INTERVISTA A MARISA GIANOTTI – “IL GIARDINO VENEZIANO”- Gilgamesh edizioni
Abbiamo da poco recensito “Un giardino veneziano”, scritto da Marisa Gianotti, edito da Gilgamesh edizioni e abbiamo ora la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con l’autrice. Buongiorno, grazie essere passata a trovarci, possiamo darci del tu?
- Ma certamente, diamoci del tu.
- La parte relativa all’olocausto è in qualche modo autobiografica?
- L’Olocausto non ha colpito la mia famiglia, ma il dramma della deportazione sì. Dopo l’8 settembre, mio padre, giovane sergente a Brescia, è stato deportato in Germania e poi in Normandia, come soldato IMI. Ogni volta che mia madre ci parlava di quella inspiegabile sofferenza, anche dopo tanti anni, aveva gli occhi lucidi.
- Perché hai scelto proprio Venezia per ambientare il tuo romanzo?
- Ho ambientato la storia a Venezia perché è il luogo che sempre mi suscita profonde emozioni. Venezia è unica. L’orizzonte non è mai definito, lascia spaziare la mia fantasia. La sua bellezza armoniosa mi commuove. Il tempo è segnato dai passi e accompagnato dal silenzio e io riesco a pensare indisturbata. Osservando la sua decadenza rifletto sulla caducità delle cose. Nella sua atmosfera magica posso creare, suscitare le più diverse fantasie. A Venezia trovo il mondo in tutte le sue sfaccettature. E solo in un giardino veneziano, così ho reputato io, potevano incrociarsi le storie di tanti personaggi così diversi e tutti artisti.
- Come ci si organizza per gestire tanti personaggi?
- I miei scritti di solito hanno origine da una scena vista, da un episodio ascoltato, dall’osservazione di un oggetto o da un altro semplice elemento. Costruisco la storia con lentezza, meditandola. Quando poi inizio a scriverla, ho ben presente l’inizio e la fine del romanzo, ma non ciò che succederà durante il percorso. I personaggi, tornando alla domanda, mi vengono incontro quasi spontaneamente e interagiscono tra loro quasi motu proprio; chiedono di essere raccontati.
- Esiste un personaggio che hai avuto più difficoltà a tratteggiare?
- Credo sia stato Carlo, il personaggio più “normale”. Non è stato facile perché nonostante non sia l’uomo “ideale” ho voluto accompagnarlo con affetto e alla fine si è “redento”.
- Cos’è l’amore secondo te?
- L’amore è la forza che sostiene l’uomo in tutta la sua vita. È indescrivibile. È la forza che fa desiderare, sognare, che spinge e sostiene. Si manifesta negli sforzi del rinunciare. L’amore diciamo che ci fa superare i nostri limiti e ci rende felici se riusciamo ad esprimerlo e a condividerlo.
- Che rapporto hai con l’arte e la musica?
- Con l’arte e la musica ho un rapporto stupendo. Apprezzo l’arte in tutte le sue espressioni. Anche quando non riesco a cogliere il significato che un’opera vuole esprimere, sono colpita dall’armonia dei colori e delle forme. Apprezzo l’artigianato perché colgo in tutte le sue tecniche l’evoluzione dell’intelletto dell’uomo e la sua capacità di abbellire il mondo che lo circonda. La musica è l’elemento che acutizza la mia sensibilità e mi fa “volare alto”. In particolare, amo la musica classica, non potrei farne a meno.
- Stai lavorando a un nuovo progetto?
- Si sto scrivendo una storia ambientata nella Venezia del ‘700 e come tutti i miei racconti il periodo storico è vissuto dai personaggi nei momenti che lo hanno caratterizzato.
Grazie mille per la disponibilità, arrivederci a presto sempre sulle pagine de I Gufi Narranti.
Matteo Melis