Intervista a Gino Marchitelli – In viaggio con il morto – Red Duck Edizioni.
Abbiamo il piacere di ospitare nuovamente Gino Marchitelli, dopo aver recensito il suo romanzo In viaggio con il morto, ecco la nostra chiacchierata!
D: Questo romanzo, per quanto tratti anche tematiche a te care, è molto diverso dai tuoi scritti precedenti, come ti sei trovato durante la scrittura del romanzo?
Bene, è stato anche un po’ “divertente” rispetto al solito perché l’idea è nata dall’aumento esponenziale di casi di anziani morti in casa e di familiari che, invece di denunciarne la scomparsa, li “nascondono” per continuare a percepire la pensione. E’ una situazione tragicomica tipica della nostra società che veleggia sempre più verso una deriva di ignoranza, superficialità, arroganza e egoismo davvero preoccupante. Diciamo che è stupefacente la quantità di scemi (e di peggio) che addirittura arrivano a mettere i cadaveri dei loro cari nei freezer per portarsi a casa l’introito mensile. E’ il segnale di un degrado che sta sfiorando la messa in discussione, a mio parere, della stessa democrazia… guardiamo cosa dice e cosa fa la politica – soprattutto di destra – ed ecco la fotografia del male che si sta spargendo per il Paese.
D: La variegata combriccola di personaggi è davvero singolare, vuoi parlarci di loro?
Volevo per prima cosa mettere al centro una famiglia di persone marginalizzate, border-line, che vivono a fatica e spesso di espedienti e spaccio. Gente che in un’altra situazione avrebbe forse avuto la possibilità di cambiare la propria vita. Questa famiglia incontra però il disinteresse delle istituzioni, ed essendo molto ignoranti e senza prospettive di lavoro degno, non trovano altra soluzione che portarsi a casa quello che serve alla loro sopravvivenza in qualsiasi modo. Delinquere diventa naturale e nemmeno si sentono in colpa perché è l’unica possibilità che hanno davanti… il personaggio cardine, a mio parere, è il giovane e muscoloso migrante di colore Terzus. Terzus è uno che ha passato una montagna di guai non per sua colpa: ha attraversato il Mediterraneo scappando da guerra, fame e dai lager Libici, è arrivato in Italia pieno di speranze ma si è scontrato con questo mondo occidentale accogliente solo a parole e si è fatto i centri di accoglienza, ha preso le botte, ha lavorato nei campi per meno di due euro l’ora… insomma è un rifiutato dal sistema. Ovvio che quando arriva nell’hinterland metropolitano e trova una famiglia, per quanto sgangherata ma per lui meglio di com’è stata la sua vita, che lo accoglie, lo ospita, condivide con lui cibo e “letto” e gli da un lavoro… ovvero spacciatore di droga, non può far altro che essere grato. Come possiamo giudicarlo? Qual è il confine tra la cosiddetta legalità delle botte e l’emarginazione e una famiglia che ti da una possibilità? Però, durante il viaggio, penserà a un altro suo amico migrante che alla fine è riuscito a ritagliarsi una vita più felice e non illegale, Terzus vorrebbe seguire il suo esempio ma gli sembra irraggiungibile… però ci pensa (e questo è il suo riscatto alla faccia dei vari Salvini, Meloni e accozzaglie varie).
Lucia la rossa ha il marito in carcere e deve tenere in piedi la famiglia con lavori strampalati e badare al figlio Tommy che è un disagiato sociale, ma Lucia (Lucy) che ne sa di disagio? Far felice il bambino suo, anche con cibi spazzatura e televisione la rende madre felice. La sorella Mantide sopravvive all’abbandono di chi l’ha messa in cinta e le ha lasciato una figlia ormai adolescente, Jenny, attiva nelle bande del quartiere disperato ma che sogna “l’amore” che forse la riscatterà da una vita senza futuro… e farà una scelta dirompente. E infine c’è, o meglio c’era, nonno Tancredi in carrozzina, morto in casa per il caldo nell’agosto del 2022, con un passato terribile e delinquenziale però ha la pensione che, per quanto piccola, serve… e di conseguenza questa odierna armata Brancaleone lo deve far sparire e tenersi la pecunia…Da qui il viaggio con tutto il suo portato di follia, speranza, scoperta e anche “vacanza”… in un’Italia fatta di incontri sorprendenti in tutti i sensi.
D: Il romanzo è pervaso da una sorta di malinconia e di spirito di rivalsa, quale messaggio hai voluto veicolare con la tua storia?
Il messaggio è che dietro all’emarginazione sociale forse si nasconde, spesso e NON sempre, un universo di persone che se inserite in una condizione sociale differente, dove venga concessa un’altra visione della vita, il futuro può cambiare e anche in meglio. O no?
D: Nonostante questo sia un romanzo “atipico” per te, si trova qua e là la firma del Marchitelli classico, quando hai sentito dentro di te questa empatia verso i “più deboli”?
In realtà a livello personale i “sottoproletari” non mi stanno particolarmente simpatici, anzi, spesso sono fascisti e razzisti peggio dei governanti. Più vengono sfruttati e oppressi dal sistema politico di destra e più votano a destra, anelano a farseli amici e ottenere favori dai peggio fascistoidi in giacca e cravatta. Alcuni di loro sono irrecuperabili ma la responsabilità di una società di emme nella quale galleggiano è solo colpa loro o è li prodotto di un sistema di governo che ha bisogno di questi serbatoi di ignoranza, delinquenza e violenza per perpetrare se stesso e avere “manodopera” pronta da utilizzare per i loro interessi. Ricordiamoci che i colpi di stato e le dittature nazi-fasciste utilizzano da sempre questi serbatoi sociali.
Detto questo e condannando loro e chi li usa penso che molti potrebbero cambiare vita se fosse data loro una possibilità. Il romanzo racconta di questo desiderio di fondo e anche dell’incapacità a cambiare.
D: Nel romanzo c’è un assai poco velato omaggio a Don Gallo, tu l’hai conosciuto? Vuoi raccontarci perché hai scelto di inserirlo?
Personalmente non ho conosciuto Don Gallo anche se ci siamo sfiorati in tante occasioni politiche e sociali. Don Gallo è stato il vero esempio dell’applicazione del Vangelo in senso comunista… ovvero l’accoglienza a prescindere, senza giudicare, e denunciare sempre le responsabilità che vengono dall’alto in questo mondo terribile.
D: Il finale non è credo quello che noi lettori ci aspettavamo. Tu avevi deciso da subito di farlo finire così?
Si. Non c’è un lieto fine generale, ma i lettori potranno trovare diversi “lieto fine” singolari di alcuni personaggi e l’esito inevitabile di un reato. Devo dire che quando ho visto che tipo di condanne sono previste per l’occultamento di cadavere sono rimasto sorpreso, pensavo ci fossero pene differenti e più severe. Chissà se Terzus riuscirà ad arrivare a fare teatro con il prete molisano… (leggete e trovate).
Grazie mille per essere tornato a trovarci, ti aspettiamo con il prossimo lavoro!
Sandra Pauletto