trama risultino un po’ rivisti e alcuni personaggi stereotipati. Non si può nemmeno dire che il Dune del regista canadese sia vuoto di importanza a livello dialogico anzi, è quando spinge sull’acceleratore dell’intensità che tutto acquisisce livelli, sotto trame e spessore. L’uso della “voce” di Paul Atreides così come di Lady Jessica, i confronti tra il primo e Chani, la relazione sentimentale tra i due. Nel suo complesso di architetture brutaliste, futuri distopici disperanti e spietati e colonialismo sfrenato, la nuova incarnazione di Dune continua a parlare con il cuore e coinvolge.

Villeneuve mette al centro la sete di potere e di controllo, ponendo realisticamente come soggetti principali di questo dominio la religione e l’industria bellica. Le metafore si sprecano. Non ho mai letto i libri di Herbert ma raccogliendo le opinioni dei lettori mi sembra di aver capito che il regista si sia voluto concentrare maggiormente su questo aspetto, modificando anche in parte la trama originale e dimenticando gli intrighi di palazzo. Va sottolineato che gli appassionati hanno anche apprezzato questa scelta e portare dalla propria parte i lettori non è mai cosa semplice, anzi. A Villeneuve a quanto pare va quindi riconosciuto non solo il merito di aver portato di nuovo sul grande schermo un eccellente rappresentazione di fantascienza (come è solito fare, vedasi Arrival e Blade Runner 2049), con un tono che si erge al di sopra della media attuale, ma anche di aver preso il meglio da colui a cui si è ispirato. Lo spettacolo è assicurato grazie a scene da urlo (le corse sul dorso dei giganteschi vermi della sabbia, la descrizione visiva dei pianeti, gli scenari rappresentati) e allo stesso tempo Dune continua ad essere una visione che scuote l’anima e ci mette in guardia sui pericoli socio culturali già imperanti.

Marco Zanini

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