Minosse giudice infernale della Divina Commedia

Minosse giudice infernale della Divina Commedia

 

Stavvi Minos orribilmente e ringhia

esamina le colpe nell’intrata

giudica e manda secondo ch’avvinghia.

 

 

Un’altra figura con la quale Dante viene al cospetto è Minosse.

Il poeta lo incontra nel V° canto, II° cerchio dove sono presenti i lussuosi, ma con loro ha poco a che fare.

Minosse si trova prima dei dannati, proprio all’inizio del cerchio e il Poeta a lui attribuisce il ruolo di giudice infernale, rifacendosi alla mitologia antica secondo la quale Giove, di cui Minosse era figlio lo avrebbe nominato giudice e custode del regno dei morti.

Vediamo quindi chi era Minosse e in seguito come il poeta lo descrive.

Minosse storicamente va collocato tre generazioni prima della guerra di Troia, è figlio di Zeus ed Europa ma viene allevato da Asterio il re di Creta. Aveva due fratellastri Radamanto e Sarpedonte ma fu lui il successore al trono,dopo aver dimostrato le sue origini divine facendosi mandare da Zeus un toro che avrebbe sacrificato a Posidone. Il Dio effettivamente gli mandò uno splendido toro bianco, così bello che Minosse anziché tenere fede alla sua promessa, lo unì alla sua mandria sacrificandone un altro. Posidone punì Minosse facendo innamorare perdutamente dell’animale proprio la moglie del re di Creta, la donna era così attratta dal toro da farsi costruire una vacca di legno ricoperta di pelle bovina, in grado da muoversi grazie a quattro ruote nascoste negli zoccoli. All’interno dell’animale di legno si sistemò la donna,  Pasifae, moglie di Minosse, che con questo stratagemma si fece soddisfare dal toro. Da questa unione nascerà il Minotauro, ma questa è un’altra storia…

Perché dunque il Poeta  colloca Minosse guardiano e giudice dell’inferi? Si racconta che Minosse durante il suo regno fu un re giusto, ideatore di giuste leggi,al punto che si pensava fossero ispirate direttamente da Zeus, dal quale il re ogni nove anni (sul numero nove si potrebbe aprire una parentesi infinita) si recava nelle caverne dell’IDA di pietra a ricevere istruzioni.

È dalla tradizione quindi che Dante prende Minosse come giudice del regno dei morti, perché prima di lui già a partire da Omero e poi il suo maestro Virgilio nell’Eneide gli attribuisce questo ruolo collocandolo all’ingresso dell’oltretomba. Riportiamo i versi del poema Virgiliano

 

Quaesitor Minos urnam movet

Ille silentum

Conciliumque locat vitasque et crimina discit

(Eneide VI – 432 – 433)

 

(traduzione Rosa Calzecchi Onesti  (Einaudi) :  Inquisitore è Minosse e scuote l’urna: di miti egli aduna un concilio, le colpe indaga e la vita

 

Rispetto a Virgilio che descrive Minosse come giudice dei morti (buoni o cattivi).Dante lo pone al giudizio dei soli dannati limitandone quindi l’operato,  ma senza denigrare la figura del re infatti definisce il suo ruolo come “atto di cotanto uffizio”.

Dante  fa di Minosse una creatura infernale e deforme, che incute orrore. Al posto delle gambe ha una lunga coda che è strumento della sua giurisdizione.

È una belva ringhiante che riflette, come tutti gli altri guardiani infernali, con le sue fattezze e le sue grida la violenza e la mostruosità, anche morale, dell’inferno.

Minosse al cui cospetto si presenta “l’anima malnata” ascolta la sua confessione e in base ai peccati commessi decide in quale girone infernale deve finire per l’eternità, ma non lo dice a parole, ma con la coda a suo modo ricrea la struttura dell’inferno avvolgendosela attorno al corpo tanti giri, quanti sono i cerchi a cui l’anima è destinata.

Tutte le anime passano davanti a Minosse tranne i suicidi, che come sappiamo, finiscono a casaccio nella selva dei suicidi trasformandosi in alberi.

Quando Minosse indica il cerchio in maniera repentina (e non descritta) l’anima viene scaraventata dove il giudice ha comandato.

Minosse si trova nel secondo cerchio e non nel  primo, perché nel I° c’è il limbo dove le anime non hanno commesso alcun peccato oltre a quello di essere nati prima di Cristo e non averlo quindi venerato. Non ci sono colpe da confessare o peccato da giudicare lì. Il vero inferno inizia proprio dal re di Creta: Minosse.

Segnaliamo che miti e favole antiche erano tutti pieni di custodi dalla soglia.

Nelle chiese sono raffigurati come animali di pietra poste ai lati delle porte d’ingresso o delle cripte per impedirne l’ingresso e chi non è degno. Il ruolo di Minosse è invece l’opposto perché lui è giudice che indica la colpa e guardiano per impedire che nessuno esca.

Prima di chiudere segnaliamo un’ultima curiosità secondo alcuni studiosi pare che Minosse non sia propriamente un nome ma un titolo regale, equivalente al termine “faraone”

Il V° canto non è l’unica volta in cui si incontra Minosse nella Commedia lo troviamo anche nel XXVIII° canto vv. 124 – 127.

Attorse otto volte la coda al dosso duro; e poi che per gran rabbia la si morse disse:

“questi è d’ì vei del foco puro”.

E ancora nel XIII° canto vv. 96

Minos la manda alla settima foce.

Sandra Pauletto

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