Intervista: Marina Bertamoni – “Il mostro del lodigiano” (Frilli Editore)

Intervista: Marina Bertamoni – “Il mostro del lodigiano” (Frilli Editore)

marina bertamoni

Abbiamo da poco recensito “Il mostro del lodigiano” (Frilli Editore) di Marina Bertamoni e abbiamo ora il piacere di scambiare quattro chiacchiere con lei per approfondire i temi principali del suo ultimo libro e farci raccontare qualcosa dei suoi futuri progetti

Buongiorno Marina, grazie per aver accettato di chiacchierare con noi. Mi permetto di darti del tu se per te, ovviamente, non è un problema:

 

  • “Il mostro del lodigiano” è il quarto capitolo della saga dedicata all’ispettrice Luce Frambelli, il romanzo che, come suggerisce il sottotitolo, chiude il cerchio che era stato aperto con il primo capitolo della saga, “Chi muore giace” (Frilli Editore) del 2017. Ora che succederà al personaggio di Luce? La rivedremo ancora operativa o la metterai da parte?

Ciao e grazie per questa intervista! Il tu va benissimo, ci mancherebbe. Per venire alla tua domanda, ne “Il mostro del Lodigiano” l’indagine che Luce porta avanti insieme ai colleghi della questura di Lodi per assicurare alla giustizia un pericoloso maniaco seriale si intreccia con l’indagine che già dal secondo episodio della serie (“Dieci parole per uccidere”) sta portando avanti da sola, per svelare un mistero del suo passato. Si tratta di una questione che la logora dal punto di vista psicologico e che la cambierà profondamente. Ne “Il mostro del lodigiano” troverà alcune risposte fondamentali, che le consentiranno la chiusura del cerchio. Ma ci sono ancora fili da annodare e dubbi da fugare… e la vita va avanti, con tutti i suoi problemi e le sue questioni irrisolte. Quindi sì, Luce tornerà. Anche perché le sono affezionata e mi spiacerebbe lasciarla.

  • Le avventure di Luce Frambelli sono ambientate nel lodigiano, Codogno compreso, e vista anche la contestualizzazione temporale che avevi dato fin dall’inizio della saga non poteva mancare un riferimento chiaro al Covid che proprio in quelle terre ha fatto le prime, numerose, vittime. Come ha vissuto quella parte di territorio il periodo del Covid? E soprattutto ora le ferite si sono rimarginate?

Il Covid è stato una tragedia di livello planetario, ma Lodi e la sua provincia sono stati i territori nei quali è esploso con estrema violenza per la prima volta nel continente europeo. Da qui è dilagato, portando ovunque morte e disperazione. Qualcosa di totalmente inaspettato e inconcepibile, a cui nessuno poteva essere preparato. Come osservi giustamente, non avrei potuto ignorare quanto accaduto, scrivendo una storia con Luce protagonista. Mi sono presa un rischio perché, anche se non si tratta di un romanzo sul Covid ma di un romanzo nel quale il Covid fa semplicemente da sfondo, con tutti i problemi e le difficoltà che ha creato anche in ambito investigativo, è un argomento di cui molti non vogliono più sentir parlare, come se evitandolo si potesse cancellare il dolore che ha portato. Ho notato che molti hanno già dimenticato o fanno di tutto per dimenticare. Ahimè, il virus non se ne è andato e circola ancora, benché fortunatamente facendo meno danni. A Lodi e nel lodigiano ci sono le centinaia di lapidi nei cimiteri a ricordare quei giorni terribili. Le persone che vivono in questo territorio non potranno mai dimenticare e se le attività produttive sono riprese e la socialità è tornata quella di una volta, come nel resto del Paese, qui le ferite del cuore faticano parecchio a rimarginarsi.

  • Riflettendo sul titolo del tuo libro mi è venuta in mente una visione doppia del termine “mostro”. C’è il mostro per così dire umano, il serial killer che uccide e che deve essere catturato dalle forze dell’ordine e c’è un altro mostro, quello subdolo, quello che, come detto prima, si è portato via tantissime vite e che abbiamo conosciuto con il nome di Covid19. Nel dare il titolo al libro avevi pensato a questo doppio riferimento?

Sì, il senso del titolo è proprio quello. La scelta del titolo è importantissima e per me sempre problematica. È il biglietto da visita con cui, insieme alla copertina, offri al lettore il tuo romanzo. Il titolo deve quindi essere in grado di catturare l’attenzione, stimolare la curiosità e invogliare alla lettura. Con l’editore Carlo Frilli ne discutiamo ogni volta e finora siamo sempre riusciti a trovare un accordo sulla scelta finale. Perché, è bene ricordarlo, l’editore su questo argomento ha sempre l’ultima parola.

  • Un altro tema che hai toccato in maniera molto forte nel libro è quello dell’impatto devastante che il covid ha avuto sui nostri ragazzi, quelli che già erano abituati ad un modello di relazione basato molto sui digital device e sui social media e che con il lockdown si sono trovati ad avere questo tipo di modello come unico riferimento. Questo è diventato terreno fertile per truffatori e per adescatori che hanno avuto vita relativamente facile nell’entrare pericolosamente nelle vite di ragazzi non ancora pronti ad affrontare certe minacce. Tu cosa ne pensi di questa situazione che si è andata creando?

Il tema dell’impatto del Covid sugli adolescenti è il perno intorno a cui gira tutta la trama. Si tratta di una generazione che anche prima della pandemia era abituata a comunicare prevalentemente con mezzi digitali e che nell’emergenza si è trovata a usare questo metodo in maniera esclusiva. Ma nella rete si nascondono molte insidie e pericoli nei quali è facile incorrere se si è troppo ingenui. Durante la scrittura del romanzo mi sono documentata a fondo per capire cosa sia possibile fare con un cellulare o con le piattaforme di messagistica e ho scoperto cose che mi hanno lasciata basita. È possibile truffare, ingannare, adescare, il tutto restando nel più completo anonimato.

Forse, in tutto il male che il Covid ha causato, un aspetto positivo c’è stato ed è quello di riscoprire quanto i rapporti umani vissuti concretamente, non attraverso uno schermo, siano preziosi. Una volta terminata la fase emergenziale, la fame di socialità non virtuale e il desiderio di tornare a incontrarsi di persona hanno ricostruito rapporti e dato nuovo significato alle relazioni. Ma la rete resta un posto molto pericoloso da frequentare se non si è abbastanza maturi per comprenderne i rischi.

  • Al di la del covid, il tema dei social e del loro utilizzo da parte dei ragazzi è da anni tema di dibattito, specie quando la cronaca ci mette davanti a fatti drammatici legati a questi strumenti, non ultimo quello degli youtuber che a Roma hanno causato la morte di una mamma e del suo bambino. Tu che idea ti sei fatta a riguardo?

Penso che alla base ci sia una crisi valoriale, che investe tutti, i giovani come gli adulti. I social offrono spesso una visione della vita fondata solo sull’apparenza: denaro, successo, il conseguimento di obiettivi difficili con sforzo minimo, ogni cosa vista attraverso la lente dei social sembra più facile da ottenere. Nel romanzo c’è un personaggio, Sofia, che incarna tutto questo. È un’adolescente con una situazione familiare complicata che nei social trova una valvola di sfogo per la propria frustrazione. È innegabile che viviamo oggi un’emergenza educativa, i molti fatti di cronaca nera che coinvolgono minorenni ce lo dicono quotidianamente. È indispensabile agire nelle famiglie, nelle scuole e in tutti gli ambiti formativi, per far riscoprire agli adolescenti i valori che rendono una vita davvero degna di essere vissuta.

  • Tu, raccontando di Luce, racconti di un pezzo di Italia ben definito. In cosa si differenzia quel pezzo di mondo rispetto al resto del nostro paese secondo te?

In realtà, io racconto la provincia e per certi versi tutte le province italiane si somigliano. Ciò che le differenzia sono le diverse tradizioni, le abitudini, la conformazione del territorio e perché no anche i modi di dire e il dialetto. Io cerco sempre di inserire qualche frase o parola dialettale, sono convinta che aiuti il lettore a immergersi più facilmente nell’atmosfera che voglio descrivere. Lodi è una città di medie dimensioni, con una storia secolare e una popolazione molto legata alle proprie origini e alle proprie tradizioni. È una città di pianura e questo è forse un aspetto che la differenzia da altre città delle stesse dimensioni, ma con caratteristiche geografiche diverse. Chi vive sul mare, in montagna, in una città turistica o in una metropoli del sud forse non apprezza una suggestiva mattinata nebbiosa nei campi della bassa, anzi la considererà qualcosa di negativo. Invece, è parte dell’identità di questo territorio e i lodigiani non solo ci sono abituati, ma sanno che ne è un tratto distintivo.

  • Quali sono i futuri progetti di Marina Bertamoni come scrittrice?

Il quinto episodio della serie di Luce Frambelli è in lavorazione, ci vorrà un po’ di tempo, spero non troppo, e spero che l’editore Carlo Frilli lo vorrà pubblicare quando glielo sottoporrò. In parallelo, ho un progetto che ha per protagonista un personaggio nuovo, che spero originale e ben congegnato, nato dall’esigenza di svincolarmi dalle procedure classiche di investigazione, con le quali spesso si rischia di commettere errori, se non si è del mestiere. Si tratta ancora di una donna, ma di un’investigatrice assolutamente fuori dagli schemi…

Non dico altro, perché ci sto ancora lavorando e spero che il progetto possa andare in porto presto. Incrocio le dita e mi auguro che, se la storia che ho in mente diventerà un romanzo, i lettori l’apprezzino come hanno apprezzato Luce Frambelli e le sue avventure.

Grazie di cuore a Marina per essere stata con noi e speriamo di averla ancora presto nostra ospite.

Grazie mille a te, a presto e buona lettura!

David Usilla

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