Excursus sulla struttura dell’ Inferno dantesco

Excursus sulla struttura dell’ Inferno dantesco

 

Oggi faremo un excursus sull’Inferno dantesco, sulla sua struttura, i suoi “ospiti” e le sue pene, perché tutti hanno sentito parlare di Dante e della sua opera più famosa, la Divina Commedia ma molti, per timore o falsi pregiudizi, non se ne sono mai avvicinati.

Questo testo sarà volutamente divulgativo con la speranza uno, di avvicinare più persone possibili all’opera, due, fare un lavoro utile agli studenti ai quali un lavoro simile, se ben fatto come spero lo valuterete, torna sempre comodo.

 

Dante all’inizio del suo viaggio si perde in un bosco dove, dopo aver affrontato le tre fiere di cui abbiamo parlato in altri articoli, incontra lo spirito di Virgilio, da Dante considerato Massimo Poeta e sarà lui che lo accompagnerà nei nove cerchi dell’Inferno.

A questo luogo dannato si entra attraverso una grande porta senza battenti sulla cui cima campeggia la nota frase che magari avrete usato più volte senza saperne la provenienza: “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate.”

La struttura complessiva dell’Inferno è paragonabile ad un immenso cratere a forma di imbuto, ossia, largo in partenza e va restringendosi man mano che si scende.

La genesi di questo luogo è sempre stata spiegata come la conseguenza dell’impatto della caduta di Lucifero cacciato dal cielo.

L’Inferno è costituito da livelli, dal più alto (e più largo) al più basso e più stretto, che sono chiamati CERCHI.

Non solo più si scende, più lo spazio si restringe, ma più si scende e maggiori sono le pene dei dannati e le loro colpe.

Tra l’ entrata della porta senza battenti e il primo cerchio Dante ha posizionato quella che potremmo definire una sorta di anticamera, comunemente chiamata ANTINFERNO, dove il suffisso ANTI non è da intendere come qualcosa che va contro, ma come invece vale per “antincendio”, o “antiappannante” con il significato latino di ANTE, ossia prima, precedente.

Nell’antinferno trovano posto:

* i codardi e

* gli ignavi, ossia tutti coloro che durante la loro vita non sono stati capaci di schierarsi e prendere posizione per una cosa per l’altra. Non hanno spazio quindi all’Inferno ma neanche possono aspirare al Paradiso.

La loro pena è quella di camminare in eterno, nudi e punti da vespe, mosconi (sulla parte alta del corpo, mentre i piedi divorati da quelli che Dante chiama vermi).

Per passare dall’antinferno all’Inferno vero e proprio la moltitudine di anime deve attraversare il primo dei fiumi infernali Acheronte, per farlo devono salire sul legno di Caronte, primo guardiano infernale (di cui esiste un approfondimento). La folla si accalca mentre Caronte a suon di legnate fa salire sul suo “traghetto” sul quale ovviamente salgono anche Virgilio e Dante. Geniale che il poeta sottolinei il fatto che quando sale Virgilio non succede nulla, mentre quando sale lui la barca sprofonda leggermente (in quanto essendo vivo ha un suo peso a differenza delle anime incorporee).

Una volta attraversato il fiume le anime passano davanti al giudizio di Minosse che in qualità, appunto, di giudice infernale, ha il compito di decidere, in base al peccato compiuto in vita dal dannato, quale cerchio dell’Inferno gli spetta.

Per farlo usa la sua coda di serpente e l’avvolge attorno al proprio corpo tante volte quanto il numero del cerchio al quale l’anima è destinata.

Il primo cerchio è il limbo (attenzione a non confonderlo con l’antinferno), un luogo per noi contemporanei assai poco infernale in quanto per i suoi occupanti non sono previste punizioni fisiche non essendosi loro resi colpevoli in realtà di nessun peccato, salvo il fatto di non essere stati battezzati per qualsiasi motivo (anche perché nati prima della venuta di Cristo) quindi in questo cerchio vi è una moltitudine di personaggi virtuosi quali Ovidio, Omero e lo stesso Virgilio.

La loro dannazione eterna consiste nell’essere privati della visione di Dio e anche della sola speranza di poterlo vedere un giorno.

Il secondo cerchio (leggermente più stretto di quello precedente) è riempito dai lussuriosi, ossia coloro che in vita non sono stati capaci di dominare le proprie passioni carnali. Dante di famoso mette Cleopatra ma è in buona compagnia. La legge del contrappasso prevede per loro di essere vittime di venti forti e implacabili che li trasporta qua e là senza che loro possano controllarlo, come in vita si son fatti guidare dalle passioni senza il controllo della Ragione.

Il terzo cerchio è caratterizzato da una intensa pioggia di fango e sporcume.

Il guardiano di questo cerchio è Cerbero, un enorme cane a tre teste che assorda i dannati con i suoi perenni latrati; qui sono condannati i Golosi che si trovano intrappolati nel pantano misto, creato dalla pioggia fangosa, ma anche del loro vomito. Come se non bastasse Cerbero li sbrana e li squarta con la bocca e le unghie.

Scendendo ancora, mentre l’Inferno come un imbuto continua a restringersi, arriviamo al quarto cerchio in cui sono condannati gli Avari e i Troppo Generosi (che vengono definiti scialacquatori): entrambe le categorie non sono state capaci in vita di occuparsi con coscienza del proprio denaro.

La legge dei contrappasso prevede per loro la pena di dover spingere su per una montagna, gli Avari su un versante, gli  scialacquatori sull’altro, un grande sasso rotondo, dovendolo spingere, non con le mani, ma con il loro petto. Una volta che si trovano sulla cima un Avaro con uno scialacquatore, si insultano uno perché ha speso tutto, l’altro perché non ha speso niente, ciascuna pietra rotola a valle e devono ricominciare da capo.

Nel quinto cerchio troviamo il secondo fiume infernale, lo Stige, costituito  non di acqua ma di sangue bollente. Al suo interno, nel punto in cui il fiume forma una palude, sono immersi gli Iracondi che si aggrediscono l’uno con l’altro perché non riescono a trattenere l’ira.

Questi sono visibili a Dante in quanto parte del loro corpo è fuori dall'”acqua” ma Virgilio lo  informa che sul fondo della palude ci sono gli Accidiosi che tentano da là sotto di urlare la loro rabbia mentre la bocca si riempie di sangue bollente e solo bolle raggiungono la superficie della palude, muta testimonianza della loro presenza: come in vita hanno passato il tempo ad urlare, ora sono condannati al silenzio.

Giunti a questo punto Dante introduce un nuovo elemento per spezzare le tipologie di peccati.

Scendendo dal quinto cerchio si arriva alla città di Dite alla quale si accede attraverso una porta controllata dalle tre Erinni o Furie.

Se le anime incontrate fino ad ora erano dei peccatori colposi, ossia peccati conseguiti senza la consapevolezza di far del male agli altri, da questo momento in poi troveremo invece dei peccatori dolosi perché commessi in maniera consapevole e volontaria.

Il sesto cerchio può essere tranquillamente descritto come un cimitero, in quanto cosparso di lapidi all’interno delle quali, per mezzo busto, escono gli Eretici o, per meglio dire, coloro che in vita hanno negato l’esistenza di Dio.

La pena consiste nel fatto che le tombe in cui sono condannati  ardono di fuoco, bruciandoli in Eterno.

Ora architettonicamente la geografia infernale si complica. Siamo scesi al settimo cerchio anche chiamato Valle del Flegetonte, secondo fiume infernale e qui Dante divide idealmente lo spazio in tre gironi essendo tre le categorie di dannati presenti.

I crimini violenti qui puniti sono tradizionalmente quelli violenti contro il prossimo, contro se stessi, contro la natura (quindi Dio).

All’entrata troviamo il Minotauro, guardiano del cerchio.

Nel fondo nella Valle attraversata dal fiume di sangue, nel primo girone sono punite le anime che in vita hanno commesso crimini violenti. Il loro destino è stare nel sangue che in vita hanno sparso, ma non basta: sulle rive del fiume Dante ha collocato una grande schiera di Centauri (cavalli con il busto d’uomo) che con i loro archi feriscono in continuazione le anime dei dannati.

La gravità del peccato è sottolineata dal livello di immersione del corpo: più grave, più è sommerso nel sangue bollente.

Nel secondo girone (sempre nel settimo cerchio) troviamo quella che Virgilio chiama la Selva dei Suicidi perché gli alberi fitti e contorti altro non sono che le anime dei dannati suicidi trasformati appunto in albero.

I loro rami non danno frutto ma spine velenose, la loro pena data dal fatto che sui rami degli “alberi” fanno il nido le Arpie che si cibano dell’albero, in pratica, sbranando il dannato, quando si spezza anche un piccolo rametto della pianta l’albero grida e dal ramo spezzato esce del sangue.

La selva dei Suicidi si sviluppa fino al punto in cui, diradandosi, lascia spazio alla sabbia infuocata, portandoci così al terzo e ultimo girone, sempre del settimo cerchio.

Il poeta ci descrive un ambiente in cui la sabbia è infuocata e dall’alto piovono lingue di fuoco.

Qui trovano la loro punizione i violenti contro Dio, che il poeta suddivide in varie categorie, ognuna delle quali con una punizione specifica.

I Blasfemi sono distesi nella sabbia infuocata, i Sodomiti costretti a correre in eterno sotto la pioggia infuocata e infine gli Usurai che devono star seduti nel fuoco, Dante li piazza all’Inferno tra i violenti contro Dio in quanto attraverso l’usura hanno guadagnato direttamente dal denaro e non attraverso il proprio lavoro.

Dopo il sabbione infuocato si scende ancora per arrivare all’ottavo cerchio in cui vengono puniti i truffatori e Dante decide di dividerlo in dieci zone diverse il cui nome collettivo è Malebolge ed è costituito quindi da dieci Bolge; possiamo definire una Bolgia come una “fossa”.

Nella prima Bolgia troviamo i Seduttori, ovvero coloro che hanno sedotto gli altri per ottenere degli scopi, la loro punizione consiste nell’essere seviziati da dei demoni cornuti.

Nella seconda Bolgia ci sono gli Adulatori e si trovano immersi nello sterco dove dovranno passare l’eternità.

Nella terza Bolgia troviamo i Simoniaci sepolti a testa in giù con le piante dei piedi in fiamme. Appartengono a questa categoria di dannati i venditori di indulgenze o false reliquie. Andando avanti troviamo la quarta Bolgia dove vengono puniti i Veggenti.

Costoro, poiché in vita si vantano di poter predire il futuro, vengono puniti per l’eternità a dover camminare con la testa girata all’indietro, piangono disperatamente mentre del loro corpo possono vedere solo le natiche.

La quinta fossa “ospita” i Barattieri che sono immersi in un lago di catrame incandescente, se cercano di uscire i demoni li ritrascinano sotto.

Nella sesta Bolgia Dante pone gli Ipocriti. Li veste di tutto punto con abiti sfarzosi e bellissimi ma  pesano quintali e sostenerli è dolorosissimo.

Procedendo, nella settima Bolgia c’è spazio per i Ladri. Questi dannati sono costretti a “vivere” con le mani legate dietro la schiena mentre vengono morsi da un serpente che causa loro orribili mutazioni (gli rubano la forma umana come loro in vita hanno rubato agli uomini).

Ci mancano ancora le ultime tre Bolge prima di scendere al cerchio successivo.

Nell’ottava Bolgia troviamo i Cattivi Consiglieri destinati a bruciare in eterno per aver condotto gli altri a commettere peccati con i loro cattivi consigli. Nella nona fossa ci sono quelli che sono definiti i Seminatori di Discordia, coloro che in vita hanno minato all’unione della famiglia e alla pace in generale, vengono ripetutamente pugnalati dai demoni.

Arriviamo così all’ultima Bolgia, la decima, dove trovano posto i Falsari, che Dante divide in quattro categorie:

Falsari di Metalli, ovvero gli alchimisti;

I Falsari di Persona, ovvero  coloro che si son fatti passare per qualcun altro;

I Falsari delle Monete e quelli della Parola, che sono quelli che noi oggi chiamiamo calunniatori.

A ciascuno di loro è riservata la stessa Bolgia ma pene diverse. Gli Alchimisti son condannati a convivere con una scabbia lebbrosa che ricopre il loro corpo di pustole purulente e nauseabonde, i Falsari della Persona sono in preda ad una follia rabbiosa, quelli della Parola sono tormentati da una febbre altissima che li fa delirare mentre i Falsari della Moneta hanno il ventre gonfio e la bocca spalancata dalla sete. In sostanza tutti i dannati di questa ultima Bolgia hanno come pena oltre al dolore il fatto di veder deturpato il loro corpo come loro in vita deturpavano la realtà. Finita la Malabolgia Dante scende finalmente all’ultimo cerchio dove si trova il lago di Cocito  completamente  ghiacciato a causa del battito delle ali di Lucifero che per chi non lo sapesse inizialmente era stato un angelo che però si era rivoltato a Dio e che sta proprio nel mezzo del Cocito quindi nel punto più basso e profondo dell’Inferno.

Qui vengono condannati i Traditori che Dante divide in quattro categorie dividendo idealmente il lago in quattro zone concentriche con quattro nomi diversi, ovviamente più ci si avvicina al centro, maggiore è la colpa. La zona più esterna è detta Caina, dove sono puniti i Traditori dei parenti e il nome si ispira ovviamente alla figura biblica di Caino.

Qui le anime sono completamente immerse nel ghiaccio salvo la testa condannata in eterno a guardare verso il basso.

La seconda zona è l’Antenora, nome ispirato al personaggio storico Antenore che tradì la città di Troia, sono infatti qui finiti i Traditori della Patria.

Anch’essi immersi fino alla testa devono però tenerla alta cosicché il vento ghiacciato gli congela le lacrime sigillando loro gli occhi.

La terza zona è chiamata Tolomea il cui nome probabilmente fa riferimento alla figura di Tolomeo, personaggio storico che uccise i suoi ospiti; vengono infatti puniti qui proprio i traditori degli ospiti.

La loro pena è mInfernoaggiore di tutti in quanto per iniziarla non si deve aspettare la morte del Traditore, infatti Dante afferma che la sua anima finisce nella Tolomea appena compiuto il misfatto mentre un demone porta avanti al suo posto la vita terrena.

E infine la Giudecca il cui nome si ispira a Giuda traditore di Gesù Cristo, qui infatti sono puniti i Traditori dei benefattori.

Loro sono completamente intrappolati nel ghiaccio nelle pose più dolorose ed assurde.

Qui nel centro come detto sta Lucifero che personalmente dilania i tre Traditori per eccellenza: Giuda, Bruto e Cassio.

Finisce qui il viaggio di Dante all’Inferno che, proprio attraverso il corpo di Lucifero giungerà assieme a Virgilio alla montagna del Purgatorio che analizzeremo in un altro articolo.

Sandra Pauletto

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