Intervista Rocco Cosentino – Viaggio all’inferno – Segreti in giallo Edizioni

Intervista Rocco Cosentino – Viaggio all’inferno – Segreti in giallo Edizioni

Abbiamo da poco recensito “Viaggio all’inferno”, scritto da Rocco Cosentino, edito da Segreti in giallo Edizioni  e abbiamo ora la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con l’autore.

D Buongiorno, grazie essere passato a trovarci, possiamo darci del tu?

R Buongiorno a voi. Possiamo certamente darci del tu!

 

  • Come ti sei accostato alla scrittura?

La mia passione per la scrittura arriva da molto lontano. Certo inizialmente piuttosto grezza, e forse scevra di termini e concetti profondi, non si è mai fatta mancare ispirazioni e fantasie espositive. Questo già dalle scuole elementari, a cominciare dalle prime brevi stesure e dai piccoli scritti. Crescendo, e accostandomi alla lettura con lo studio specifico della storia del teatro, unitamente ai suoi autori e alle relative opere, ho cominciato a scrivere testi, piccole sceneggiature e brevi storie.

 

  • Come si può trovare un compromesso fra il diffondere importanti verità perché le si tenga ben presenti (e s’impari da esse) e il realizzare un servizio di successo?

E’ certamente difficile immaginare di trovare, anche casualmente, la “pozione magica” che ci permette di scrivere un libro per far conoscere una verità, divulgarla correttamente e che, al tempo stesso, possa diventare un grande successo editoriale e mediatico. Credo che si debba decidere, già alla fonte, a che tipo di scrittori si voglia appartenere. Intendo dire che, generalmente, chi scrive opere letterarie che non contengono strani pruriti, gossip o scandali di ogni sorta, deve tener conto che il proprio prodotto affronterà un percorso che sì, potrebbe portare al “successo”, ma sarà necessariamente in salita. Di diverso stampo sono quegli autori che, invece, decidono di riempire le pagine di un libro attingendo ad ogni genere di notizia, vera o falsa che sia, per ottenere risultati eclatanti ad ogni costo immaginando che così la strada possa essere tutta in discesa. Ritengo di poter affermare, quindi, che l’unico  vero compromesso sia proprio quello di lavorare seriamente,  correttamente e probamente alla stesura di un testo che possa essere coerente, circostanziato e, soprattutto, onesto intellettualmente. Dopodiché si potrà cominciare ad intessere una rete di contatti con tutte le categorie professionali legate alla divulgazione, affinché si riesca a convincere più lettori possibili della bontà del proprio prodotto. Sperando sempre che possa essere di successo!

 

  • Quale ruolo può svolgere la letteratura nel trattare di tematiche piuttosto serie come quelle del libro?

Senza dubbio, il ruolo principale della letteratura è sempre quello divulgativo. Ciò perché, a mio avviso, ogni genere di idea, di ipotesi, di tematica o di pensiero ha una valenza superiore se descritta e “imprigionata” nelle pagine di un libro. Ancor più in un momento storico come quello che stiamo vivendo, dove ogni cosa viene masticata e digerita nel lasso di tempo pari a quello di uno spot televisivo. Al contempo, purtroppo, appare molto difficile istruire e indirizzare i più giovani all’utilizzo della carta stampata, in alternativa ad un anonimo mezzo tecnologico. E questo anche proprio dal punto di vista manuale. Per cui, ritengo che il ruolo della letteratura debba essere anche quello di Magister, maestro e maestra di vita, di pensiero e di insegnamento così da poter apprendere i diversi punti di vista e i nuovi concetti esistenziali mirati al miglioramento dell’esistenza stessa. Solo la conoscenza, il sapere, la cultura e la letteratura potranno salvarci dallo sprofondare nel baratro assoluto.

 

  • Hai conosciuto alcuni dei veri protagonisti del libro (da te opportunamente e comprensibilmente romanzato)?

Si, certamente. Ho conosciuto di persona la protagonista femminile, Beatrice nel libro, che ha vissuto questa tremenda avventura e che ha voluto farmene notizia con grande difficoltà e volontà, consentendo poi la realizzazione del romanzo. Oltre a lei, anche il marito con il quale è poi riuscita a ricostruire la sua esistenza formando la propria famiglia. Non sono riuscito a convincerla, invece, ad entrare in contatto con alcuni dei protagonisti che ancora sono in vita, proprio perché la sua decisione di tagliare con il passato è stata definitiva.

 

  • Pensi che scriverai altre opere di questo tenore?

Generalmente le situazioni che ispirano i libri che scrivo, accadono per caso. Questo è capitato anche con il precedente romanzo nel quale il tema era la Sindrome di Klinefelter, dal titolo ”Nel Nome del Padre e della Madre”. Attraverso una telefonata informativa ricevuta da una donna, che mi domandava notizie su un progetto cinematografico in fase di realizzazione con la mia produzione, sono entrato in contatto con un portatore di questa sindrome che si era accorto del problema solo quando aveva cercato di avere dei figli. Dunque attendiamo che il ”caso”, ancora una volta, decida di mettersi di mezzo.

 

  • Quali sono i tuoi generi letterari preferiti?

Sono diversi e di vario genere: fantascienza, fantapolitica, poliziesco, avventura, narrativa.

 

  • La letteratura è stata una scoperta tardiva nella tua vita oppure è sempre stata abbastanza presente? Chi ti ha aiutato ad accostartici?

Devo dire che è stata assolutamente tardiva, in proporzione alle possibilità di oggi. Da bambino, non c’era l’uso di comperare libri e, diciamolo pure, nella mia famiglia, non c’erano denari a sufficienza anche per questo tipo di acquisti. Il primo quotidiano io l’ho letto in terza media,ì mentre, il primo romanzo, penso di averlo letto alle scuole superiori. Senza dubbio, la “colpa” dell’avvicinamento alla letteratura è stata dei miei insegnanti alla scuola di teatro che ho frequentato e che mi hanno fatto scoprire tutti gli autori più importanti, a partire dalla tragedia greca fino ad oggi. Evidentemente, l’abitudine alla lettura ha fatto sì che poi io diversificassi i generi.

 

  • Cosa diresti a chi fosse lontano dal meraviglioso mondo dei libri, per invogliarlo ad avvicinarvisi?

È molto difficile rispondere a questa domanda, proprio perché il meraviglioso mondo dei libri è ormai sotto scacco e sta venendo invaso dal Nulla, giusto per citare il romanzo fantasy “La Storia Infinita” di Michael Ende. Invogliare qualcuno a sostituire un joystick o un mouse è un’impresa ciclopica. Forse, più che dire, servirebbe capire cosa fare. Invitarli a soggiornare in un posto ameno, senza corrente o altri sistemi elettronici con solo libri, cibo e acqua? Chissà. In ogni caso, potrei certo dirgli che toccare, sfogliare e annusare un libro potrebbe essere una incredibile esperienza di vita. Provare per credere!

 

  • Pensi si stiano facendo degli importanti passi in avanti nel debellare piaghe come quella delle molestie o addirittura violenze sessuali (e in genere, della violenza sulle donne)?

Questo è un vero e proprio tasto dolente. Lo affronto sempre durante le mie presentazioni quando chiedo al pubblico il perché, nonostante gli incredibili mezzi tecnologici, i continui propositi di intervento, le supposte volontà politiche di realizzare aleatorie proposte di legge per la tutela di questa o quella categoria più debole, ancora non si riesca a debellare questa incredibile pratica. Io sono giunto alla conclusione che si sia ancora molto distanti dalla soluzione di tali problemi. Ciò perché ritengo che queste violenze appartengano ad un vero e proprio sistema di comportamento, oltre che radicate in un pensiero comune. La strada è lunga e impervia, dato che bisogna scardinare convinzioni, culture e concetti che arrivano dalla notte dei tempi, e hanno pervaso ogni essere umano. Le abitudini sessuali diventano lecite solo quando non sono patologiche né pericolose. Solo la convinzione che non sia necessario porre in atto alcuna violenza per praticarle, le fa diventare accettabili. Ma qui si comincerebbe, sul serio, a parlare di libero arbitrio, di libertà di scelta, di libertà di pensiero. Il termine libertà diventa determinante e, al tempo stesso, difficoltoso nell’applicazione.

 

  • Cosa diresti a chi stesse vivendo problemi nel suo lavoro, come succede a uno dei tuoi personaggi?

Alla luce di tutto ciò che apprendiamo dal mainstream, molteplici sono gli ambienti, le situazioni e i luoghi di lavoro nei quali accade ciò che viene descritto nel mio romanzo. Reagire a questi veri soprusi, a volte, risulta essere molto difficile quanto complicato. Si riscontrano, anche nelle cosiddette vittime, una serie di adattamenti, di rassegnazioni e di accettazioni che lasciano sbigottiti. Riprendendo il concetto della domanda precedente, siamo sottomessi moralmente a non reagire ad una serie di stereotipi, di comportamenti, di vere e proprie violenze quasi fosse una condizio sine quanon. Io, che appartengo al secolo scorso, porto con me un carattere legato alla non accettazione del sopruso in quanto tale. Ciò che mi sento di dire a chi vive storie così estreme, è di “far saltare il banco” ribellandosi sempre, e comunque. Fare rete è determinante, proprio per evitare che la solitudine possa diventare gabbia e, al tempo stesso, carcere e tortura per abusi senza limiti. La rivoluzione è quella di essere uniti nel pensiero e tanti nella difesa degli esseri più deboli o indifesi. Uomini, donne o bambini che possano mai essere.

 

  • Nel libro si tratta anche di omosessualità: qual è il tuo pensiero su un’altra tematica sociale così di stretta attualità anch’essa? Come si possono conciliare le esigenze dei conservatori con quelle

Avrete certo notato che il romanzo Viaggio all’Inferno, in realtà, affronta temi di diverso genere: abusi sulle donne, sui minori nell’ambito parentale, di usura e violenza di genere. Aver scelto d’inserire anche dei personaggi omosessuali è stato quasi istintivo e non legato alla stretta attualità. Mi spiego. Credo che sia piuttosto chiaro, a chi ha già letto il libro, che il protagonista indiscusso dell’opera è l’Amore. Quello certamente con la a maiuscola, appunto. Quel sentimento che sostiene la Vita, che c’è tra genitori e figli, tra ogni essere umano che cerca un compagno o una compagna, tra un fratello e una sorella, fra due amici. Questo amore, però, non può aver nessuno colore, nessuna appartenenza, nessuna costrizione e nessuna bandiera. L’amore è amore. Senza alcuna definizione. Molto, troppo spesso, si parla di odio e violenza quasi fossero la vera sostanza della nostra esistenza e più di qualche volta ne restiamo ammaliati e affascinati. Poco si parla dell’amore. Non per scelta, ma sicuramente per abitudine, consideriamo le piccole violenze di ogni giorno, che noi derubrichiamo a furbizie, quasi un esigenza e una necessità per sopravvivere: parcheggiare in un posto per disabili, saltare una fila, approfittare di una persona più debole, non ammettere i propri errori o insultare qualcuno diverso da noi. Tutto questo è frutto di insegnamenti e di atteggiamenti vessatori, che prendono spunto da contorti status quo. Spesso si confondono volontariamente le cose a nostro esclusivo e personale vantaggio, mistificando un atteggiamento o uno stile di vita, considerando l’altro un nemico solo perché non è come noi, non pensa come noi, non si uniforma come noi. L’omosessualità, nel mio romanzo, in realtà non viene trattata come “fenomeno di attualità” ma solo come una scelta d’amore che non mette in discussione la professione, la persona, il proprio essere o i propri comportamenti. Questo amore non è mai pericoloso, quando diventa scelta di vita consapevole. E questo, a parere mio, concilia ogni cosa, ogni pensiero e ogni appartenenza. Con buona pace dei conservatori e di quelli che non lo sono.

 

Matteo Melis

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