Intervista ad Elide Ceragioli autrice de: ” L’uomo che parlava alle pietre “

Ceragioli

 

 

Oggi con una breve intervista vediamo di conoscere meglio Elide Ceragioli, di cui abbiamo recensito il libro:

L’uomo che parlava alle pietre”

Nel libro, la figura più importante, quella che si erge al di sopra di ogni altra è quella della madre. È stato difficile calarsi nel ruolo di genitore primitivo e immaginare i vari stati d’animo che assalivano una donna di quell’epoca?

Intanto saluto tutti i miei lettori attuali e potenziali e ringrazio i “gufi narranti” per l’opportunità che mi offrono di dire qualcosa di me e dei miei libri.
Sono mamma di due figli e penso che la maternità sia un’esperienza che trascende il tempo e il luogo. Nonostante tutte le diversità di cultura, di conoscenze e di situazioni penso che quello che una donna prova, sentendo prima nascere e crescere in sé una nuova vita per nove mesi e poi avendola in custodia e avendone cura, in tutti i sensi, non siano molto diverse dalla preistoria. Le sensazioni che una mamma esperimenta dando alla luce una nuova creatura e poi i sentimenti, le preoccupazioni, le gioie e le ansie che costellano la crescita di un figlio sono le stesse sempre, e sempre diverse, indipendentemente dalle condizioni contingenti, oggi come seimila anni fa.

Nel suo lavoro di neuropsichiatra infantile si sentirà senz’altro coinvolta in casi di bambini problematici o disabili. Quanto la sua esperienza lavorativa l’ha aiutata ad immaginare la famiglia ancestrale così come l’ha descritta?

Grazie alla mia professione i bambini (e le famiglie) disabili e/o problematici sono la mia quotidianità da più di trent’anni. La mia attività professionale non può essere scissa dalla mia vita e senza dubbio mi ha resa più sensibile a attenta alle persone.

Ho imparato ad ascoltare i bisogni e questo mi ha molto aiutata ad immaginare e descrivere le persone nei loro rapporti familiari e sociali, anche se di un’epoca lontana millenni, ma alla fin fine non molto diversa dalla nostra.

Il libro ha diverse facce: c’è appunto la storia familiare, si parla della difficoltà di gestire una comunità e non mancano riferimenti magici e di spiritualità. Quale è stata la parte più difficile da descrivere?

Non saprei individuare una parte più difficile. Questo romanzo (come ogni mia narrazione) nasce da un incontro. In questo caso è stato quello con Ötzi, l’uomo venuto dal ghiaccio, la mummia del Similaun. È come se mi avesse detto: “Racconta la mia storia”. Mi ha preso per mano e mi ha accompagnato nel suo viaggio da quando il suoi genitori l’hanno concepito e poi cresciuto. Ho immaginato la sua vita e quella di coloro che avrebbe potuto incontrare e ho cercato di rivivere e descrivere i loro sentimenti, dubbi, fantasie, successi e difficoltà.

Come sempre, però, ho affiancato alla fantasia un lungo, accurato e serio lavoro di ricerca storica e scientifica: questa è sicuramente la parte più difficile, ma anche appagante e base indispensabile per dare a quello che scrivo un fondamento di verità, di storicità, di verosimiglianza e di plausibilità. Ho trovato molte testimonianze dell’esistenza di una ricca e intensa spiritualità nei nostri antenati preistorici. A loro, come a noi, la vita terrena non bastava, avevano la nostra stessa sete di immortalità e, soffrendo di solitudine come noi, hanno popolato l’universo di esseri dai poteri straordinari.

Quali sono i libri che ha amato di più, e che le hanno dato la spinta per iniziare a scrivere?

Leggo da sessant’anni in modo appassionato e un po’ onnivoro; scegliere tra numerosissimi testi mi è estremamente difficile: ognuno di loro mi ha dato qualcosa e ha condizionato i miei lavori.  Ho scritto e pubblicato il mio primo libro da ragazza (nel 1978). Ne è seguita una lunga pausa, poi ho ripreso una ventina d’anni fa e sono al quindicesimo titolo pubblicato.

I grandi giallisti, da Agatha Christie a Simenon fino agli attuali, hanno sicuramente dato un’impronta al mio filone giallo-poliziesco, ovviamente con le debite differenze. Autori che amo tantissimo sono Chesterton, Claudio Magri, Enzo Biagi, ma potrei citarne molti altri dai quali sento di dover imparare.

Cosa direbbe alle mamme di oggi, lontane anni luce dalla realtà scarna e crudele di Ola?

Ola viveva in una realtà scarna e crudele, ma poteva contare sull’amore incondizionato e del suo compagno, Uta, dei suoi figli, e anche degli amici (Gael) ed aveva in sé la forza degli insegnamenti e dell’educazione ricevuta da suo padre (Inno). Le mamme di oggi, spesso hanno meno di Ola.

Se posso dare un consiglio direi loro di far tesoro dell’esperienza che hanno vissuto come figlie e di condividere gioie e dolori, preoccupazioni e speranze, ansie e consolazioni, difficoltà e prospettive, che la maternità comporta, con il padre dei loro figli e di considerare i figli come un dono, ma non come una proprietà.

Il potere di Pua è reale nel libro, eppure è anche una metafora sulla potenza e la magia che ogni nuova vita porta nel mondo. Cosa vede nel futuro dell’umanità una scrittrice che incentra un così grande potere nelle mani di un bambino?

Ogni essere umano ha ricevuto la vita gratuitamente e dovrebbe considerarla come il dono più prezioso: sia la sua, che quella dei suoi simili.

L’uomo, da sempre, ha in sé il potere di vivere, di donare la vita o di distruggerla: a lui, alla sua intelligenza, al suo buon senso, mettere questo potere al servizio del Bene o del Male.

Ogni mia opera nasce, vive e si sviluppa in uno scenario che, per quanto spesso pervaso di negatività, ha come base la Speranza. Sempre, alla fine, il Bene prevale e il Male soccombe: questo è il messaggio che vorrei trasmettere ai miei lettori.

Il futuro dell’umanità, oggi, non si prospetta sicuramente roseo, ma l’uomo ha in sé tutte le potenzialità per fare un mondo migliore, se solo saprà tornare a guardare la realtà e la vita di ogni giorno con gli occhi innocenti di un bambino e con la sua capacità di relazioni senza condizioni e senza compromessi.

Ha già un nuovo progetto in cantiere? Sarebbe bello poter seguire altre avventure di Pua…

Come ben sa chi mi conosce, non pongo limiti alla mia fantasia. Per non ho in progetto di accompagnare Pua e compagni in una nuova avventura, ma nel futuro chissà!?

Dopo “L’uomo che parlava alle pietre” ho scritto e pubblicato due libri:

– un thriller storico, “Ildegarda e il mistero dell’arciere” (con protagonista Ildegarda di Bingen) in cui ho coniugato le mie due maggiori passioni letterarie: la storia medievale e il giallo

– “Favola bella”: una favola ecologica, i cui protagonisti sono gli alberi, illustrata da un ragazzo con disabilità intellettuale.

Ho finito da poco (ed è in fase di editing) un giallo-poliziesco, forse il primo di una seconda serie dopo “La squadra”. Non so ancora quando sarà pubblicato.

I nuovi progetti scaturiranno sicuramente dagli incontri che farò e sono un mistero anche per me.

Grazie per la disponibilità e alla prossima sulle pagine dei gufi narranti!

Grazie a voi dell’interesse e dalla possibilità di raccontarmi e… a presto, spero!

Didi Agostini

2 Risposte a “Intervista ad Elide Ceragioli autrice de: ” L’uomo che parlava alle pietre “”

  1. Ho letto l’uomo che parlava alle pietre, insolito, dolce negli affetti umani che non cambiano nel tempo e duro in quell’epoca primitiva dove la sopravvivenza era l’unica cosa da perseguire… affascinante fino all’ultima riga…

    1. Non so se l’hai letto in seguito alla nostra recensione, in tutti i casi grazie del passaggio e del commento 🙂 Sandra

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