Christine – La Macchina Infernale – Una terrificante “motorata” d’amore.

Christine – La Macchina Infernale

Pittsburgh, Pennsylvania, 1978. Arnie Cunningham è in macchina con l’amico fraterno Dennis Guilder. Ad un tratto notano una Plymouth Fury del 1958. Arnie ne rimane così attratto che decide di comprarla nonostante le pessime condizioni. Dennis lo sconsiglia in tutti i modi, ma non c’è niente da fare: il suo amico è stato catturato da qualcosa di inspiegabile che circonda la Plymouth e il suo vecchio proprietario, Roland D. LeBay. E’ Christine il nome della macchina che da questo momento instaura con Arnie un legame misterioso, che lo vede mutare nell’aspetto fisico e nel comportamento. Un rapporto che si fa’ sempre più tetro, quando gelosia e morte sembrano dimostrare che Christine possa decidere da sé. Un oscuro incantesimo che si aggrava con l’improvvisa morte di Roland D. LeBay.

E’ chiaro che per Stephen King imbastire una storia dove orrore e sovrannaturale si avvicendano, sia spesso un’ottima occasione per parlare dei giovani e delle loro turbe familiari e amorose. Christine – La Macchina Infernale si colloca a metà strada, stilisticamente e temporalmente, tra Carrie e It, rappresentando un passaggio interlocutorio (uno dei tanti a dire il vero) che ha portato King alla perfezione.

Nella sua sterminata produzione, il romanzo di cui stiamo parlando, è comunque da ritenere tra i più importanti, belli e rappresentativi. A suddividere idealmente la trama sono tre grandi nuclei narrativi, in cui nel primo e nel terzo, King scrive nella prima persona di Dennis Guilder, che racconta l’accaduto a distanza di anni, mentre in quello centrale passa in terza persona. La scelta viene giustificata dall’assenza di Dennis proprio nella seconda fase, costretto in ospedale per un infortunio sportivo, sfruttata dallo scrittore per concentrarsi su Arnie, Christine, Leigh e quello che ruota intorno a questo triangolo amoroso. Perchè Arnie Cunningham, l’imbranato simbolo della scuola, brufoloso, gracile e occhialuto, finisce con la ragazza più bella della scuola, Leigh Cabot. Lo stupore è di fatti generale e investe anche Dennis, per altro segretamente innamorato di Leigh. Ma Arnie ama di più la sua ragazza o la sua macchina? Il problema si pone quando Leigh percepisce qualcosa di strano e morboso nel modo in cui Arnie tratta Christine: l’estrema cura, la quasi totalità del tempo libero che passa cercando di aggiustarla, il modo in cui ne parla e una “vibrazione negativa” che Leigh avverte quando ne occupa l’abitacolo. Allo stesso tempo però sembra che anche Christine voglia fare qualcosa per allontanare i due o addirittura togliere di mezzo Leigh.
King si astiene dal replicare l’impersonificazione del cane idrofobo di Cujo con una macchina, ma in un certo senso è come se la facesse parlare attraverso le parole di Roland D. LeBay, che ogni tanto sembra riapparire agli occhi più suggestionati. Gli scenari dipinti in queste occasioni sono inquietanti e tenebrosi e si sviluppano come la crescita di una malattia che si fa’ strada dentro Arnie e si sprigiona nel suo culmine davanti agli occhi di Dennis che, a bordo di Christine, partecipa ad un viaggio nel tempo in compagnia di apparizioni cadaveriche. La suspense è sempre alta, nonostante l’autore, come non di rado succede, informa preventivamente il lettore che si sta accingendo a scoprire qualcosa di pauroso.

Christine – La Macchina Infernale è la storia di un’amicizia, iniziata in tenera età e finita con il ritorno in vita di una macchina posseduta, dotata della più tremenda ed ingiustificata rabbia verso tutti. Dennis e Arnie, due ragazzi agli antipodi, il primo sicuro di sé, brillante e atletico, il secondo timido, intelligente ma incapace di difendersi; ma uniti dalle esperienze passate insieme e dalla pietà che Dennis ha per Arnie. Quando quest’ultimo sembrerà finalmente maturato e rinvigorito, sarà Dennis ad averne paura perchè non vedrà più il caro vecchio amico, con i suoi difetti, ma un’altra persona, o un’altra presenza, arrivata per strapparlo alla sua vita da fallito e fargli vivere violenti e oscuri momenti di gloria. Un’occasione per farla pagare a tutti i bulli che lo hanno maltrattato, picchiato e sfottuto. Compresi anche i genitori (Regina e Michael) che non lo hanno mai realmente appoggiato ma gli hanno sempre imposto le loro idee. Un’iconoclasta “motorata” sulle ali del diavolo in onore del caro vecchio rock’n roll anni ’50 che l’autoradio spara in continuazione. In questo senso l’incontro tra Arnie e Christine rappresenta il passaggio all’età adulta con tutte le sue connotazioni negative: l’abbandono delle amicizie, l’allontanamento fisico o attitudinale dai genitori; e allo stesso tempo un’occasione di rivalsa verso un microcosmo che non è mai stato gentile con il diretto interessato, quindi un rifiuto dell’autorità, la ribellione verso i compagni di scuola che lo bullizzano. A dispetto di qualche ripetizione e alcune fasi un po’ farraginose che appesantiscono il racconto con certe lungaggini superflue (per un soggetto piuttosto semplice stiamo parlando di più di seicento pagine), il romanzo di King tiene incollati dall’inizio alla fine, dalla curiosità, dall’interesse di questa nera vicenda che sa anche incredibilmente vivere di momenti di puro romanticismo. Quando vengono descritti i ricordi d’infanzia o gli approcci amorosi tra i personaggi, sono attimi di pura estasi narrativa. Ma paradossalmente quello che ha sempre fatto benissimo Stephen King è saper parlare di paura senza mai tralasciare i sentimenti, e Christine – La Macchina Infernale è proprio questo, una terrificante Odissea ma anche un’intima ed esaltante storia d’amore. John Carpenter lo stesso anno ne fece un adattamento cinematografico, molto bello e dalle grandi atmosfere, ma molto più semplice e addirittura a tratti non in linea con il vero significato dell’opera di King.

Zanini Marco

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