Bathory – Bathory – Dalla Svezia. Con malvagità. Satanismo e oscurità.

Bathory – Bathory

Anno: 1984

Paese di provenienza: Svezia

Genere: thrash metal

Membri: Quorthon – voce e chitarra; Stefan Larsson – batteria

Casa discografica: Black Mark Production

  1. Hades
  2. Reaper
  3. Necromansy
  4. Sacrifice
  5. In Conspirasy With Satan
  6. Armageddon
  7. Raise The Dead
  8. War

 

La cosa più incredibile degli anni ’80 è che in quel periodo, con la nuova debordante trasformazione della musica pop e l’affermarsi delle declinazioni più estreme dell’heavy metal, da una parte all’altra del globo si veniva travolti da forme musicali diametralmente opposte, ma che hanno ugualmente caratterizzato questa decade. Così se nell’84 in America esplodeva Madonna e in Inghilterra sfavillavano i Duran Duran, in Svezia non c’erano solo gli Europe, ma anche i Bathory.

Certo, per Madonna o i Duran Duran, nessuna difficoltà d’ascolto, erano di fatto delle icone della musica più commerciale, così come gli Europe che, pur partendo da una base hard rock, guardavano con grande interesse alla funzionalità del ritornello orecchiabile. Ma per i Bathory… beh, per loro bisognava impegnarsi ed essere dei veri appassionati (forse anche degli squilibrati). In ogni caso, che questa recensione sia rivolta a posati e raffinati cultori del metal o a pazzi maniaci (categorie in cui mi riconosco equamente), non posso evitare di esternare la mia folgorazione per la suddetta prima opera di quello che partì come un duo, ma che più tardi si trasformò nella creatura del solo Ace Börje Thomas Forsberg, conosciuto da tutti come Quorthon (R. I. P.).

Ciò che animò le nuove leve scandinave fu’ bene o male lo stesso sacro fuoco che infiammò la Bay Area: quello della NWOBHM, ma soprattutto in questo caso quello del punk hardcore. Orde sataniche e rituali orgiastici, una ruvidità sonora che faceva pensare molto da vicino ai britannici Venom e una crudezza fin’ora mai ascoltata, alzarono il livello dell’estremismo musicale. In quel momento nessuno come i Bathory rappresentava la brutalità e la cattiveria scandite da chitarra, batteria e voce.

Quorthon all’ascia e al microfono, Stefan Larsson alle pelli e uno studio di registrazione fatto apposta per loro (Black Mark Production); forse neanche lo sapevano ma scrivono la storia del metal. Sulla copertina del debutto, omonimo, capeggia un grande caprone giallo con occhi rossi su sfondo nero, e il font gotico annuncia la venuta dei Bathory. Parte Hades e i presentimenti sono chiari. I punti di riferimento più evidenti sono i Venom e i Discharge, ma anche il nascente thrash metal californiano è nelle corde del duo, solamente privato di qualsiasi apertura melodica o orpello. La produzione poi, grezzissima, ne accentua la natura tenebrosa ed inquietante. La chitarra è un rumore che emerge dall’oscurità infernale, la batteria un plotone d’esecuzione monotono ed avvolgente, la voce un alito mortifero dall’aldilà. Non c’è varietà lungo la scaletta, ma gli otto perfidi attacchi che la compongono vanno dritti al punto con durate singole contenute e un unico obbiettivo: far sbattere la testa all’ascoltatore e circondarlo con una nube gelida e malvagia. Da Reaper, passando per Necromansy e Sacrifice si legge il futuro del thrash metal, il tramandarsi di un verbo che è durato fino ad oggi, dai teutonici Destruction alla creazione dello statunitense Joel Grind, i Toxic Holocaust. Una prova assoluta del coraggio di questa entità scandinava sta tutta in pezzi sulfurei come Armageddon e negli assalti frontali di Raise The Dead e War, sublimazioni di un’attitudine senza compromessi che celebra la morte, l’occulto, il satanismo e le arti oscure. E’ facile crederlo, il seme del black metal nasce qui.

 

Voto: 9

Zanini Marco

 

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