Intervista a Vittoria Lotti – “Una crepa nel cuore delle cose” (Dialoghi)

Intervista a Vittoria Lotti – “Una crepa nel cuore delle cose” (Dialoghi)

Vittoria Lotti

Abbiamo da poco recensito “Una crepa nel cuore delle cose” (Dialoghi) di Vittoria Lotti e abbiamo ora la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con lei per conoscerla meglio e per parlare del suo ultimo libro.

Buongiorno Vittoria, grazie per aver accettato di chiacchierare con noi. Mi permetto di darti del tu se per te non è un problema:

  • E’ la prima volta che ti recensiamo e che di conseguenza abbiamo il piacere di intervistarti. Ci piace prima di tutto conoscere meglio l’autrice che andiamo a scoprire di cui impariamo ad apprezzare le opere. Assieme all’artista ci piace conoscere la donna. Ci puoi raccontare qualcosa di te?

Sono Vittoria, nata a Bologna nel ‘98. Credo mi si possa definire la classica ragazza nata nell’epoca sbagliata. Amo la musica classica, i lunghi abiti, le parrucche alla Maria Antonietta, ma anche lo swing e le auto degli anni ’30. Ho da sempre adorato la storia e tutto ciò che fosse antico. Ma quello che più mi affascina è il cambiamento dell’uomo nei secoli. Vedere come ciò che gli accade attorno lo influenza a tal punto da commettere atti straordinari, o terribili. Negli ultimi sei anni mi sono avvicinata sempre di più alla storia, e in particolare ai due conflitti mondiali. Volevo non solo studiare cosa fosse successo, ma andare oltre e capire fino in fondo cosa volesse dire davvero vivere in quegli anni. Capire cosa passasse per la testa di quelle persone, e immaginare quale comportamento avrei avuto io in quelle situazioni. E così ho cominciato a documentarmi, e ben presto scene e situazioni di guerra, mi si presentavano davanti, come in un sogno ad occhi aperti. Erano immagini ben definite, scene già strutturate e precise. E così ho preso in mano la penna e ho cominciato a scrivere. Ho abbandonato le solite storie rocambolesche ambientate nel XVIII secolo e mi sono dedicata alla Prima Guerra Mondiale.

Faccio fatica a spiegare cosa mi abbia attirato davvero in quella direzione, ma credo sia a causa dei miei genitori. Sono entrambi di origini diverse, ho parenti sparsi in Francia e in Africa e mio padre che è italiano è nato in Puglia, insomma non ho mai provato un vero e proprio senso di appartenenza ad un luogo preciso. E ciò che mi attirava tanto era l’amor di patria che spingeva gli uomini e battersi gli uni contro gli altri. Un amore che non ho mai provato e che volevo a tutti i costi rappresentare, senza diventare faziosa.

  • Come è nata l’idea di scrivere un libro come “Una crepa nel cuore delle cose”?

L’idea è nata nel 2017 appena cominciai l’Accademia di Cinema. Scrissi un breve soggetto che un giorno mi sarebbe piaciuto girare, pensando che di film storici sulla Grande Guerra ne fossero stati prodotti molti meno rispetto ai documentari o ai docu-film. Così ne parlai con il mio professore di regia e sceneggiatura che trovò la storia interessante e mi consigliò di svilupparla e scrivere un romanzo. Sul momento pensai che non ce l’avrei fatta, ma grazie al suo sostegno, e alla mia testa che sviluppava scene pronte per essere messe su carta, sono riuscita a concludere il romanzo in circa tre anni.

  • Il titolo è stato subito questo o ne avevi in mente altri?

Questo è stato il quarto titolo che ho cambiato in fase di scrittura. L’ho scelto dopo essermi imbattuta in una poesia di Wilfrid Wilson Gibson intitolata “Lamento”, in cui si il poeta si rivolge a tutti coloro che, dopo le atrocità vissute, chiede come potranno ritornare a fare le cose più banali, come per esempio ascoltare il canto degli uccelli, quando ormai tutto ciò che è rimasto è andato distrutto e il cuore di tutte le cose si è spezzato.

  • Nel romanzo ci descrivi anche le difficoltà economiche a cui pure il ceto borghese viennese, quello abituato al lusso e alla bella vita, va in contro a causa delle ripercussioni della guerra. Come mai hai voluto sottolineare anche questo aspetto, per così dire, sociale dalla guerra?

Quando leggevo o vedevo documentari di guerra sono sempre stata molto sorpresa da come il popolo e i civili fossero distaccati dalla guerra. Ricordo ancora un vecchio documentario che riprendeva dei civili nel centro di Parigi che vivevano tranquilli e felici, mentre sorseggiavano tè ignari di quello che stava accadendo nelle trincee e degli uomini che morivano a migliaia in pochi istanti. Ricordo che mi fece tanta rabbia, e così ho pensato di marcare il fatto che non è vero che la Prima Guerra Mondiale, a differenza della Seconda, fosse combattuta solo sui campi di battaglia, ma che in realtà toccasse anche da vicino tutti i civili, sia ricchi che poveri.

  • Racconti sotto tanti punti di vista degli scorci della prima guerra mondiale. Quanto credi sia importante oggi mantenere vivo il ricordo dei due grandi conflitti mondiali?

Eviterò di soffermarmi sulla classica ma importantissima frase: “conoscere la storia per non commettere gli stessi errori del passato” perché in realtà credo che non sia solo questo, ma c’è molto di più. È importante ricordare i conflitti per sapere fino a dove l’uomo è stato capace di spingersi. Imparare a cosa portano le incomprensioni, le dinamiche di come questi conflitti si siano generati. Oggi più che mai trovo importante, anzi indispensabile, conoscere la storia dell’uomo in tutte le sue sfaccettature.

  • Scrivere un romanzo storico, e farlo bene, credo necessiti di tanto tempo da dedicare allo studio e alla documentazione. Quanto è importante secondo te fare un buon lavoro di preparazione per la buona riuscita di un romanzo importante come il tuo?

Io credo che per un romanzo storico, qualunque sia l’epoca in cui è ambientata la storia, occorra sempre una preparazione. Concepire una storia in un’altra epoca è importante per non perdere di veridicità e credibilità. Spesso nei romanzi storici ci si limita a scrivere dettagli riguardanti gli abiti e le ambientazioni, ma ci si sofferma poco sul linguaggio ed è semplicissimo incappare in alcuni modi di fare normali per noi oggi ma ambigui se pensati in un’epoca passata. Per questo libro, oltre allo studio pregresso, ho fatto un viaggio a Caporetto che mi ha aiutata moltissimo. Oltre alle informazioni storiche, ricordo molto bene di non essere riuscita a scrivere nulla durante il mio soggiorno in Slovenia. Non ho scritto nemmeno una parola. Quel luogo era talmente evocativo che ho dovuto aspettare un po’ di tempo per poter elaborare tutto e proseguire con il romanzo.

  • Vittoria Lotti hai dimostrato di essere un’ottima scrittrice, hai già nuovi progetti in corso, stai già lavorando ad un nuovo libro?

In realtà ho altre centinaia di idee in testa, ma solo una è pronta per essere raccontata adesso. Ho in mente un’altra storia che però sarà una bella sfida da affrontare, perché dopo anni finalmente esco fuori dalla mia zona “sicura” che è la narrativa di guerra.

  • Credi che un libro come il tuo possa prestarsi ad essere trasposto su piccolo o grande schermo? Se si chi credi potrebbe essere l’ideale interprete dei tuoi personaggi principali?

L’idea essendo nata proprio da un soggetto per un film credo si possa fare, ed è sempre stato il mio obiettivo principale. Ho sempre adorato quando nei film di guerra i protagonisti erano interpretati da attori poco conosciuti. Credo renda tutto più autentico, e diventa più semplice seguire la storia senza soffermarsi troppo sull’attore. Per la mia storia sceglierei dei ragazzi che siano per prima cosa spontanei e che sappiano tenere in mano un fucile, per il resto spero che la storia che gireremo sia sufficiente per aiutarli a calarsi in quel mondo infernale.

Grazie a Vittoria Lotti per essere stata con noi e speriamo di avere presto nuovamente Vittoria Lotti sulle nostre pagine

 

David Usilla

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