Slayer – Show No Mercy – Magia nera.

Slayer – Show No Mercy

Anno: 1983

Paese di provenienza: USA

Genere: thrash metal

Membri: Tom Araya – voce e basso; Jeff Hanneman – chitarra; Kerry King – chitarra; Dave Lombardo – batteria

Casa discografica: Metal Blade Records

  1. Evil Has No Boundaries
  2. The Antichrist
  3. Die By The Sword
  4. Fight Till Death
  5. Metal Storm / Face The Slayer
  6. Black Magic
  7. Tormentor
  8. The Final Command
  9. Crionics
  10. Show No Mercy

Per il metal californiano il 1983 è stato l’anno dei Metallica. Ma non solo. Il 1983 è stato anche l’anno del debutto su lunga distanza degli Slayer. Ai tempi conosciuti in ristrette cerchie di realtà giovanili scolastiche, tre anni più tardi pronti per essere riconosciuti come uno dei gruppi più importanti e letali del Mondo. La Bay Area si infuocherà e si propagherà il verbo di un metal intransigente e fulmineo, sempre più votato alla distruzione totale. Ma prima che tutto questo succedesse, c’erano quattro musicisti inesperti (ma con già appresso il marchio dei predestinati) e la loro passione per l’hardcore punk statunitense e l’heavy metal europeo. Un’intuizione geniale (piuttosto comune in quel periodo) li portò ad unire le cose ed immediatamente prese forma un ibrido di Mercyful Fate e Verbal Abuse. Satanico, elaborato, sfrontato, aggressivo, intricato e maligno. A parlare per il contenuto della registrazione ci pensa anche la copertina: una delle prime raffigurazioni esplicitamente sataniche del metal che vede un capro bipede e armato di spada affiancare un pentacolo di spade sanguinanti, recante il logo Slayer. Show No Mercy bruciato dalle fiamme, proteso nel vuoto in code luciferine. Preludio di un’inesauribile produzione di immagini occulte e spaventose.

Show No Mercy ha una particolarità, che accomuna per la verità molti debutti della scena thrash dell’epoca, ossia l’immediata efficacia proveniente da pezzi brevi, dritti al punto e facilmente ricordabili. A questo approccio elementare seguirono poi quasi sempre delle articolazioni impensabili. Evil Has No Boundaries. Un titolo già di per sé antemico. Una stilettata annunciata da una chitarra crudissima, un urlo agghiacciante e un ritornello diventato un inno. La voce di Araya, tra lo squilibrio mentale e la narrazione epica, diventa contagiosa, così come la stregoneria che scaturisce dalle asce di King e Hanneman che si incrociano e si alternano in riff abrasivi e assoli al fulmicotone. Niente di così concitato e preciso si era mai sentito. A proposito di malefìci, quale più malsano e paludoso di The Antichrist? Storia di fraseggi malati, preambolo delle intricate sinfonie assassine che verranno due anni dopo. Die By The Sword chiude un ideale trittico iniziale, quello della dichiarazione d’intenti, in cui ogni fase è studiata per far ondeggiare la folta chioma inneggiando al demonio. Come preso da una foschia cimiteriale, il gruppo avanza tra sibili rarefatti e fischi funerei, danzando fra le tombe in cerca di un contatto con l’aldilà. Una lapide cade, il terriccio si smuove e ne fuoriescono putrescenze che si avviluppano nel riff di Fight Till Death, pezzo dove permane una volontà immortale di scuotere, insistente come un morbo. Metal Storm / Face The Slayer alza un po’ l’asticella compositiva, proponendo un’introduzione più consistente e pensata, retaggio di un passato heavy metal più che hardcore. Senza smorzare i toni, che rimangono sempre cupi e malvagi, il gruppo si produce in accordi da giudizio universale, elettrici e spietati. Più lenta delle canzoni precedenti, Metal Storm / Face The Slayer, è però il momento più evocativo ed emozionante di Show No Mercy, grazie al suo fascino epico e mortifero. Rimasta fino ad oggi nell’immaginario collettivo è la dissolvenza nebbiosa e funerea di Black Magic. Sotto questo autentico maleficio si muovono regni di assoluta perdizione abitati da creature infernali impersonate dalla batteria di Dave Lombardo, assurdo mattatore del tappeto ritmico che agita la situazione utilizzando incredibilmente un pedale solo!

Quando attacca Tormentor si percepisce qualcosa di morente, come di putrefazione mista ad alberi marci e pozze di fango boccheggianti disperazione. Più veloce della luce, insistente e ficcante come un pugnale piantato nella schiena sopraggiunge poi il riff di The Final Command, prima avvisaglia di uno stile vocale velocissimo di Araya, che troverà definitivo compimento in quel capolavoro che gli Slayer comporranno nel 1986. Più ragionata invece Crionics, dove Tom si esibisce in un cantato più modulato e “melodico”. Un brano che sta in agguato alle spalle dell’ascoltatore braccandolo con un riff bellissimo che giunge nel finale ad esprimere il suo vero potenziale. Prima di augurare a tutti la buonamorte gli Slayer si esibiscono nell’ultimo distruttivo capitolo di questo romanzo dell’orrore, Show No Mercy appunto. Il seme del male è stato piantato ed è solo l’inizio, perchè da questo momento in avanti la malvagità nella musica assumerà tante forme, sempre più violente e sconvolgenti. Gli Slayer stessi si preoccuperanno di mantenersi fedeli a questo approccio e ci vorrà poco tempo per vederli tornare ad evocare Satana in maniera sempre più bestiale.

Voto: 10

Zanini Marco

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