“In clinica psichiatrica c’è il glicine fiorito” – Barbara Giangravè – Fides Edizioni.

Recensione: “In clinica psichiatrica c’è il glicine fiorito” – Barbara Giangravè – Fides Edizioni.

 

Dal 13 maggio 1978 quando entrò in vigore la legge 180, che ha di fatto chiuso i manicomi con l’idea di creare strutture migliori per aiutare tutti coloro che soffrivano di malattie mentali più o meno gravi, si è fatto ben poco o forse nulla.

La mia affermazione è frutto di notizie certe, sia per aver avuto modo, da ospite, di frequentare queste poche nuove strutture, sia perché vivo e sono nata a Trieste e mia mamma in un ospedale psichiatrico ci ha lavorato prima e dopo la legge Basaglia.

La testimonianza di Barbara Giangravè va a rompere un silenzio imbarazzante sull’argomento, attorno al quale tutti parlano sottovoce, quelle poche volte che ne parlano.

Di recente Fedez ha provato a mettere un piccolo riflettore sulla salute mentale, ma l’ argomento continua a rimanere tabù.

Ben vengano quindi libri come “In clinica psichiatrica c’è il glicine fiorito” perché dà voce ad una realtà sottovalutata, vista sempre con lo stereotipo ed il pregiudizio,  che ritiene i degenti di quelle strutture semplicemente matti e irrecuperabili.

Barbara Giangravè con il suo volume fa chiarezza e dimostra che non è così.

Un libro pulito e diretto, come un pugno nello stomaco, che non fa sconti a nessuno e che fa paurosamente pensare.

Un tempo per curare i disturbi mentali si ricorreva all’elettroshock, in altri casi alla lobotomia, poi con l’avvento degli psicofarmaci la situazione è in qualche modo migliorata, ma non sempre all’interno di queste strutture vengono somministrati con raziocinio e capita che se ne abusi.

Fortunatamente esiste il paziente consapevole che se ne accorge e quando può interagisce con il corpo medico e regola il dosaggi.

Purtroppo c’è  anche chi,  non avendo la forza di segnalare che la terapia non va bene, viene trasformato in uno zombie, sicuramente più facile da gestire per la società e per la struttura, ma di fatto impossibilitato a fare una vita normale.

Quali sono le dinamiche e le giornate in una clinica psichiatrica potrete toccarlo con mano grazie alle testimonianza di Barbara Giangravè, che ha vissuto sulla sua pelle un periodo di degenza dentro una di queste strutture.

Quando ho letto il titolo del libro ho pensato subito alla poetessa Alda Merini e per quanto questo testo sia scritto in prosa, lo trovo a tratti poetico, un inno alla vita, all’autodeterminazione, al coraggio di chiedere aiuto senza soccombere tendendo un braccio per farsi aiutare ed alzarsi, ma continuando a combattere con le proprie forze per aiutare chi ti aiuta, con l’onestà dei propri limiti, e la consapevolezza di quanto questi possano essere stati, involontariamente, un problema per chi le stava attorno.

Non conosco personalmente l’ autrice di questo libro, ma dopo averlo letto è come se la conoscessi un po’, e mi sento di dire che Barbara Giangravè è una donna con le palle, un esempio per molti, una che sa il fatto suo anche se a volte lei magari non se ne rende conto.

Il disturbo mentale è una realtà molto più diffusa di quanto si voglia ammettere, e la depressione (a vari livelli) colpisce più di quanti ci piacerebbe pensare.

“In clinica psichiatrica c’è un glicine fiorito” e in quel Glicine io ci leggo un segno di rinascita, una rivincita sulla malattia, e spero che questi Glicini, anche grazie al libro di Barbara Giangravè, fioriscano ovunque ci sia un disagio mentale, non solo sulla copertina del suo libro, ma anche in altre delle sempre poche, cliniche psichiatriche.

Sandra Pauletto

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