Intervista a Martina Dei Cas – “Angelitos” (Prospettiva Editrice)

Intervista a Martina Dei Cas – “Angelitos” (Prospettiva Editrice)

Abbiamo da poco recensito “Angelitos” (Prospettiva Editrice), ultima fatica letteraria di Martina Dei Cas, e abbiamo l’enorme piacere di poter scambiare quattro chiacchiere con lei per conoscerla meglio e per entrare più approfonditamente all’interno delle tematiche trattate in questo suo bellissimo libro.

Buongiorno Martina, grazie per aver accettato di chiacchierare con noi.

  • Leggendo la tua biografia non posso che rimanere colpito dalla quantità di esperienze che sei riuscita a fare nonostante la tua ancora giovane età. Noi naturalmente siamo molto curiosi di conoscerti meglio sia dal lato umano che da quello professionale. Ti va di raccontarci qualcosa di te?

Innanzitutto, sono una lettrice accanita e onnivora, con un debole per il realismo magico, fin da quando ero piccola. Per cui, direi che qui sul vostro blog mi sento in buona compagnia. Professionalmente, invece, mi sono laureata in Giurisprudenza ad indirizzo europeo e transnazionale a Trento, con una tesi sul reato di femminicidio in America Latina e oggi mi occupo di relazioni con i media per l’agenzia di sviluppo della mia provincia, il Trentino. Inoltre, collaboro con la pagina della cultura del Corriere del Trentino. Infine, sono Alfiere del Lavoro, un’onorificenza riconosciutami per meriti scolastici nel 2010 dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Un titolo che dedico sempre con affetto, orgoglio e gratitudine ai miei genitori e ai miei maestri elementari per i loro preziosi insegnamenti, stimoli, esempio e incoraggiamento.

 

  • Prima di scrivere “Angelitos”, hai dato alle stampe due libri che sono “Cacao Amaro” del 2011 e “Il quaderno del destino” del 2015. Ti va di raccontarci come sono nate e di cosa raccontano queste due opere?

Sono entrambi romanzi ambientati in Nicaragua, una terra che porto nel cuore da quando sono atterrata a Managua la prima volta nel 2011 per un’esperienza di volontariato internazionale perché – anche se ha una geografia e delle tradizioni molto diverse dalle nostre – conserva nel vissuto della gente tante similitudini, come se in fondo fossimo popoli “cugini”. Tornando alla domanda, Cacao amaro è una storia di emancipazione femminile nelle zone rurali del Centroamerica, tra le colline rigogliose dove si coltivano il cacao e il caffè. Il quaderno del destino, invece, è il viaggio di due bambini lavoratori che sognano di studiare e della vecchietta che, in una periferia colorata, complicata e traboccante di vita, decide di rischiare tutto per aiutarli a trasformare quel desiderio – ancora troppo spesso negato a tanti bambini nel mondo – in realtà.

 

  • Ciò che racconti in questo libro che vede protagonista il dodicenne Angelito Escalante Pèrez è tutto rigorosamente vero, tutto ciò che leggiamo è successo sul serio. Come mai hai voluto accendere un riflettore su una vicenda che per quanto molto intensa e dolorosa che però molti potrebbero percepire come un episodio marginale e di poca importanza avvenuto per altro in un fazzoletto di mondo del tutto ininfluente?

Perché la più preziosa alleata della violenza è l’indifferenza. Come mi ha detto Luis, il papà di Angelito, quando ci siamo conosciuti: la prima volta mio figlio l’hanno ucciso le gang. La seconda, l’ha ucciso lo Stato, non facendo niente per assicurare alla giustizia i colpevoli del suo omicidio. Attraverso questo libro, evitiamo che venga ucciso per la terza volta, dall’oblio.

 

  • Tra le tante iniziative di cui sei protagonista c’è “Un libro per la biblioteca”. Ci racconti di cosa si tratta?

Un microprogetto di supporto alla scolarizzazione nel Nicaragua rurale nato grazie alla generosità dei lettori di Cacao Amaro e Il quaderno del destino. Perché non mi stancherò mai di ripetere che saper leggere, scrivere e contare è il primo super potere che dobbiamo dare ai bambini se vogliamo davvero cambiare in meglio e in modo duraturo le cose, in Centroamerica, in Italia e ovunque nel mondo.

 

  • #InViaggioconAngelito. Ci racconti cosa c’è dietro questo hashtag?

La speranza di tenere viva il più possibile la memoria di Angelito anche qui da noi in Italia, perché il suo coraggio e quello della sua famiglia non devono finire dimenticati. E anzi, devono servirci da monito, visto che da qualche anno il problema delle gang lo abbiamo anche qui nelle nostre province e città.

 

  • C’è un luogo attorno a cui ruotano molti dei protagonisti di questo libro, ed è il Mojoca. Ci racconti di questo luogo e del suo fondatore Gerard Lutte?

Per descrivere Gerard e il suo impegno per aiutare i bambini e i ragazzi di strada a uscire dalla marginalità e dalla violenza grazie al Movimiento de Jovenes de la Calle – il Mojoca appunto – ci vorrebbe un’intervista a parte. Posso solo dire che, anche se a causa di un disturbo agli occhi da qualche anno vedeva solo buio, emanava una luce e una forza che ti rassicuravano. Era saggio e sapeva sempre quali parole usare per farti ritrovare la fiducia nel prossimo. E soprattutto era buono, ma mai buonista. Diceva che denunciare la violenza non basta. Bisogna creare alternative. Non solo spiegare ai ragazzi di strada che non è bene diventare sicari. Ma insegnar loro il mestiere di infermiere, affinché quella vita possano salvarla anziché toglierla. Spiegare loro che non bisogna rubare al mercato, ma anche dar loro gli strumenti per diventare agricoltori e procurarsi il cibo onoratamente. La cosa per me più significativa di tutte è che lui era professore di pedagogia, insignito di importanti riconoscimenti. Ma a Guatemala City quasi tutti lo chiamavano semplicemente: Abuelo, nonno. E penso non ci sia titolo più adatto e significativo di questo per descrivere la bella persona che era.

 

  • Scrivendo questo libro hai avuto la possibilità di rapportarti con Luis Escalante, il papà di Angelito. Ci racconti un po’ di lui, di come ha vissuto questa vicenda così drammatica e così dolorosa?

Con una grandissima dignità, forza d’animo e la straziante consapevolezza che, nonostante i suoi sforzi, probabilmente i colpevoli della morte di suo figlio non sarebbero mai stati assicurati alla giustizia. Lui ha battuto davvero ogni porta e, un anno dopo la morte di Angelito, è stato ricevuto persino dall’allora presidente del Guatemala Morales. Ha testimoniato all’Unicef, creato una specie di app per denunciare in modo anonimo le scomparse dei minori o situazioni sospette che potrebbero metterli in pericolo, ma purtroppo il caso di suo figlio non è mai arrivato in tribunale. E penso che per un genitore non ci sia una condanna più dolorosa di questa.

 

  • Ci sono episodi che nel bene o nel male ti hanno colpito durante la tua permanenza in Centro America? Ci sono luoghi o persone che ti hanno regalato delle emozioni particolari? Ti va di raccontarci un po’ delle tue esperienze in quelle terre?

Ci sono tanti episodi: i bagni al fiume, le scuole rurali, col pavimento sterrato, cinquanta bambini dai sei ai dodici anni e una sola maestra, le cavalcate nella foresta sotto la pioggia, le leggende e le confidenze sussurrate davanti al focolare su cui bolle il pentolone di riso e fagioli. E poi la saggezza delle ostetriche di campagna, la dignità dei lavoratori di una mattonaia o del mercato centrale. L’impotenza davanti alle tante gravidanze adolescenti e l’ammirazione per i contadini anziani impegnati a studiare per prendere la licenza elementare.

 

  • Chi ha la fortuna di essere presente ad una delle serate in cui tu presenti il tuo libro, io ho avuto questo privilegio il 7 marzo di quest’anno a Bassano del Grappa, non può non cogliere nelle tue parole e nei tuoi sguardi la passione con cui vivi questa vicenda e con cui vivi il tuo rapporto con le terre dell’America Centrale. Da quanto ho potuto riscontrare il pubblico ha vissuto con grande emozione l’ora in tua compagnia e quest’emozione se la è certamente portata a casa con sé. A te invece cosa rimane di queste serate? Quali emozioni ti porti a casa?

Ogni presentazione è diversa e sempre motivo di gratitudine. Mi porto via domande preziose che mi aiutano a riflettere su dinamiche a cui magari non avevo pensato. E poi tanto affetto, nuove amicizie che poi si consolidano nel tempo e la seconda opportunità più bella della mia vita: tornare ad essere nipote. Grazie ai miei libri e a una presentazione, infatti, ho conosciuto la signora Virginia, che da mia lettrice è diventata, fino a che è rimasta tra noi, una sorta di “nonna adottiva”.

 

  • Immagino che il tuo impegno in aiuto delle popolazioni di cui ci hai raccontato nei tuoi libri non si esaurirà con quanto hai già fatto ma che continuerà con nuove iniziative. Ci sono già all’orizzonte nuovi progetti per dare una mano a quei popoli? E come scrittrice hai già in mente nuove storie da raccontarci?

Qui vicino a dove abito, ad Avio, nella Biblioteca comunale abbiamo creato uno scaffale dei diritti in memoria di Angelito Escalante, con tanti libri per bambini e ragazzi ispirati ai temi che mi sono cari. Un altro “Angelitos” ha attraversato l’Italia e ora è custodito nella Biblioteca della legalità “Dodò Gabriele” di Crotone. E poi ci sono i momenti d’incontro a scuola, che mi regalano sempre tante soddisfazioni. Mi piacerebbe portare avanti altre iniziative di sensibilizzazione di questo tipo. Quanto alle nuove storie, non mancano: ora bisogna solo trovare il tempo e la concentrazione per trasferirle dalla testa alla carta!

Grazie mille a Martina per essere stata nostra graditissima ospite e spero con tutto il cuore di poterla ospitare ancora prestissimo sulle nostre pagine

David Usilla

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