Intervista a Silvana Mulas – “La frana” – Catartica Edizioni

Intervista a Silvana Mulas – “La frana” – Catartica Edizioni.


Abbiamo da poco recensito il romanzo “La frana” di Silvana Mulas, edito da Catartica Edizioni e abbiamo la possibilità di scambiare con lei quattro chiacchiere.

Ciao Silvana, grazie per essere passata a trovarci. Possiamo darci del tu?
D: Perché hai scelto di raccontare della frana nel paese di Orsini? C’è qualcosa di autobiografico?
R: Sì, c’è qualcosa di autobiografico nella decisione di occuparmi della frana di Osini vecchio. Infatti, la vicenda dell’alluvione che nel 1951 ha colpito il paese di Osini, e quello vicino di Gairo, faceva parte dei racconti di famiglia. Mia madre è nata a Osini vecchio, come suo padre e i suoi fratelli e sorelle. Lei raccontava di quella grande pioggia di sei giorni ininterrotti, della frana che aveva spezzato in due il paese, dei crolli delle case, dell’evacuazione della popolazione e della lunghissima ricostruzione, o meglio della costruzione del paese nuovo, due chilometri più a sud del vecchio borgo.
Poi, alcuni anni fa, ho pensato di documentarmi meglio sull’ alluvione, per conoscere più a fondo tutta la vicenda. È stato approfondendo l’intera vicenda che mi sono resa conto delle tante implicazioni dell’alluvione e della frana. Del fatto che alla frana geologica erano succedute le frane esistenziali delle persone che, da un giorno all’altro, si erano ritrovate allontanate dal paese, profughe nei paesi vicini, sfollate come durante la guerra. La loro vita era andata a rotoli come quei massi e quelle case.
Per raccontare tutto questo, però, ho ritenuto che non fosse sufficiente descrivere i fatti accaduti. Per riuscire a esprimere il senso di crisi e di catastrofe esistenziale, oltre che geologica, dovuto all’alluvione, ho pensato che fosse necessario ricorrere al ricordo di quell’esperienza da parte di chi l’aveva vissuta. Allora ho effettuato le interviste ai testimoni di quella vicenda. Uomini e donne che all’epoca erano adulti o solo bambini, ma che, tutti, avevano presente dentro di sé il ricordo di quei giorni e di quegli anni. E che quell’esperienza la volevano raccontare.
Ecco, io ho voluto dar voce, attraverso la forma del romanzo, a quella vicenda.
Ho scelto di raccontare la frana di Osini perché ho pensato che una storia così importante, che ha causato un cambiamento enorme nella popolazione, meritasse di essere raccontata.
Osini è a due passi da Ulassai, il paese in cui sono nata e cresciuta. Osini è sempre stato frequentato dalla mia famiglia perché a Osini viveva una parte dei parenti. Nonni materni, zii, cugini.
La storia dell’alluvione e della ricostruzione, quindi, ha riguardato anche la mia famiglia. Di autobiografico c’è questo racconto familiare, quindi. L’origine di mia madre, la conoscenza dei luoghi e le vicende delle donne che, per quanto di fantasia, affondano le loro radici nei ricordi di ciò che è accaduto.

D: Credi che 70 anni dopo gli avvenimenti narrati nel tuo libro, sia veramente cambiata la situazione a livello di chiacchiere di paese?
R: La situazione è sicuramente cambiata in questi 70 anni. Ci sono stati cambiamenti enormi dal punto di vista storico, economico, sociale, politico. Ovunque. Tutto è cambiato intorno e moltissimo è cambiato anche nei piccoli paesi. Le donne non sono più relegate in
casa ma, anche nei piccoli paesi, sempre più donne e ragazze hanno intrapreso un’attività lavorativa fuori dalle mura domestiche. Però è anche vero che, per certi versi, la realtà di paese rimane simile a sé stessa. Le dimensioni ridotte e il fatto che ci si conosca tutti quanti, rende possibile ancora un livello di controllo sociale molto maggiore che in città. Nei grandi centri, l’anonimato consente una maggiore libertà di azione. Si sente meno il peso del giudizio della gente, ci si sente più liberi nelle azioni. Meno sottoposti a critiche e pettegolezzi. In un paese piccolo, invece, l’esposizione alle maldicenze e ai giudizi della gente è sempre presente.
Per fortuna, però, è cambiato il modo di pensare, è cambiato il sistema di valori e non c’è più quel terribile “senso dell’onore” che poteva schiacciare soprattutto le donne ,in un piccolo paese negli anni Cinquanta, come succede alla protagonista del romanzo e ad altri personaggi.

D: Credi che la figura della donna abbia finalmente raggiunto una certa parità di genere o c’è ancora da lavorare?
R: Indubbiamente, nel corso dei decenni dal 1950 a oggi, la condizione delle donne è cambiata. Le donne hanno conquistato, e sottolineo conquistato, molti diritti e la situazione, rispetto agli anni di ambientazione della storia narrata nel romanzo, è diversa. Siamo passate attraverso il diritto di voto, attraverso l’abolizione del delitto d’onore, delle nozze riparatrici, dello stupro considerato reato contro la morale anziché contro la persona. Siamo passate attraverso le leggi sul divorzio, sull’aborto, la riforma del diritto di famiglia, la legge di ammissione delle donne ai pubblici uffici, come la Magistratura.
La situazione delle donne, quindi, è sicuramente migliorata.
Però, il miglioramento in diversi ambiti non significa che la parità di genere sia raggiunta. Basta pensare al mondo del lavoro, al gender pay gap, l’insopportabile divario retributivo di genere. Ma non è solo questo. Si pensi a quanto, ancora oggi, sia diffusa l’idea che i lavori di cura debbano essere svolti da donne. E questo è uno dei motivi per cui la percentuale di donne che raggiunge livelli apicali nel lavoro è molto più bassa rispetto a quella degli uomini. In generale, le carriere sono molto più difficili da intraprendere per le donne che per gli uomini. Che dire, poi, del fatto che meno del 40% di donne può contare su un reddito sicuro e possiede un conto corrente?

D: Pensi che la realtà isolana sia diversa rispetto a quella del Continente?
R: Penso che la realtà sarda presenti varie diversità rispetto a quella del Continente. Prima di tutto, perché si tratta di una realtà isolana e questo determina conseguenze importanti, per esempio per i trasporti. Pesa inoltre, rispetto alle regioni ricche e sviluppate, una situazione di sottosviluppo economico e di crisi dei diversi settori produttivi che si manifesta nei tassi di disoccupazione e nella gravità del fenomeno dello spopolamento delle zone interne. A questo si accompagna il fatto che la Sardegna è la regione italiana col più basso indice di natalità e col più alto tasso di dispersione scolastica. La situazione della sanità sarda è particolarmente critica e l’accesso alle cure nel servizio sanitario nazionale è sempre più difficoltoso.
Se questa è la situazione della regione, le donne sarde vivono in modo più grave il problema della disoccupazione e della sottoccupazione rispetto agli uomini. Un altro fattore che
penalizza le donne sarde è rappresentato dalla carenza di servizi sociali come gli asili nido. Ancora una volta, a dover rinunciare al lavoro è più frequente che sia una donna che un uomo, anche perché, spesso, le retribuzioni degli uomini sono superiori a quelli delle donne.

D: Qual è stata la parte del tuo romanzo più difficile da scrivere?
R: Il mio romanzo è composto da due parti: una prima parte riguarda la vicenda dell’alluvione, della frana, dell’evacuazione della popolazione e della lunga ricostruzione, o meglio della costruzione del nuovo paese, dopo l’abbandono del vecchio borgo.
Una seconda parte riguarda le tante storie di donne, quindici storie raccontate in altrettanti capitoli dedicati.
La parte più difficile è stata quella del raccordo tra la storia generale, storicamente documentata e da me ricostruita, e le storie particolari, le storie delle donne, combattenti o sconfitte. Queste storie, per quanto frutto dell’immaginazione, dovevano però risultare verosimili e plausibili, altrettanti esempi di situazioni difficili, in una realtà che esercitava un forte controllo sociale e dove il modello patriarcale relegava le donne a un ruolo marginale e di subalternità rispetto alle figure maschili, padri, fratelli, mariti. Ho curato in particolare il raccordo tra tempi di narrazione differenti ( tra presente, passato e di nuovo presente) e voci narranti ( narratore esterno e narratori interni)

D: Come ti sei documentata per scrivere il tuo romanzo?
R: Per scrivere questo romanzo, che ha una base storica, ho adottato diversi metodi e strumenti di documentazione.
Per poter ricostruire i fatti dell’alluvione e della ricostruzione ho effettuato una ricerca sui quotidiani L’Unione sarda e La nuova Sardegna, ho visionato filmati e documentari, ho ascoltato interviste a sindaci e comuni cittadini effettuate da giornalisti RAI.
Ho letto verbali delle riunioni del Consiglio comunale e delibere riguardanti le assegnazioni di case, terreni, contributi.
Ho letto interventi di Deputati e Senatori sardi riportati sulla Gazzetta Ufficiale e relazioni sui sopralluoghi effettuati dai geologi dopo l’alluvione.
Ho inoltre effettuato numerose interviste a testimoni dell’alluvione, che si sono rivelate particolarmente preziose per me, sia per la raccolta di informazioni che come fonte di ispirazione.

D: Stai lavorando ad un nuovo progetto?
R: Ho in mente diverse idee che spero di riuscire a sviluppare.

Grazie per essere stata con noi, confidiamo di rivederci presto, sulle pagine de I gufi narranti.

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