Recensione: Sharon Rapone “Il villaggio delle donne” Dialoghi
C’è un luogo, il villaggio delle donne, che è un posto riservato alla volontà di cambiamento, di risalita, di riconquista delle piccole cose e dei sogni considerati irraggiungibili.
È al villaggio che approdano, attraversando varie traversie e dopo essere state vittime di soprusi ed inganni, le quattro protagoniste del libro di Sharon Rapone “Il villaggio delle donne” edizione Dialoghi.
Milad, venduta ancora fanciulla, è promessa sposa a un uomo trent’anni più grande: dopo il matrimonio e la nascita della prima figlia decide di fuggire da un marito prepotente e violento.
Iscah, dopo aver coronato il suo sogno di sposare il sovrano del Paese, viene ben presto è abbandonata dal consorte che in realtà non la ama.
Quèta, una ragazza di oggi, alle prese con le ingiustizie e le discriminazioni sociali.
Abeer, che infine ed invece, sta meditando la fuga dal carcere in cui è stata rinchiusa per aver ucciso l’uomo che stava per abusare di una bambina.
Ella giunge a dire: «Ho ucciso un uomo, è vero. L’ho fatto perché potevo io soffrire per accontentarlo, ma no, lui desiderava qualcosa di intoccabile, che io dovevo proteggere: sei primavere d’età, un fiore che sarebbe stato reciso per sempre, se non l’avessi impedito, e piuttosto sarei morta nel tentativo, ma non avrebbe mai avuto la piccola…”
Finisce, quindi, rinchiusa nella prigione, perché lei ormai non porterà più alcun guadagno: nessuno vuole giacere con un’assassina.
E la cella, paradossalmente, diventa per lei un rifugio dato che si sente tra le sbarre come stava tra le braccia protettrici di sua madre, in tempi lontani.
Il libro è un piccolo intenso scritto, che intervalla tratti descrittivi a passi di poesia: in essi troveremo umane tracce di noi.
Un volumetto che lascia un buon sapore in bocca.
Più volte mi sono chiesta: come si può vivere senza che ci sia riconosciuta la possibilità d di essere persona prima che “femmina”?.
Come può fare una donna ad accettare che la propria vita sia già stata decisa altrove e da altri senza morirne?
Terribile è la sorte delle povere donne, cedute dalla mano di chi le percuote, a quella di chi le riscuote.
Così il cuore di una prostituta lascia un granello di sé in ogni uomo con cui giace, fino a non trovarsene più alcuno nel petto, e ancora troppi nel letto.
La salvezza, quindi, è nel villaggio delle donne
“…dove tutto ha una sua giusta misura
dove il tempo che passa è vera cura.
Andiamo dove tutto è avvolto da un profumo di rose,
ti porto nella città delle piccole cose…”
Ogni donna può giungere al villaggio delle donne, un luogo senza coordinate e senza epoca, una meta permessa a tutte, ma solo per libera scelta, alla fine della disperazione, del sopruso e dell’abuso, della mancanza di fiducia in se stesse.
Il villaggio delle donne è una città di vetro cangiante: formata da un materiale fragile, che si salda e rinsalda strato su strato, fino a sbalordire per la sua bellezza, con la forza delle speranze realizzate, non infrante, resistendo.
Tiziana Treccani