Intervista a Franco Mimmi autore de: “Su l’arida schiena…”

Intervista a Franco Mimmi autore de: “Su l’arida schiena…”

 

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Buongiorno a Franco Mimmi, grazie per aver accettato di rispondere alle mie domande. Possiamo darci del tu?

Molto meglio con il tu: per secoli e secoli è stato l’unico modo di rivolgersi al proprio interlocutore, un approccio diretto e davvero personale. Il voi e il lei sono sovrastrutture della civiltà, il che non toglie che vadano usati quando sono attesi come forma di rispetto.

Leggere il tuo romanzo è stato un piacere nonché un onore. È un’opera solo all’ apparenza semplice

Sono lieto che ti sia piaciuto, e hai ragione: sotto l’apparente semplicità c’è un intreccio strutturale che ha richiesto un notevole lavoro, perché la vicenda viene via via vista e rilanciata da tutti i personaggi, e questo è costato un forte impegno anche sul piano stilistico.

Come è nata questa idea? Vi è stato un evento particolare che ti ha ispirato oppure si è trattato di un lavoro maturato nel tempo?

 

Il libro nasce da due frasi che mi colpirono: la prima – “In questo mondo siamo tutti, e non possiamo non esserlo, carichi di colpe” – è da Jane Eyre, di Charlotte Brontë, e la seconda – “Il Grande Gioco è finito quando tutti sono morti, non prima” – è dal Kim di Rudyard Kipling. Col tempo nella mia testa le due frasi sono andate fondendosi, spingendomi a creare una storia in cui si metta appunto in evidenza come nessuno possa vantare una innocenza assoluta, e come, al leopardiano “apparir del vero”, anche per i meno colpevoli sia impossibile sottrarsi al castigo, alla caduta.

Parliamo dei personaggi. Tutti umani, tranne il gatto nero, ognuno con una caratteristica saliente che ne domina l’esistenza. Questo quasi tu abbia voluto scindere i più elementari impulsi della natura umana costruendovi attorno dei personaggi, a loro volta “imprigionandoli” in un ambiente “isolato da tutto e da tutti”. Che ci vuoi dire a riguardo?

Certo, è così: ogni personaggio porta con sé alcuni degli impulsi che muovono tutti noi, la bontà e l’astuzia, l’amore e l’indifferenza, l’avarizia e la violenza, impulsi che in quell’ambiente “isolato da tutto e da tutti” vengono a volte soffocati ma a volte esasperati e spinti all’esplosione.

Adesso vorrei concentrarmi sulla ambientazione. “Tor Morella” paese arroccato sull’appennino, talmente remoto da rimanere isolato per lunghi periodi. Solo una brillante idea oppure la trasfigurazione della solitudine umana?

In un romanzo, e non solo in un giallo o un noir, spesso i personaggi finiscono in qualche misura reclusi in un ambiente destinato a divenire a sua volta protagonista, pensiamo per esempio alla montagna incantata di Thomas Mann o alla Bahia di Jorge Amado. Un antico villaggio appenninico, con le sue case come scheletri di pietra e la sua condanna invernale all’isolamento nonostante i tempi moderni, mi sembrò l’ideale per imprigionarvi i protagonisti nell’assedio della neve e della loro solitudine, come giustamente rilevi tu.

Concludiamo con una domanda più personale. Mark Twain, George Orwell e Truman Capote scrivevano a letto. Capote arrivò a definirsi “un autore completamente orizzontale”. D’altro canto Charles Dickens, Lewis Carroll scrivevano in piedi, Dumas lavorava usando tecniche a colori. Spesso gli scrittori, per immergersi nel lavoro, sposano modi di fare curiosi. Hai qualche abitudine, che vorresti condividere con noi, di cui non puoi fare a meno quando sei impegnato a sviluppare una tua opera?

La mia abitudine è, purtroppo, la pigrizia. Questo fa sì che per mesi, al sorgere di una idea, io la lasci maturare e gonfiare e prendere forma fino ad avere il libro praticamente scritto in testa, pur di non dovermi mettere a scrivere davvero. A quel punto sono costretto a mettere giù con carta e penna almeno qualche nota, qualche frase, fino a che non ho più scuse e allora mi impongo un compito quotidiano, ma poco, trenta righe, che vado contando perché la trentesima arriva come una liberazione. Poi incomincia il lavoro vero: riscrivere, tagliare, soprattutto non avere paura di tagliare. Non c’è nulla come togliergli il superfluo, per migliorare un romanzo.

Grazie a Franco Mimmi per le  risposte e per il tempo dedicatoci e alla prossima sulle pagine dei gufi narranti!

Emanuele Airola

PS il libro: “Su l’arida schiena del formidabil monte sterminator..” Racconto d’inverno è recensito nel nostro archivio

Franco MImmi si racconta: Nato a Bologna nel 1942, vivo in Spagna dal 1991. Laureato in Lettere, ho fatto due mestieri simili e assai diversi al tempo stesso: giornalista e scrittore. Come giornalista ho lavorato per Il Resto del Carlino e La Stampa, il Mondo e Italia Oggi, dalla Spagna sono stato corrispondente per Il Sole-24 Ore e ho scritto anche per il Corriere della Sera, L’Unità e L’Espresso. Come scrittore ho pubblicato con varie case editrici (Cappelli, Frassinelli, Diabasis, Aliberti), ma alcuni anni  fa decisi di esplorare le nuove strade offerte da internet e optai per l’auto-pubblicazione. La mia bibliografia comprende una ventina di titoli e ho ricevuto alcuni premi letterari tra cui lo Scanno Opera Prima e il Premio Scerbanenco-La Stampa, poi ho deciso di non concorrere più a tali premi. Nei miei romanzi cerco di affrontare i grandi problemi sociali del tempo attuale, e talvolta uso a questo scopo scenari da romanzo storico.  Credo che uno scrittore non possa fare a meno di osservare il tempo in cui vive, e descriverlo, e giudicarlo: credo che questo sia il suo modo di lottare per un mondo meno ingiusto.

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