Recensione: Eredità Colpevole – Diego Zandel – editore Voland

Eredità Colpevole (Voland) di Diego Zandel

 

Ci sono pagine della nostra storia con le quali ancora non si riesce a fare pace, con le quali non si riesce a chiudere definitivamente i conti, sulle quali non si vuole, spesso per bieco opportunismo politico, davvero scrivere la parola fine regalando finalmente alle vittime la giustizia che meritano. Una di queste pagine, una delle più terribili del secolo scorso, è quella che riguarda i famigerati eccidi delle foibe che costò carissimo in termini di vite umane e che portò tra la seconda metà degli anni Quaranta alla fine degli anni Cinquanta a quello che ancora oggi è ricordato come l’esodo giuliano dalmata o esodo istriano. Ancora oggi c’è chi si batte strenuamente per negare, o comunque minimizzare, la portata di questa tragedia, chi ancora non vuole che venga del tutto tolto il velo che copre parti importanti della verità. C’è però chi vuole che di questi fatti non si perda la memoria e che finalmente la verità dei fatti venga definitivamente resa patrimonio comune. Diego Zandel è una di queste voci, un autore che con il suo ultimo romanzo, “Eredità colpevole” (Voland), ci fa un quadro della situazione piuttosto preciso e decisamente chiaro di ciò che è successo in quegli anni e che, soprattutto, è successo negli anni a venire. Credo che davvero “Eredità colpevole” sia uno di quei romanzi in cui la cornice del giallo diventi semplicemente uno strumento per raccontare la Storia, quella con la S maiuscola, per raccontare fatti che in troppi e per troppi anni hanno voluto nascondere sotto il velo di un colpevole oblio, di cui si è voluta cancellare la memoria, che alla fine è stata strumentalizzata da ogni parte politica a proprio vantaggio ottenendo solo che per le vittime non c’è ancora stata giustizia. Credo che il lettore che volesse immergersi nella lettura di questo romanzo accompagnando il protagonista, il giornalista Guido Lednaz, nelle sue indagini non possa non ritrovarsi avvolto da un turbine di emozioni forti, colpito da pugni in faccia anche molto violenti, non possa non sentirsi in qualche modo spiazzato rispetto a quelle che erano le sue convinzioni riguardo un periodo storico ancora troppo controverso. Alla fine non è lo stile lineare e raffinato con cui Zandel ci racconta questa storia, non è la scrittura sempre fluida e mai banale, non è l’intreccio ben congegnato che riesce a catturare il lettore pagina dopo pagine, non è la sapiente costruzione di luoghi e personaggi a caratterizzare questo romanzo, ciò che secondo me rende quest’opera un patrimonio della cultura italiana è la grande qualità del racconto di un pezzo drammatico della nostra storia recente. Sono molto sincero nel dire che questo romanzo mi ha emozionato molto, mi ha colpito nel profondo, mi ha fatto riflettere e mi ha fatto aprire gli occhi su tante situazioni e di questo non posso che essere eternamente riconoscente a Guido Zandel. Ovviamente essendo un giallo di grande spessore non manca in colpi di scena, in ritmi serrati e in situazioni in cui si respira grande tensione e naturalmente non manca di un finale a sorpresa. Oggi sono caduti muri e confini eppure le troppe verità taciute su ciò che è successo nel nord est d’Italia in quegli anni non si possono cancellare con un colpo di spugna perché per fortuna o purtroppo la memoria pesa, le ferite faticano a rimarginarsi e tutto ciò rende lunga e tortuosa la strada che può portare forse un giorno ad una definitiva pacificazione. Libri come questo sono secondo me un grande patrimonio di conoscenza ma soprattutto sono dita amorevoli che possono togliere le lacrime dagli occhi degli anziani, ancora intimamente sofferenti per i dolori di quegli anni, e per aprire gli occhi delle nuove generazioni perché non restino ciechi rispetto a questi avvenimenti.

 

David Usilla

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