Intervista a Lisa Beneventi – “La giostra della vita” (Nua Edizioni)

Intervista a Lisa Beneventi – “La giostra della vita” (Nua Edizioni)

Abbiamo da poco recensito “La giostra della vita” (Nua Edizioni) di Lisa Beneventi che è tornata, nostra graditissima ospite, a trovarci. Abbiamo quindi modo di approfondire i temi trattati nel suo ultimo lavoro e per soddisfare alcune nostre curiosità.

Buongiorno Lisa e ben tornata qui sulle nostre pagine, è sempre un grande piacere poter scambiare quattro chiacchiere con te.

  • Questo libro, a mio avviso, racconta molto nel dettaglio quella che è stata per tanto tempo la condizione della donna nel nostro paese. Sicuramente oggi la situazione è migliorata ma ci sono ancora molte cose da sistemare. Secondo te oggi come si potrebbe descrivere la condizione delle donne all’interno della nostra società?

È una situazione ambigua, complessa e contraddittoria, come del resto lo è anche quella dell’uomo. Certamente rispetto al 1800, la condizione femminile è molto migliorata ed è la stessa Costituzione a sancire il nuovo ruolo della donna nella società. Un tempo, quello in cui vissero i miei personaggi femminili, come Mimì, Regina, Lucia, Lena, fino a Teresa, nata nel 1924, la donna era soggetta alla volontà paterna e poi a quella del marito; non aveva diritto di parola (“Taci, donna!” si sentiva spesso ripetere); non le era permesso, in generale, di esprimere le proprie opinioni, di studiare, di fare scelte lavorative: Il suo ruolo era quello di fare figli e occuparsi della casa. Nelle famiglie contadine o meno abbienti lavorava anche nei campi, nelle stalle, nell’orto e finiva così per faticare anche più dell’uomo. Ora la donna è libera di studiare, di lavorare, di fare carriera, di essere autonoma e libera anche sessualmente, di godere degli stessi diritti e doveri dell’uomo, di arrivare ai vertici della politica. Sembra dunque che la Rivoluzione femminista abbia dato i suoi frutti, anche se la vera parità non è stata ancora del tutto raggiunta, ad esempio a livello salariale. Tuttavia, io credo che la condizione della donna oggi sia ancora molto problematica. Ce lo dimostrano i fatti di cronaca che quotidianamente leggiamo sui giornali. Se un tempo il “padre-marito padrone” si limitava, per così dire, a zittire la moglie o la figlia, a dare botte, a usare insomma violenza fisica e verbale, la donna di oggi teoricamente libera, indipendente, affrancata da ogni vincolo, è soggetta ancora a pregiudizi, a violenze non solo fisiche e verbali, ma anche psicologiche. Ricatti, stalking, molestie, atteggiamenti che mirano a svalutare il suo valore, ponendola in condizione di subordinazione, sia in famiglia, sia nell’ambiente lavorativo, sono all’ordine del giorno. Per non parlare dei femminicidi! Ci sono stati ben 285 omicidi di donne fino a oggi dall’inizio del 2023. Mi chiedo se tale situazione non dipenda anche da una “crisi dell’uomo d’oggi”, da una crisi di un sistema di ruoli e di valori che avevano, apparentemente, funzionato fin verso gli anni ’60.

Mi piacerebbe scrivere il seguito della mia saga familiare e, osservando quando succede ai giorni nostri, immaginare l’evolversi dei rapporti tra uomini e donne della quinta e sesta generazione dei Colombo.

 

  • Con il precedente libro, “Siamo come le farfalle” (Nua Edizioni), hai raccontato, in forma di saga famigliare, la storia della tua famiglia, delle tue origini. In questo nuovo lavoro metti in scena, partendo dalla storia di Domenico Colombo, una nuova ed articolata saga famigliare. Da dove è partita l’ispirazione per questo nuovo romanzo?

L’idea era già in nuce quando scrivevo “Siamo come le farfalle”. Avevo già in mente l’idea di raccontare la storia di una famiglia, sempre reggiana, che si contrapponesse a quella dei Beneventi e dei Burani del primo romanzo. La mia intenzione era di mettere in scena due ambienti diversi: il primo, quello della zona pedecollinare, più aperto e sensibile alle idee illuministe, della Rivoluzione francese, del socialismo riformista prampolinano e del comunismo; il secondo, quello della “bassa reggiana”, più legato a un ideale politico moderato e cattolico. Volevo presentare delle famiglie diverse sul piano economico: quelle dei Beneventi e dei Burani, composte da contadini, artigiani e muratori, senza alcuna scolarizzazione, ma convinte che solo grazie allo studio sarebbe stata possibile una emancipazione sociale e politica; un’altra, quella dei Colombo, che pur venendo dal nulla, si era arricchita, acquisendo proprietà e ricchezze; i Colombo approfittando del benessere raggiunto e conducendo una vita sregolata non sostenuta da solidi ideali, sentendosi al di sopra di tutto e di tutti, sempre un passo avanti rispetto agli altri (è il caso di Giacomo Colombo), finirono poi per perdere tutto, compresi quei valori di onestà e di impegno che avevano caratterizzato il capostipite. Se ad alcuni dei giovani della terza generazione dei Colombo fu consesso accedere agli studi anche a livello superiore, ciò aveva più il significato di una ascesa al ceto della borghesia che il frutto della convinzione dell’importanza della cultura come valore intrinseco. Fare studiare i figli diventava una sorta di affermazione del prestigio della famiglia; per questo, le donne restavano escluse: il loro compito era un altro. Resta da dire che i membri delle famiglie Beneventi e Burani furono costretti a lottare per quasi tutta la loro vita per la sopravvivenza e la realizzazione dei loro ideali. Erano quindi uomini e donne forti, salvo alcune eccezioni, che non hanno avuto paura di affrontare le difficoltà che la vita riservava loro. I Colombo, invece, erano solo apparentemente forti: in realtà essi indossavano delle maschere per apparire le persone sicure, oneste, buone, per apparire ciò che non erano. In realtà essi erano dei fanfaroni, dei millantatori, dei bugiardi, persone che si nascondevano dietro una maschera, che non riuscivano ad accettare i loro errori, le loro colpe, il loro passato. Le donne erano deboli, fragili: tutte, ad eccezione della pronipote del capostipite, Donatella che assumerà sulle sue spalle tutto il peso della storia della sua famiglia e tutti gli scheletri che gli altri familiari hanno voluto virtualmente nascondere a tutti e chiudere per sempre in un armadio.

  1. Nel corso della lettura di questo libro mi sono accorto di come tu abbia presentato i maschi della famiglia Colombo come uomini sempre alla ricerca di una visibilità, di considerazione da parte degli altri, vogliosi di spiccare rispetto alla massa, disposti anche a sacrificare tutto pur di emergere. Come mai hai voluto dare loro questa connotazione?

Come ho detto sopra, ho insistito su questo aspetto proprio per dare una visione dell’uomo diversa da quella emersa nella saga del mio primo romanzo. Perché nella vita, passata e presente, c’è tutto questo, ci sono gli uomini onesti, lavoratori, rispettosi e ci sono gli uomini che tali non sono. È la realtà della vita. E forse è proprio a causa di uomini come i Colombo che la situazione della donna di oggi è così drammaticamente messa in crisi. Uomini come i Colombo, che a partire dalla seconda metà del ‘900 hanno perso la loro identità di “padri-padroni”, il loro potere e la loro autorità sulla donna, sono andati in crisi. Hanno perso l’ordine morale e simbolico in cui hanno vissuto per secoli, hanno visto svanire le pratiche che davano certezza e senso alla loro esistenza, hanno visto dissolversi il modello e i valori di vita ai quali erano stati educati. E… si sono smarriti, sono diventati fragili, incapaci di mettersi alla pari con le donne. Forse da questo disorientamento, che oggi si manifesta in forme di violenza di vario tipo, possono nascere nuove opportunità, nuove rappresentazioni di sé e nuove modalità di relazioni tra uomo e donna. E, forse, le giovani generazioni degli anni 2000 stanno già superando questa “crisi” del vecchio modello maschile. Ma molto resta fa fare, a mio avviso, in famiglia e nelle scuole.

 

4   Mi ha colpito molto il tuo racconto dell’alluvione che colpì Gualtieri e i comuni limitrofi. In questi giorni questo racconto assume, se è possibile ancora più forza. Se non ricordo male è la stessa di cui si racconta anche in uno dei film di Don Camillo e Peppone giusto? Tu hai ricordi di quei giorni? Se si quali?

Io ero molto piccola ai tempi dell’alluvione della “bassa” reggiana e non ho ricordi personali, tanto più che io abitavo in centro a Reggio Emilia. Ricordo solo che ne sentivo parlare e che si facevano offerte in denaro, vestiti e prodotti alimentari come sempre succede in questi drammatici eventi. Mio marito invece, che abitava a Gualtieri, uno dei paesi coinvolti, sebbene fosse anche lui molto piccolo, ha ricordi molto vivi. E sono i suoi ricordi che ho riportato nel romanzo unitamente a quelli di parenti e amici che hanno vissuto quel dramma.

5   I tuoi libri hanno il grande pregio di restituirci un ritratto davvero molto interessante di quella che è stata ed è la bassa reggiana, ci racconti quel territorio in maniera davvero molto vivido e particolareggiato. Che valore hanno secondo te, in termini di eredità storica e culturale, romanzi come i tuoi, in cui si raccontano pezzi del nostro territorio nazionale?

 

Sono una grande appassionata di storia. La lettura di romanzi storici, che ho da sempre amato, mi permette di rivivere il passato attraverso la rievocazione di atmosfere, usi, costumi, mentalità, di cui poco si parla nei libri scolastici; mi permette di rivivere gli eventi attraverso le azioni, i sentimenti, la sensibilità dei personaggi che il romanziere mette in scena, siano essi realmente esistiti o immaginati. La storia, quindi, non è fatta solo di date, di nomi, di guerre, ma è “maestra di vita”, come diceva Cicerone, ci insegna a non ripetere gli errori del passato, poiché tutto si ripete nella storia, tra alti e bassi, tra pace e guerra, tra amore e odio.

La storia, le tradizioni, la cultura sono il cemento che unisce una famiglia, un paese, un popolo che si riconosce in esse e che con esse costruisce la propria irrinunciabile identità.   

Mi è venuto naturale scrivere romanzi storici. Non sarei mai capace, per esempio, di scrivere dei “gialli”. Il mio primo romanzo è nato proprio dal bisogno di raccontare ai miei figli e ai miei nipoti la storia della nostra famiglia per lasciare loro questa importante eredità di valori, di ricordi, di cultura, più importante di qualsiasi altra eredità; per dire loro chi siamo, da dove veniamo, cosa ci hanno insegnato i nostri antenati, le luci e le ombre; un’eredità che nutre la nostra mente e la nostra anima rendendoci capaci di capire meglio la nostra vita, il posto che teniamo e i rapporti con gli altri uomini e gli altri popoli.

I miei lettori sono prevalentemente persone che si trovano nel “mezzo del cammin di nostra vita”, le quali amano sentir parlare del loro passato o rivivere ciò che i loro genitori e i loro nonni hanno raccontato della storia italiana ed europea più o meno recente. Io credo invece che dovrebbero essere i giovani adolescenti di oggi ad accostarsi ai miei libri e ai romanzi storici di questo genere. È per loro che io scrivo, affinché prendano coscienza di sé e imparino a capire il mondo in cui vivono e ciò che avviene intorno a loro.

 

6   Leggendo i tuoi libri,  e non solo, mi rendo conto di come il 900 sia stato un secolo di grandi cambiamenti, di rivoluzioni epocali, di continua metamorfosi della nostra società. Questo, a mio parere, lo porta ad essere un periodo storico molto ricco di spunti su cui costruire storie e racconti. Secondo te questi primi anni del 2000 cosa potranno lasciare da questo punto di vista ai nostri nipoti? Che futuro vedi?

Sono ottimista per natura. Tuttavia… mi preoccupa il futuro dei nostri giovani, il mondo in cui viviamo. Ripeto spesso alla mia nipotina quindicenne che quando io ero una bambina c’era solo la radio e la sera mia madre e io ci riunivamo intorno al tavolo ad ascoltarla: lei cuciva, io disegnavo. Mio padre, come la maggior parte degli uomini di quell’epoca, andava al caffè a giocare a carte con gli amici o a discutere di politica. Glielo racconto per farle capire come è cambiato il mondo, tanto che, fra qualche anno, i giovani d’oggi potranno andare in vacanza sulla luna. Un altro esempio: appena laureata ho avuto subito la cattedra a tempo indeterminato. Oggi si ottiene una cattedra dopo anni di precariato. Mio padre, quando avevo l’età di mia nipote, non mi concedeva molta libertà, mi obbligava a lavorare il sabato, anche se studiavo, e così facendo mi inculcava solidi valori di onestà, di altruismo, di impegno, mi insegnava l’importanza del lavoro e della cultura, del bene comune. Non voglio esaltare un passato che aveva tanti limiti e difetti, ma non posso fare a meno, ora, di osservare intorno a me un mondo in disfacimento: guerre, odio, droga, omicidi, violenza… “Non è più il mio mondo”, mi verrebbe da dire, come affermerebbero molte persone non più giovanissime. Ma “no!”, mi ripeto. “Questo è il mio mondo!” Quello che abbiamo costruito noi! E allora? Guardiamoci bene attorno: ci sono ancora i bravi ragazzi, che studiano, che si impegnano nel volontariato, che vogliono fare qualcosa di buono della loro vita. Quindi, forza, mi dico! Se i primi venti anni del 2000 non sono stati un granché, aiutiamo questi giovani a realizzare i loro sogni, i loro ideali; educhiamoli, in famiglia e a scuola, ai veri valori, all’amore, alla solidarietà, al rispetto, alla buona educazione. E allora vedremo cosa succederà.

 

7   Dopo due libri cosi belli e cosi importanti quali sono i tuoi prossimi progetti letterari e non?

Credo di essere una persona molto attiva e sempre con mille progetti in testa. Partiamo da quelli non letterari. In febbraio riprenderò a fare mostre coi miei dipinti. Dall’inizio dell’epidemia del Covid le esposizioni sono state sospese, ma ora sono pronta a riprendere in mano i colori. Sul piano letterario posso già annunciare che il 15 marzo prossimo uscirà il mio terzo romanzo: “Il mistero della figlia del re. Madame Royale” È un romanzo storico ambientato in Francia durante la Rivoluzione francese. Fa parte di una trilogia dedicata a Maria Teresa Carlotta, la figlia di Luigi XVI e di Maria Antonietta. Si tratta di un personaggio poco conosciuto in Italia di cui non si parla nei libri scolastici, ma che ha attirato fortemente la mia attenzione perché su di lei e sul suo destino aleggia un’aura di mistero che scoprirete leggendo i tre volumi. Sto scrivendo la seconda parte; la terza è già abbozzata nella mia mente. Ma non pensate che io mi fermi qui!

 

Grazie mille a Lisa Beneventi per essere stata ancora una volta nostra graditissima ospite e speriamo che presto possa tornare a trovarci.

David Usilla

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