Intervista a Eleonora Contu – “Anantpakrash” – Catartica Edizioni.

Intervista a Eleonora Contu – “Anantpakrash” – Catartica Edizioni.

Abbiamo da poco recensito il romanzo “Anantpakrash”, di Eleonora Contu, edito da Catartica Edizioni e abbiamo la possibilità di scambiare con lei quattro chiacchiere.

Ciao Eleonora, grazie per essere passata a trovarci. Possiamo darci del tu?

 

  • Questo è il tuo primo libro: come ci sente a passare da lettrice ad autrice?

È una sensazione molto particolare, sicuramente è una soddisfazione personale grandissima, non mi definisco però una scrittrice, anche se spero un giorno di diventarlo.

Ancora rimango stupita quando qualcuno mi fa domande sul libro, è rimasto talmente tanto tempo chiuso tra le pagine del mio quadernino o tra i documenti di google drive che è surreale pensare che effettivamente ora le persone possono leggerlo.

Recentemente per la prima volta mi è stato riferito che una ragazzina era davvero entusiasta dopo aver letto il mio libro, è stata un’emozione indescrivibile.

  • Il tuo romanzo ha un titolo sicuramente originale. Vuoi raccontarci come l’hai scelto?

Anantpakrash è una parola che io e una delle mie migliori amiche usiamo come esclamazione quando accade qualcosa di inaspettato, come a dire “è il volere del destino”, quando notiamo delle trame di coincidenze nelle nostre giornate, quando la sfortuna, o la fortuna, ci colgono di sorpresa.

È una parola che ho inventato. Cercavo un nome per l’universo in cui si svolgono le vicende del libro, volevo qualcosa che richiamasse l’infinito, la luce, le stelle… così ho aperto google traduttore e ho iniziato a tradurre “luce infinita” in alcune lingue, finché non mi sono imbattuta nella traduzione in hindi: “anant prakaash”. Aveva un suono che mi piaceva ma non volevo utilizzare una parola già esistente, per di più in una lingua che non conoscevo, perché non avevo la certezza assoluta che volesse dire “luce infinita” e volevo evitare ogni complicazione. Così ho iniziato a creare nuove parole combinando le lettere di “anant prakaash” finché non ho ottenuto “Anantpakrash”.  Nel momento in cui l’ho letta ho capito che era quello che cercavo.

  • Hai la fortuna di condividere il piacere della lettura con parenti e amici?

Sì, condivido la passione per la lettura con molti miei amici e frequento anche un circolo letterario nella mia città: “Argocircolo letterario”.

  • Come sei arrivata a progettare di scrivere tu stessa un libro?

Non ricordo un momento esatto in cui ho pensato di voler iniziare a scrivere un libro. Avevo una storia nella mia mente, non è nata con l’intenzione di essere un romanzo, era semplicemente lì, uno dei tanti frutti della mia immaginazione, quasi come il ricordo di un sogno che si è fatto una notte e che ci è rimasto impresso. Ero solo alle scuole medie quando la storia ha iniziato a delinearsi nella mia testa, doveva essere un fumetto inizialmente, di cui pian piano scrivevo la trama nelle note del telefono, la trama però diventava sempre più lunga e dettagliata, è stato allora forse che ho capito che il modo migliore per dare forma alla mia idea era la scrittura.

Così ho scritto infatti la prima versione di cui nel romanzo finale non rimane quasi nulla, era una trilogia, piuttosto breve, che non funzionava però.

Non so cosa mi abbia spinto a volerla riscrivere da capo, sentivo il bisogno di rendere migliore il prodotto della mia fantasia, perché sapevo potesse essere molto più di ciò che avevo abbozzato, l’ho scritto per lo stesso motivo per il quale un bambino rifinisce una lettera nel quaderno di italiano o per il quale si aggiunge un po’ di zucchero nel sugo per dargli un tocco di classe, volevo fare per bene qualcosa, volevo portare a termine un progetto.

Così l’ho fatto.

  • La letteratura è sempre stata presente in maniera importante nella tua vita?

Sì, sin da bambina mi è sempre piaciuto leggere, tra i miei primissimi libri ci sono stati il Quarto viaggio nel regno della fantasia di Geronimo Stilton, Fairy Oak di Elisabetta Gnone o ancora la saga di Nina la bambina della sesta luna di Moony Witcher.

Ho letto libri di ogni genere, fatta eccezione dell’horror, perché mi fa troppa paura… Sono passata dal Donchisciotte a Shadowhunters e per ora i miei libri preferiti sono Ubik, il giardino segreto, Il conte di Montecristo, Fahrenheit 451 e Festa Mobile. Adoro poi quasi tutti i libri di Neil Gaiman.

Al momento mi sto dedicando alla lettura di classici, di quei libri che si dice vadano letti almeno una volta nella vita, in questo momento sto leggendo Notre Dame de Paris di Victor Hugo.

  • Ti sono sempre piaciuti il genere Fantasy e quello del racconto di formazione, sul solco dei quali ritengo che si collochi la tua opera?

Sì, sono un amante del genere fantasy. Molti sostengono sia un genere inferiore, perché parla di luoghi, persone e problemi inventati,  altri dicono che non sia un genere serio, io penso invece lo possa essere, basti pensare al Signore degli anelli, credo anzi sia uno dei generi migliori. Non penso tuttavia che il mio libro rientri perfettamente nel genere fantasy, si concentra poco sulla struttura del mondo alternativo in cui vivono i personaggi, non ci sono creature soprannaturali ecc… Una persona una volta l’ha descritto come un romanzo d’immaginazione, in cui la realtà è vista attraverso il filtro della fantasia della protagonista e credo sia una descrizione molto accurata, perché tutto ciò di magico che c’è  nel libro è lì come spiegazione dell’inspiegabile, se avessi voluto scrivere un romanzo fantasy avrei creato una struttura del reale più certa, e anche nettamente più diversa dal nostro mondo.

Per quanto riguarda il romanzo di formazione posso dire di amare anche quello, Jane Eyre è uno dei libri a cui ritorno più spesso.

  • Il finale di Anantpakrash sembra aprire la strada a un seguito, è nelle tue intenzioni?

Ho sicuramente in mente un continuo della storia, ho anche iniziato a scriverlo, ma non sono sicura di avere intenzione di pubblicarlo.  Sto però lavorando ad altri progetti che spero presto riusciranno ad essere pubblicati.

  • Data la tua provenienza regionale, hai mai pensato di ambientare una storia in Sardegna?

Sì, è una cosa che ho pensato spesso, nel libro infatti sono presenti descrizioni che richiamano a luoghi realmente esistenti in Sardegna, la città di Arlem ad esempio è ispirata a Buggerru, come città tra due monti e il mare, e ad Iglesias per molti angoli e scorci che ho provato a descrivere, l’attività mineraria della città descritta nel libro è inoltre ispirata alla realtà mineraria di entrambe le località realmente esistenti.

  • Considerato questo tuo inizio letterario, hai fatto degli studi umanistici?

Sì, attualmente frequento l’ultimo anno del liceo artistico, sono appassionata allo studio della letteratura e vorrei infatti iscrivermi alla facoltà di lettere moderne il prossimo anno.

  • Quali sono i tuoi generi letterari preferiti? Riesci a dedicare molto tempo alla lettura nella tua vita di ogni giorno?

I miei generi letterari preferiti sono il genere fantasy, in particolare quando ha delle sfumature romantiche, il genere fantascientifico, il romanzo d’avventura e i romanzi regency classici, come jane Austen.

Non ho tantissimo tempo al momento perché lo studio ne occupa la maggior parte, ma cerco di ritagliare almeno qualche ora a settimana da dedicare alla lettura.

  • Stai lavorando ad un nuovo progetto?

Sì, sto lavorando a diversi progetti contemporaneamente, purtroppo quest’anno sono molto impegnata con la scuola, quindi non ho molto tempo libero da dedicare alla scrittura e alla lettura.

 

Grazie per essere stata con noi, confidiamo di rivederci, a presto, sulle pagine de I gufi narranti.

Matteo Melis

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