Intervista a Sergio Antonio Barlocchetti – “Mai scesi del tutto (Filosofia del volo)”-  TraccePerLaMeta Edizioni.

Intervista a Sergio Antonio Barlocchetti – “Mai scesi del tutto (Filosofia del volo)”-  TraccePerLaMeta Edizioni.

Abbiamo da poco recensito il romanzo “Mai scesi del tutto (Filosofia del volo)” di Sergio Antonio Barlocchetti, edito da  TraccePerLaMeta Edizioni e abbiamo la possibilità di scambiare con lui quattro chiacchiere.

 

Ciao Sergio, grazie per essere passato a trovarci. Possiamo darci del tu?

Certamente

 

D:  Come nasce l’idea di scrivere il libro?

R: Nel caso di questo, per descrivere come vive un aviatore. Attenzione, non un pilota, perché esiste una differenza ben spiegata da un aviatore, Elrey Jeppesen, negli anni Trenta: Il pilota è un tecnico, l’aviatore è un artista innamorato del volo,

 

D: Cosa hanno pensato i tuoi genitori da piccolo, quando hanno saputo che volevi intraprendere questa “pista”?

R: Non hanno creduto possibile che potessi fare altro. Amo l’aviazione dalla nascita, ho volato la prima volta davanti ai comandi a 2 anni e pochi mesi. Mia mamma mi desiderava bancario, mio padre direttore d’orchestra. Non amo neppure l’home banking e so suonare soltanto il citofono. Però canto.

 

D: Il volo ha le sue emozioni: tutto ciò potrebbe essere un valido aiuto come terapia o associato ad alcune terapie per superare delle debolezze emotive?

R: Imparare a volare – pilotare una qualsiasi macchina volante – insegna a gestire priorità e pensieri, costringe ad affrontare il meglio e il peggio di noi nello stesso istante, a non mentire a noi stessi, soprattutto. Un giorno l’istruttore scende e ci manda in volo da soli. In quel momento nasce il pilota. Non il giorno dell’esame, che è successivo.

 

D:  Quale personaggio, famoso o meno, ti piacerebbe condurre con te lassù, a un passo dalle stelle?

R: Come fosse una intervista impossibile, certamente la statunitense Bessie Coleman, prima pilota donna di colore che per imparare dovette trasferirsi in Francia a causa del razzismo. Oppure Roberto Oros di Bartini, ingegnere italiano scappato in Russia a causa del fascismo, un genio che contribuì alla riuscita del lancio dello Sputnik, e per questo ringraziato dal regime sovietico. Praticamente sconosciuto in Italia. Ma sarebbero tantissimi, anche Guido Keller, pilota italiano che per protesta sganciò un pitale sul Parlamento e rose sul Quirinale per la regina.. cancellato dalla storia italiana.

 

D: Tre rotte che consiglieresti ai lettori, per entusiasmo o per fascino od altri motivi … (e con quale mezzo…)

R: Una domanda difficile, facciamo così: in Italia, dall’isola d’Elba (eh si, ha un aeroporto) a Venezia Lido, altro aeroporto restaurato com’era negli anni Venti. In Europa, saltellare con l’idrovolante tra le isole greche. Nel mondo beh, i mille azzurri delle Bahamas, i deserti dall’alto, l’Alaska e il volo nel bush, ovvero quello dei piloti che portano medicinali e rifornimento alle comunità remote. Se volete un assaggio, ascoltate la canzone Alaska and me di John Denver, un poeta pilota. Avverto: visto dall’alto, il pianeta mostra una tale bellezza da cambiare idea sull’origine del Creato. Un giorno di febbraio del 2009, dall’altitudine di 15,5 km, volando tra la Groenlandia e il Canada, il mio sguardo ha abbracciato una fetta di mondo enorme, mentre si percepiva già la curvatura terrestre e il cielo era nero, perché una parte dell’atmosfera era sotto di noi. Trovate alcune foto sul mio Facebook. In quel momento ho detto a me stesso che tutta quella bellezza non poteva essere stata creata dal  caso.

 

D: Secondo te è più divertente volare con la fantasia magari quando si scrive, o fisicamente?

R: Non c’è dubbio, fisicamente. La fantasia aiuta a sognare una nuova rotta, ma poi è conquistare un nuovo angolo di cielo che rende felici. Scrivere è un modo per esprimersi, come dipingere o cantare. Ma  quello  apparentemente mi riesce un po’ meglio.

 

D:   Donne pilota di aerei, tra ieri e oggi… Cosa ne pensi di questo aspetto riguardo al femminile?

R: Che mediamente volano meglio degli uomini. Ho avuto istruttrici e allieve, l’aviazione è femmina, è nata negli anni dell’emancipazione, del futurismo, le donne hanno fatto prima a conquistare le cabine di pilotaggio che quelle di guida. Pensiamo ad Amelia Earthart, Rosina Ferriaio, Carina Negrone…eccetera. Hanno un nome femminile gli aeroplani, ci hai fatto mai caso? Glamorous Glennis il Bell X1 A che superò la velocità del suono; Enola Gay il B29 che sganciò l’atomica su Iroshima, Memphis Belle il bombardiere che superò le 25 missioni sull’Europa. Mi piace volare con un vecchio Piper L4 del 1939, si chiama Spirito di Lidia, che fu la sua padrona, quindi…

 

D: Hai in mente un nuovo progetto letterario a cui far spiccare il volo

R: Mi piacerebbe portare uno dei miei libri, che sto trasformando in commedia, a teatro. Si intitola Tutta colpa dei fratelli Wright ed è un libro di umanità, non di tecnica aeronautica. Se tra chi legge c’è qualche produttore, volentieri fargli leggere la sceneggiatura. Ma il prossimo sarà il sequel di Chinisia, un giallo di qualche anno fa, l’ho promesso alle editrici e anche se ho zero tempo, mi ci voglio mettere di buona lena.

 

 

Grazie mille per la disponibilità a Sergio Antonio Barlocchetti, arrivederci a presto sulle pagine de I gufi narranti.

Grazie a Voi, il gufo, tra l’altro, è un rapace notturno che ha piume uncinate, e grazie a queste vola in modo silenzioso, in modo da sorprendere la preda, perché gli uncini riducono il rumore dei vortici d’aria. I produttori di eliche hanno sfruttato questa caratteristica. Incredibile, vero?

 

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