Intervista a Andrea Bianchi – Un ragazzo in fuga – Robin

Intervista a Andrea Bianchi – Un ragazzo in fuga – Robin

 

Abbiamo da poco recensito “Un ragazzo in fuga” (Robin edizioni) di Andrea Bianchi e abbiamo ora la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con lui per parlare, naturalmente, del suo ultimo libro e farci raccontare qualcosa di lui e dei suoi futuri progetti

Buongiorno Andrea, grazie per aver accettato di chiacchierare con noi. Mi permetto di darti del tu se per te, ovviamente, non è un problema:

  • È la prima volta che ti recensiamo e che quindi abbiamo il piacere di intervistarti. Prima di conoscere Andrea Bianchi scrittore ci piacerebbe sapere qualcosa di più di Andrea Bianchi uomo. Ti va di raccontarci qualcosa di te per conoscerti meglio?

 

Con piacere. Dal 1995 (che purtroppo non è la mia data di nascita) esercito a Milano la professione di avvocato, prima come collaboratore di studio e poi con una mia attività. Prediligo il settore penale perché penso che ponga più direttamente a contatto con l’umano e che consenta ancora qualche spazio di creatività.

Mi piace raccontare come mi sono deciso a fare l’avvocato. All’inizio degli anni ’80, ancora adolescente, seguivo con passione gli ideali del Partito Radicale e la mia figura di riferimento era Marco Pannella. Ascoltando Radio Radicale mi sono appassionato a una vicenda giudiziaria che ha segnato la storia italiana: quella che inizia il 17.06.1983 con l’arresto di Enzo Tortora. L’esigenza di garantire a tutti la difesa, l’indagine condotta dalla Procura di Napoli fondata su pentiti non credibili e in assenza totale di riscontri mi hanno fatto innamorare di questa professione. Per questo, alla fine del liceo, risolvendo un dilemma, mi sono deciso a iscrivermi a giurisprudenza e non all’adorata filosofia.

Fin da ragazzo raccoglievo i pochi risparmi per sottoscrivere, a prezzo agevolato come studente, l’abbonamento al teatro Carcano di Milano. Il teatro è da sempre stata la mia passione e quando ho potuto, alla soglia dei 30 anni, sono entrato in una compagnia teatrale amatoriale: la compagnia “Sul Palco” di Milano di cui, dopo oltre 25 anni, faccio ancora parte.

 

  • Come è nata l’idea di scrivere questo libro? Avevi già chiara in mente la storia oppure mentre la scrivevi ha preso vie che non avevi preventivato?

 

È vera la seconda opzione. Pensavo di scrivere un romanzo di formazione intriso di indagini di Polizia e di misteri da dipanare. A metà del percorso compositivo, mi sono reso conto che il romanzo di formazione era una strada già battuta che rischiava di portare a narrazioni ripetitive ed ho pensato di affrontare una scommessa: sarò capace di scrivere un vero noir? Ancora oggi non so dire se la scommessa sia stata vinta, forse è solo all’inizio.

 

  • Tu che adolescente eri? Quanto ti riconosci nel tuo personaggio?

 

Questa è una domanda davvero intrigante e ringrazio molto per l’opportunità di riflettere su questo punto. Devo dire che razionalmente non potrei definire questo romanzo in alcun modo autobiografico se non per quel vago desiderio di fuga che credo animi ogni adolescente e che di sicuro ho provato sulla mia pelle. Non credo che il personaggio di Davide Galetti risponda, almeno coscientemente ed intenzionalmente, a un vissuto personale. Devo tuttavia dire che mi ritrovo nella sua timidezza e nell’incertezza sull’approccio con il “gentil sesso”.

Parlando di me ho nitida l’immagine di un ragazzo animato da sogni e ideali non sempre ben messi a fuoco con la passione per il calcio, istinti anarcoidi e un pesante bagaglio di timidezza che talvolta mi ha limitato nelle relazioni. Certo per me il mondo dell’immaginazione ha rappresentato una via di fuga importantissima che a volte ha rischiato di confondersi con la realtà. Il controverso rapporto con un padre autoritario mi ha portato a cercare e forse a trovare, fuori dalla famiglia, le figure di riferimento. La mia adolescenza è stata segnata, almeno nell’immaginario, da scelte rivoluzionarie e mi ha portato ad abbracciare ideologie e tendenze che puntavano a mettere in crisi il punto di vista politicamente corretto: liberalizzazione delle droghe leggere, non violenza, antimilitarismo, antipartitismo e una profonda opposizione per tutte le figure di potere come l’esercito, chiesa cattolica e Stato autoritario.

Nel 1984 ho fatto la domanda di servizio civile prima che la Corte Costituzionale dichiarasse illegittima la disparità di trattamento che imponeva una durata del servizio civile di 8 mesi superiore alla leva militare.

Oggi tengo a sottolineare che sono un cattolico praticante e mi domando se sono mai uscito dall’adolescenza.

 

  • Si parla in questo romanzo in un certo senso del rapporto tra figli e genitori. Come pensi che siano cambiati i rapporti tra genitori e figli nel corso degli ultimi 40 anni? Credi che si siano evoluti in positivo o in negativo?

 

Nel rispondere a questa domanda sarò senz’altro influenzato dalla mia esperienza professionale. In effetti per 10 anni ho fatto il difensore d’ufficio nei processi minorili e ancora oggi mi occupo di diritto di famiglia. Credo che il tessuto sociale, le relazioni interpersonali e le dinamiche familiari nell’arco degli ultimi 40 anni si siano trasformate radicalmente. Quando ero ragazzino, negli anni ’70 e ’80, i genitori rappresentavano una figura di riferimento solida, insostituibile, autorevole più che carica di complicità. Con il passare degli anni il ruolo genitoriale, così concepito, è entrato nel frullatore di una crisi irrisolvibile. Vedo gli amici fare i genitori oggi tentando di conciliare l’esigenza dell’autorevolezza con il terrore di perdere la fiducia dei figli. Forse oggi un padre e una madre sono bloccati dalla paura di farsi odiare? In effetti in una società tanto complessa come quella attuale, le figure di riferimento che si stagliano all’orizzonte di un adolescente sono pressoché infinite: il mondo dei social, i contatti virtuali con persone lontane e talvolta sconosciute, i personaggi pubblici che occupano gli spazi televisivi a volte per i propri meriti e più spesso per l’attitudine a diventare personaggi ecc. Di certo oggi essere genitori è una sfida ardua che impone coraggio e grande libertà mentale. 

 

  • Gli adolescenti di oggi sono alle prese con il dover convivere con le limitazioni dovute alla pandemia da Covid 19 in un momento della loro crescita in cui invece dovrebbero essere liberi di scoprire il mondo. Quanto credi che questa situazione influenzerà la loro vita futura?

 

Questa è una considerazione profondamente vera e amara. È difficile immaginare la ricaduta, certamente non positiva, che il distanziamento interpersonale avrà sullo sviluppo psichico di un adolescente. Credo che questa rimarrà una ferita forse insanabile. Per fortuna talvolta le ferite aiutano a crescere, a riflettere e ad imprimere svolte esistenziali, ad evolversi ed a cogliere nuove opportunità. È questo l’auspicio che formulo per tutti i ragazzi cui sono affidate le sorti future del pianeta.

 

Ringrazio di cuore Andrea Bianchi per essere stato con noi e spero vivamente di poterlo avere ancora qui per parlare magari di un nuovo libro

 

Grazie infinite, spero anche io di poter parlare con voi di nuovo, è stato un piacere.

 

David Usilla

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