Intervista a Gino Marchitelli – “Milano incidente mortale” –  Frilli Editore

Intervista a Gino Marchitelli –  “Milano incidente mortale” –  Frilli Editore

Abbiamo da poco recensito il romanzo “Milano, incidente mortale” di Gino Marchitelli, edito da Frilli Editore e abbiamo la possibilità di scambiare con lui quattro chiacchiere.

 

Ciao Gino, grazie per essere tornato a trovarci, ma iniziamo subito con le domande!

 

D: Perché ambienti sempre le avventure del Commissario Lorenzi a Milano?

R: Sono nato e vissuto a Milano, nel quartiere di Lambrate fino a 20 anni e poi al Giambellino (piazza Napoli, via Savona) fino ai 24. In modo particolare Lambrate era un quartiere che ai tempi (fine anni ’50 e anni ’60) aveva ancora la formazione del grande paese più che della città ed è stato un quartiere molto importante nella storia di Milano e nella storia d’Italia per i movimenti giovanili, operai, per il terrorismo e via dicendo. Ho vissuto intensamente quegli anni costruendo un rapporto intimo e profondo con il quartiere, le sue strade, la sua gente, i suoi giovani ed ecco che – quando ho iniziato a scrivere di noir – non ho potuto fare a meno di ambientare lì le mie storie con un commissario che si sposta a indagare anche in altre parti oscure della metropoli.

 

D: Il tuo romanzo ha molte parti introspettive, ti diverti di più a scrivere queste o quelle di azione?

R: Sono una persona molto introspettiva, credo che la lettura di tanti “classici” riflessivi e di introspezione dell’animo (Tolstoj, Kafka, Dostoevskij, Calvino, Hemingway, Pratolini, Goethe, Jacopo Ortis…) fin da ragazzino abbiano consentito alla mia parte intima e di profonda umanità di svilupparsi nella riflessione e nella continua curiosità e ricerca delle parti più nascoste dell’animo umano. Questa particolarità mi è rimasta dentro e si è manifestata, man mano, in modo sempre più evidente, nel mio modo di scrivere. Oggi non potrei fare a meno di esplorare in profondità le emozioni e i pensieri più intimi dei miei personaggi… per cui non mi “diverto” a scrivere di questo ma è necessario e imprescindibile nel mio lavoro. Odio gli indifferenti (e quelli superficiali e privi di emozioni), come diceva il buon Gramsci.

 

D: Ti sei sempre occupato dei più deboli e non perdi occasione di affrontare l’argomento nei tuoi libri. Come ti pare la situazione? Qualcosa sta cambiando? In meglio?

R: Siamo in una fase storica molto pericolosa. Le classi sociali dominanti (banche e finanza, ricchi, armaioli, speculatori) non trovando più un contrasto, un’opposizione efficace delle classi lavorative, povere e sfruttate, stanno stringendo sempre più il cappio intorno al collo dei deboli per spremerli fino al midollo. Il “capitale” è diventato ancor più oppressivo e violento di quello dell’ottocento, ha affinato i modi e le strategie e tenta di ridurre i “dominati” nuovamente in schiavi… ecco perché continuo a parlare, a gridare del “diritto” dei più deboli a una vita degna, onesta e democratica. Se nelle piazze oggi è sempre più difficile lo si dica e inciti almeno dei libri… per un domani di cambiamento.

 

D: Quando hai inventato il personaggio di Lorenzi avresti mai pensato che il vostro sarebbe stato un lungo viaggio?

R: Fin dall’esordio ho pensato che avrei continuato con il commissario Lorenzi a raccontare di una polizia giusta, onesta e democratica. In realtà questo non è così facile da raccontare e, dato che Lorenzi è carente sul piano “democratico” ed è la sua compagna Cristina che gli fa cogliere tutte le sfumature del rispetto delle regole democratiche, ci vorrà ancora un bel po’ di tempo e indagini per far arrivare il commissario Lorenzi al giusto traguardo…

 

D: C’è qualcosa del tuo personaggio che disapprovi oppure ti rispecchia in toto?

R: L’unica cosa di Lorenzi che mi rispecchia è il suo amore per la musica Prog, per i vinili e la sua passione per la musica importante e davvero potente degli anni’60-’70 e parte ’80. Per il resto mi ritrovo di più in alcune caratteristiche del Professor Palermo che abbiamo già incontrato in tre romanzi.

 

D:  Sembra che agli editori e quindi, in teoria ai lettori, siano spesso gradite se non addirittura richieste delle scene di intimità, quanto ti sei divertito a scriverle?

R: Eh, eh, eh, eh domanda tendenziosa a cui rispondo. Per me l’amore è un pilastro della vita e ritengo che senza amore, senza un sentimento profondo, vero, genuino (con tutti i suoi alti e bassi e contraddizioni) la vita sia insipida, scarsa, triste. L’amore però ha bisogno e si nutre di passione, e io sono un tipo molto passionale quindi è impossibile parlare e raccontare della vita quotidiana dei personaggi senza che questi provino sentimenti, abbiano la fortuna di incontrare amori e passioni. In amore la parte “passionale”, fisica, sessuale ha un ruolo decisamente importante e di conseguenza i miei personaggi sono di carne e ossa quindi vivono anche questi aspetti. Diversi lettori – soprattutto uomini [e non me l’aspettavo perché so bene quali sono i desideri nascosti dei maschi – quelli “buoni ovviamente, non i violenti e i pazzi dominanti] si scandalizzano di alcune scene e descrizioni che trovano nei miei romanzi per poi confessarsi al bar che vorrebbero provare emozioni uguali a quelle che descrivo… al contrario tantissime lettrici non si sconvolgono, trovano le scene e le descrizioni assolutamente naturali e sono affascinante anche da questo aspetto. L’ho sempre pensato che le donne sono molto più avanti, sono più semplici, e profonde del maschio dominante del terzo millennio. Quindi ne continuerò a scrivere anche e, invecchiando, magari starò più attento a rendere alcuni momenti meno ESPLICITI lasciando più spazio alla porta aperta dell’immaginazione del lettore e della lettrice. Comunque a me, piace scrivere anche quelle parti… le ho vissute e le vivo? Chissà, lascio a chi legge l’immaginare… cosa fa questo scrittore.

 

D: Da alcune affermazioni del tuo testo viene il dubbio che Lorenzi possa non avere un seguito. Vuoi smentire subito questo timore?

R: Ci sarà sicuramente un seguito. La verità è che Lorenzi è in una fase difficile della sua vita. E’ invecchiato, è più stanco e disincantato, ha capito che anche la giustizia può tradire il suo compito… in più sente che i suoi figli si sono allontanati da lui (come nella vita reale per scelta, trasferimenti, lavoro, difficoltà) e questo gli fa male, poi ha iniziato – come in questo romanzo – a provare della gelosia, sentimento che non l’aveva mai segnato così profondamente, e questo gli peggiora la sensazione di invecchiare e non riuscire più ad afferrare quella gioia della vita che un po’ gli è sempre mancata. In effetti rispecchia la vita come quella di ognuno di noi, in questo momento Lorenzi è in crisi, non sa dove andare, non sa più bene cosa vuole, sente il tempo che gli sfugge tra le dita… ed ecco che il libro lo racconta e descrive. Non dico altro ma lo ritroveremo, Cristina non lascerà precipitare nella depressione il suo unico e vero grande amore (anche se lei ha i suoi bei problemi personali da risolvere)

 

D: In questo tuo romanzo c’è spazio per la Redenzione e il perdono. Credi che tutto sia perdonabile o anche al perdono c’è un limite?

R: Al perdono c’è un limite, a mio parere. Non vengo da una storia le di pratica religiosa e non sono un credente nel senso stretto del termine. Il rapporto tra me e la concezione cattolica è del tutto personale, credo che ognuno possa rimediare a certi problemi o errori commessi nella vita MA con un limite ben chiaro, un confine nel mio pensiero. Non potrei mai perdonare un nazista, un fascista, una persona che si è macchiata di delitti atroci, o di stragi o di sopraffazione che sia essa violenta o anche psicologica fino a distruggere un’altra persona. Penso quindi che a certi errori una persona possa anche porre rimedio con una sorta di redenzione. Non sono di certo io che posso arrogarmi anche solo il pensiero di definire quale possa essere il “perdono”. Nei miei libri invece i personaggi possono anche incontrare situazioni che l’inducano a perdonare certi accadimenti, ma ci arrivano attraverso la narrazione, non certo per mia scelta e soprattutto lascio sempre al lettore il pensiero finale. Per me, per fare un esempio personale, le stragi di piazza Fontana, l’assassinio di Pinelli, la strage della stazione di Bologna, di piazza della Loggia, dell’Italicus, le stragi compiute da fascisti, gli eccidi nazi-fascisti come Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema e via dicendo (parlo sempre della storia che conosco, che ho studiato, che fa parte della mia militanza personale e che riguarda il nostro Paese) NON sono perdonabili e devono scontare fino in fondo le pene per il male che hanno fatto al Paese. Sempre che la giustizia faccia il suo corso corretto, senza depistaggi e falsità come purtroppo accade in questa nazione che non ha mai voluto fare i conti con il proprio passato dittatoriale di abusi e repressione.

 

D: Una domanda che non c’entra con il tuo ultimo lavoro edito da Frilli. Quando usciranno le nuove avventure di “Ben, Tondo e gatto Peppone” , edito da Zefiro?

R:È da tempo che devo scrivere la seconda storia del topolino Ben e suo fratello Tondo. L’idea è chiara in mente, sarà la storia dell’incontro tra i due topolini e un vermino che cambia colore a seconda delle emozioni, paure, gioie o ansie che prova per aiutare i bimbi a riscoprire l’immensa varietà dei colori al di fuori dei classici blu, bianco, giallo, nero, verde, rosso… purtroppo (o meglio per fortuna) sono impegnatissimo, nel 2023 ho fatto 130 presentazioni e organizzato quattro festival del noir, e non ho ancora trovato il momento giusto per concludere e sistemare questa storia, ma arriverà il suo momento…

 

Grazie per la disponibilità e torna a trovarci quando vuoi!

Sandra Pauletto

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