Intervista a Federica Montevecchi – “Frammenti di futuro” – Pendragon

Intervista a Federica Montevecchi – “Frammenti di futuro” – Pendragon

Federica Montevecchi

Abbiamo da poco recensito “Frammenti di futuro” (Pendragon) di Federica Montevecchi e abbiamo ora il piacere di scambiare quattro chiacchiere con lei per approfondire i temi principali del suo ultimo libro.

Buongiorno Federica, grazie per aver accettato di chiacchierare con noi. Mi permetto di darti del tu se per te, ovviamente, non è un problema:

  • È la prima volta che ti recensiamo e che quindi abbiamo il piacere di intervistarti. Ti va di raccontarci qualcosa di te in modo da poterti conoscere meglio?

Certo. Posso dirti che sono toscana ma ho studiato a Parma, dove mi sono laureata in filosofia, addottorata e dove ho fatto ricerca fino al 2007, mentre ora insegno filosofia al liceo Galvani di Bologna. Mi occupo in particolare del pensiero greco più antico, cosiddetto presocratico, e lo considero a partire dalla contemporaneità, infatti ho scritto sia sui presocratici, in particolare su Empedocle, sia su Nietzsche e soprattutto su Giorgio Colli, che è stato l’artefice dell’edizione critica di Nietzsche ma anche un vero e proprio filosofo. Aggiungo che questa mia ricerca fondamentale non mi ha impedito di coltivare la riflessione sulla storia politica italiana, tanto che ho collaborato con Vittorio Foa curando, fra altri scritti, le sue lettere dal carcere fascista (Lettere della giovinezza. Dal carcere 1935-43, Einaudi, 1998).

  • Come si può intuire anche dal sottotitolo questo libro è una raccolta di memorie di personaggi che hanno fatto la differenza, grandi figure italiane che hanno dato un grande contributo intellettuale e non al nostro paese nel secolo scorso. Come è nata l’idea di scrivere questo libro?

È nata poco più di un anno fa quando ho riletto le conversazioni che avevo avuto nel 1995 con alcune grandi figure italiane. All’epoca non ero ancora trentenne e avvertivo, come altri, un senso crescente di spaesamento: da poco Berlusconi aveva vinto le elezioni, i partiti dell’età repubblicana, così come l’avevamo conosciuta, sembravano essere giunti al termine del loro percorso storico, poi Tangentopoli aveva portato alla luce la corruzione che caratterizzava la maggior parte di loro, in più era ancora forte il dolore delle stragi mafiose del 1992 e del 1993, per non parlare della tragedia della guerra in Bosnia, a due passi oltretutto dall’Italia. Pensai allora di incontrare alcuni protagonisti della storia recente italiana, che avevano agito in ambiti diversi, non tanto per commentare quanto stava accadendo, ma per ricercare nel passato, di cui essi erano stati a diversi titoli attori importanti, possibilità di futuro non sfruttate che consentissero di guardare con occhi diversi al presente dell’epoca. A distanza di quasi 30 anni da quegli incontri, in un tempo segnato da pandemia e guerra oltreché dalla fagocitazione temporale messa in atto dalla rivoluzione digitale, che spesso riduce la nostra esistenza al momentaneo, mi è sembrato che quelle conversazioni conservassero intatta la stessa vitalità e lo stesso senso di futuro di quando le scrissi, tanto che mi è sembrato importante provare a pubblicarle tutte insieme. Il risultato è questo strano libro, non saggio, non racconto, sicuramente un esperimento con la memoria…

  • La struttura narrativa di questo tuo libro è, infatti, praticamente un continuo susseguirsi di “Mi ricordo…”. Come mai questa scelta stilistica?

Quando decisi di incontrare i protagonisti di Frammenti di futuro avevo in mente il Je me souviens di Georges Perec, il libro che mostra come i ricordi quotidiani di ciascuno siano in grado di riattivare la memoria comune, come l’autobiografia sconfini nella storia collettiva aprendo un gioco di rimandi fra epoche diverse, fra il nuovo e il vecchio, capace di ridimensionare le distanze temporali, ma anche individuali, fino a mostrare che fra la sfera della singolarità quotidiana e quella storica vi è una relazione inscindibile, non già reciproca distanza. Proposi dunque alle persone che incontrai di rinnovare l’esperimento di Perec e l’invito fu subito accolto con interesse e con giocosità, tanto che scrissi quanto ricavai dalle conversazioni con loro seguendo lo stile del “mi ricordo”.

  • Hai raccolto i ricordi di molti personaggi molto importanti e di grande valore umano. Sicuramente deve essere stata un’esperienza incredibile poter raccogliere testimonianze così straordinarie. Ci racconti qualcosa di questa esperienza? Cosa ti è rimasto dentro di tutto questo lavoro?

Sì, è stata un’esperienza davvero unica, per diverse ragioni. In primo luogo perché all’epoca mi parve che il familismo – carattere tossico e pervasivo di ogni ambiente italiano – non avesse sempre la meglio. Ero una giovane studiosa sconosciuta, non avevo scritto ancora nulla o quasi, e mi infuse molta fiducia il fatto che la maggior parte di chi avevo contattato per quanto avevo in mente fosse disponibile. In più uno di loro, Vittorio Foa, dopo due anni dalla conversazione dei “mi ricordo” mi propose di lavorare con lui e di curare le sue lettere dal carcere, un fatto davvero incredibile in questo paese. E soprattutto c’è, come dici tu, il valore umano, raro, che traspariva quasi immediato, al di là delle parole, in particolare da figure come Elio Toaff o Antonino Caponnetto o Margherita Hack o Vittorio Foa, appunto. È proprio questo che più mi è rimasto di quegli incontri, insieme alla vitalità e al senso di futuro che quasi tutti loro mi trasmisero.

  • Mi rendo conto di farti una domanda scomoda ma te la faccio lo stesso. C’è un personaggio tra quelli che hai intervistato che ti ha colpito di più?

Oltre a chi ho appena ricordato, mi colpì molto Nilde Iotti per la sua austerità e Giulio Einaudi per la vivacità e l’ironia.

  • C’è qualche personaggio del Novecento che avresti voluto aggiungere a quelli che hai proposto nel tuo libro e che non è stato possibile inserire?

Sì, avevo cercato di incontrare anche Norberto Bobbio, Rita Levi Montalcini e Carlo Maria Martini, l’arcivescovo di Milano, ma non erano interessati al mio gioco perechiano.

  • Secondo te queste memorie, queste testimonianze cosa possono lasciare nel sentire del lettore di oggi?

Spero intanto che le leggano anche i giovani e che lascino loro lo stesso senso di fiducia che trasmisero a me quando le raccolsi. E poi mi auguro che servano a fare capire che è la conoscenza del passato a poter restituire vita a orizzonti di senso rimasti sepolti o bloccati nei loro possibili sviluppi e a impedirci di cullarci nei falsi e illusori miti del progresso, che pongono il futuro sempre davanti a noi.

  • Altra domanda da un milione di euro. Secondo te oggi esistono personaggi all’altezza di quelli che hai intervistato? Se sì chi ti viene in mente?

Ci saranno di certo, ma in questo momento non mi viene in mente nessuno che vorrei incontrare…

Grazie mille a Federica Montevecchi per essere stata nostra graditissima ospite e speriamo di ritrovarti presto ancora qui sulle nostre pagine.

David Usilla

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.