INTERVISTA A MICHELE BRANCHI – IL CONDOTTO – ROBIN EDIZIONI.

INTERVISTA A MICHELE BRANCHI – IL CONDOTTO – ROBIN EDIZIONI.

 

Abbiamo da poco recensito “Il condotto”, scritto da Michele Branchi, edito da Robin Edizioni e abbiamo ora la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con l’autore. Buongiorno, grazie essere passato a trovarci, possiamo darci del tu?

 

Diamoci del tu, in segno anche dell’apprezzamento che intendo esprimere per il vostro lavoro di ricerca, di critica, di classificazione, che credo rimarrà e sarà utile sia ai lettori sia agli studiosi di letteratura italiana

 

  • Come nasce l’idea della “sensitiva”?

Ho sempre amato il lato esoterico della cultura umana, il bisogno inconscio di oltrepassare i limiti dell’immanenza per sfidare l’infinito a cui l’anima aspira fin da quando si è resa consapevole di esistere, contrapponendosi (a torto) alla corporeità. Liliana, la zia del commissario che possiede doti medianiche e che in misura minore il nipote ha ereditato, si contrappone al razionalismo scientifico criminologico dell’altra zia, Colomba. Le due sorelle sono sempre in competizione per meglio figurare agli occhi del nipote e averla vinta ognuna secondo i propri metodi e titoli caratteriali. Però al commissario sono utili entrambi, integrandosi a vicenda, quali personificazioni di due approcci cognitivi complementari, dove la logica si armonizza con l’empatia, lo scandaglio del profondo, con l’intelligenza emotiva.

  • Qual è la caratteristica del tuo personaggio che più ti assomiglia?

 

Capurro non sono io, ma ho trasfuso nel personaggio alcune mie prerogative: la costante ricerca della verità contro la morale degli opportunismi e delle ipocrisie; la predilezione per il senso del mistero; la voglia incontenibile di costruire labirinti per perdermi e ritrovare l’uscita, che equivale a ritrovare se stessi.

  • Ti è mai capitato di dover cambiare il percorso del tuo romanzo perché in qualche modo i protagonisti lo hanno chiesto?

Sì e molto spesso. Io pianifico tutto, dal progetto, alla definizione dei personaggi, alla struttura dell’opera,  come faceva Alfred Hitchcock. Però, di solito dopo le prime 50 pagine, qualcosa accade, di imponderabile e imprevedibile. Ciò che era astratto e nebuloso, pur in una quadro ben delineato, prende forma e vita, e gambe. Imitando Pirandello, ma alla rovescia, i  miei personaggi acquistano una loro  autonomia, rivendicando non un autore (che già esiste), ma percorsi diversi per raggiungere la stazione di arrivo. La storia che io ho assegnato loro non corrisponde alla percezione di sé che ognuno sente di dover estrinsecare.

Allora io ne deduco che tutti i miei romanzi sono già stati scritti nell’inconscio e che ho il compito di tradurli secondo regole grammaticali, sintattiche, storiche, per cercare di comunicare meglio con i lettori la molteplicità di identità che fermentano e si agitano dentro di me e negli abissi collettivi.

  • Tu hai capacità medianiche o conosci qualcuno che ne ha?

Ogni scrittore si fa medium (tramite inconsapevole) ricevendo, assorbendo e assimilando i messaggi che gli arrivano dall’universo, dalle dimensioni parallele alla nostra, in una parola dalla circolarità del tempo che ingloba tutto e lo induce a ripetersi all’infinito. In questa accezione anch’io ho poteri medianici nella misura in cui riesco a dare voce alle voci e a trasmetterle a chi legge.

  • C’è qualche crimine avvenuto nella realtà che ti piacerebbe far diventare un romanzo?

L’ho già fatto qualche anno fa, nel settimo volume dedicato a Capurro, “Cinque colpi sulla foglia di platano”, Robin Edizioni, dove ho affrontato un caso passato negli annali del crimine come il primo e più giovane serial killer italiano, Giorgio William Vizzardelli, detto il mostro di Sarzana, che all’età di 14 anni, dal 1937 al ‘38, uccise in modo anche efferato e senza alcun pentimento 5 persone, emulando Raskolnikov, il protagonista di Delitto e Castigo di Dostoevskij, un autore che amava. Condannato all’ergastolo, dopo che stava per essere giustiziato un innocente, evitò la pena di morte, poiché minorenne all’epoca dei fatti.

 

Grazie mille  a Michele Branchi per la disponibilità, arrivederci a presto sempre sulle pagine de I Gufi Narranti.

 

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