Heads. – Collider – Le voci poetiche della claustrofobia oscura.

Heads. – Collider

Anno: 2018

Paese di provenienza: Germania

Genere: post hardcore

Membri: Ed Fraser – chitarra e voce; Chris Breuer – basso; Peter Voigtmann – batteria

Casa discografica: The Charming Man Records

  1. At The Coast
  2. Urges
  3. Last Gasp Shout
  4. Mannequin
  5. Smile
  6. Wolves At The Door
  7. Samsa
  8. To Call And Let It Ring
  9. Collider
  10. Youth

L’acqua scendeva a catinelle a Milano. Contemporaneamente, sabato 27 Ottobre, nella taverna del Ligera di via Padova, in apertura ai Whores, suonavano gli Heads. Vi ricorda la teoria del caos? Non potrebbe essere diversamente. L’umidità che si abbatteva sulla mia testa mi provocava molto sconforto, mentre tutto ciò che avveniva all’interno del locale mi rincuorava. Già, perchè in quello scantinato è successo qualcosa. É andato in onda per i presenti uno spettacolo forse acerbo, ma che mostra già un’impronta curiosa, subito convincente per la connessione tra gli interpreti capaci, nonostante l’estetica modaiola, di mostrare un lato forse inedito e meno prevedibile del panorama musicale recente.

Inquadrare esattamente gli Heads., da Berlino, non è facile. Di sicuro c’è una derivazione post hardcore, che può ricordare le claustrofobie soniche di Helmet e simili, ma è impossibile non notare, soprattutto in questo ultimo Collider, un’infiltrazione più pop e meno rabbiosa. La categorizzazione, come a volte succede, fa’ confusione. In giro su di loro si legge un po’ di tutto: noise, sludge rock, hardcore ecc. Il gruppo tedesco è particolare e personalmente l’assonanza che ho trovato più preponderante all’interno di Collider è quella nu metal/ alternative rock. E’ come se avessero trovato il modo di far combaciare perfettamente due mondi diversi, ma neanche troppo lontani, e si fossero sistemati in mezzo. E’ questo il loro talento. La loro ragione d’essere.

Non a caso, dopo essere avvolti dalla cavernosa verve rutilante di At The Coast, che ci mostra fulgidamente l’Heads. pensiero, non possono che essere i primi Deftones a tornare in mente ascoltando le atmosfere liquide e ovattate di Urges. Siamo solo all’inizio. Last Gasp Shout infatti sposta l’asticella un po’ più avanti, seguendo una linea tutt’altro che scontata e trascendendo i generi. A tale proposito mi sovviene quello che mi disse quella stessa sera il bassista Chris Breuer, rincalzando alla mia osservazione: “Siete molto anni ’90!” e lui: “Ah si? Ok, grazie. Non è quello che vogliamo, ma ok.” Talvolta mi capita di pensare che i musicisti siano un po’ falsi o falsamente modesti, ma forse ha ragione. Agli Heads. magari degli anni ’90 non importa un fico secco e quello che vogliono fare è nuova musica. Ci può stare, perchè ci riescono. Magari devono correggere il tiro ogni tanto, cercare di mantenere l’attenzione alta ed evitare passaggi troppo ampollosi (Mannequin, Smile e Collider non sono pezzi entusiasmanti, fattispecie per l’ultimo, un ardito e breve vocale melodico senza accompagnamenti musicali). Sicuramente i due brani migliori sono Wolves At The Door e Youth. Perle di precoce saggezza e buon gusto. Nella prima il crescendo è affidato ad un’accoppiata basso – batteria essenziale ma di estrema e contagiosa efficacia. Volenti o nolenti qui sono autori di un vivido viaggio negli anni ’90 e nelle sue strutture quadrate, prive di orpelli e tutte votate all’emotività.

Youth è magica. Chitarra corposa che si abbatte poderosamente sull’ascoltatore, ingentilita dalla voce placida e baritonale di Ed, una carezza nello sporco, una promessa di pace nel sudiciume quotidiano. Gli Swans che incontrano gli Staind. I Death In June che si avvicendano con gli Adema. In questa confusione sinestetica si sprigiona la magia degli Heads. Tuttavia non è tutto semplice e lineare quello che partoriscono le loro menti. Samsa e To Call And Let It Ring sfidano le strutture più convenzionali servendosi di fischi di chitarra, affondi imprevedibili e strozzati, fraseggi intimisti e vocalizzi conturbanti. Sotto intanto si agita una disperazione palpabile. La stessa che dannava i primi vagiti new wave dark, così come quelli industrial, quelli post hardcore storti ed indecifrabili. Con gli Heads. niente è scontato. E’ tutto caos piegato ad una consapevolezza tutt’altro che disorganizzata. Da una parte del mondo una farfalla sbatte le ali, dall’altra si scatenano gli Heads. E’ sempre caos. L’imprevedibilità. La speranza.

Voto: 8

Zanini Marco

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