INTERVISTA A MASSIMILIANO IRENZE – UN UOMO COMUNE –
Torna a trovarci dopo la pubblicazione dei due libri che abbiamo avuto il piacere di recensire: ”Atman, Predatori nell’inconscio, I giochi del fato e Gli scherzi della mente”. Il suo nuovo romanzo che abbiamo da poco recensito è “Un uomo comune” edito da Del Bucchia. Come è ormai piacevole abitudine dopo la recensione facciamo due chiacchiere con l’autore.
Ciao Massimiliano grazie per essere tornato a trovarci, eccoti subito le nostre domande:
- Interessante il ripetersi e il ripartire quasi da capo a ogni capitolo, salvo un particolare che cambia. Come mai hai scelto questo percorso narrativo?
Volevo partire da una condizione vicina allo “zero assoluto”. Un annullamento dell’identità che, insieme al lettore, viene via via ricostruita attraverso gli indizi esterni, anche ingannevoli, che vengono man mano forniti dall’ambiente. Situazione, a mio avviso, non molto lontana dalle nostre vite, se ci spogliassero improvvisamente delle illusorie certezze e delle sovrastrutture che ci siamo costruiti negli anni.
- Cosa vuoi rappresentare attraverso il loop temporale?
Il loop temporale e il nastro di Moebius, utilizzati più volte, magistralmente, dal regista David Lynch, creano una dimensione ciclica e claustrofobica. Nel romanzo questo espediente ricorda, a un tempo, il personaggio di un videogame e i concetti orientali di samsara e di karma. “Samsara” era, infatti, un possibile titolo alternativo, che poi ho scartato. Nel buddismo, il concetto di “catene del karma” indica un circolo vizioso che la nostra esistenza compie continuamente, difficile da spezzare o da trasformare, a meno che non si vada contro le nostre stesse tendenze innate.
- Idealmente il tuo Un uomo comune è rivolto a un tipo di persone in particolare?
Nelle intenzioni, no. Ogni persona che abbia passato un periodo di confusione esistenziale (e chi non ci è passato?) può empatizzare col protagonista. Certo, a lavoro finito mi rendo conto che non è un romanzo per tutti.
- Hai visto il film “Il giorno della marmotta”?
Certo! Fantastico, Bill Murray! Anche lui ricominciava ogni giorno nella stessa situazione, però era consapevole di quello che aveva appreso prima ( tanto è vero che lo usava per conquistare la donna che amava) . Forse il mio romanzo è più simile a “Memento”, perché anche in quel film il protagonista, ogni volta che si svegliava, era dimentico di tutto ciò che aveva scoperto. E non dimentichiamo Aldo Baglio in “La leggenda di Al, John e Jack”! La perdita di memoria, in effetti, è un espediente utilizzato più volte, in letteratura e nel cinema. In questo mio romanzo, spero, faccia la differenza il modo in cui viene utilizzato.
- Il titolo “Un uomo comune”, e la scelta del perenne e identico inizio, ha qualcosa a che fare con la monotonia della vita dai giorni sempre tutti uguali a se stessi?
Sì. Sicuramente l’alienazione che accompagna situazioni ripetitive e sincroniche è l’elemento principe, assieme ad alcuni dialoghi che emergono e che sottolineano la follia che sta dietro a questo ordinato caos chiamato normalità (a cui, nonostante ciò, il protagonista aspira).
- Per il personaggio di Cosimo ti sei ispirato a qualcuno in particolare?
Beh, l’inetto di Svevo viene un po’ chiamato in causa. Anche la crisi esistenziale raccontata da Fellini in “8 e ½” deve avermi inconsciamente inspirato in qualche modo che però non so spiegare pienamente.
- I tuoi libri sono sempre decisamente originali se volessimo aiutare i librai a catalogarli al posto giusto tu sotto quale voce li metteresti?
Se dovessi trovare a tutti i costi la più appropriata, direi il “thriller psicologico”. Però il mio sogno è che avvenga una rivoluzione artistica e culturale e vengano meno tutti questi schemini, etichette, cassetti e cassettini in cui ci hanno ordinato l’esistenza. Molti grandi libri e grandi film esulano da queste categorie rigide, ma nonostante ciò, l’industria dell’arte ha preso a catalogare, negli ultimi decenni, sempre più febbrilmente i generi, con il bisogno spasmodico di individuare il target dei potenziali acquirenti per ogni opera che viene prodotta, con il risultato che le persone, condizionate da ciò, optano in modo deciso verso una piccola percentuale del fruibile e, a loro volta, le opere vedono ridursi, per via delle etichette loro affibbiategli, i possibili fruitori. L’arte viene trattata come la carne in macelleria e l’unico criterio che guida le pubblicazioni è quello di una cinica ottica economica, totalmente disinteressata rispetto ai contenuti e protesa solo alla legge di domanda e offerta. Responsabile di un impoverimento umano senza precedenti. Il trionfo del trash, della trap, del qualunquismo. E’ più facile che trovi gratificazione e approvazione qualsiasi individuo non particolarmente dotato che rutti insulti da youtube, che non un animo talentuoso che esprima qualcosa di profondo e acuto.
- E infine è possibile per i tuoi lettori incontrarti in qualche firma copia de Un uomo comune?
Per il momento, ho accantonato le presentazioni in pubblico, ma se in futuro ne farò ancora, ti avviserò…e se vorrai, magari mi darai il supporto dei Gufi Narranti nel promuoverle.
Grazie per la disponibilità e alla prossima sulle pagine de I Gufi Narranti.
Io ringrazio te di cuore. Alla prossima.
David Usilla