Metallica – Metallica – Nient’altro importa.

Metallica – Metallica

Anno: 1991

Paese di provenienza: USA

Genere: hard’n heavy

Membri: James Hetfield – voce e chitarra; Kirk Hammett – chitarra; Lars Ulrich – batteria; Jason Newsted – basso

Casa discografica: Elektra Records

  1. Enter Sandman
  2. Sad But True
  3. Holier Than Thou
  4. The Unforgiven
  5. Wherever I May Roam
  6. Don’t Tread On Me
  7. Through The Never
  8. Nothing Else Matters
  9. Of Wolf And Man
  10. The God That Failed
  11. My Friend Of Misery
  12. The Struggle Within

Anni ’90. I ruggenti anni ’80 se ne vanno portandosi dietro la potenza del metal, lo sfavillio del glam, l’intransigenza del punk hardcore. Il panorama musicale alternativo sta subendo graduali cambiamenti. Gli ultimi superstiti di queste frange rimangono ancorati alle origini diventando causa della loro stessa caduta: le case discografiche iniziano ad ignorarli per concentrarsi sulle nuove sensazioni, l’interesse del pubblico diminuisce e si ha la percezione che i musicisti stessi abbiano ormai poco da dire di nuovo (col senno di poi questo succederà anche anni dopo, quando qualcuno, sull’onda del revival, tornerà allo scoperto proponendo bene o male cose già sentite). Ma la musica è questione di cicli. O no? E come ogni ciclo, c’è un inizio e una fine. Duole dirlo, ma è così. Quasi come l’abbandono di vestiti fuori moda, ecco arrivare qualcosa di diverso a soppiantare tutto il resto. Gli anni ’90 vedono paradossalmente lo spostamento dell’attenzione mediatica sulle estremizzazioni del rock duro. Death e black metal la fanno da padroni seppur per un periodo piuttosto breve (esplodono all’inizio degli anni ’90 e perdono consistente appoggio già intorno al 1995). Parallelamente il thrash metal abbandona i suoi stilemi tipici, come la velocità e l’irruenza, in favore di un approccio più orecchiabile, semplice e immediato. I maggiori esponenti di questa corrente, definita da molti groove metal, furono Pantera, Machine Head, Fear Factory, Strapping Young Lad . Fondamentali in questa decade furono poi i nascenti fenomeni dello stoner e del doom, che riportava in auge le sonorità acide e psichedeliche degli anni ’70 (Kyuss, Monster Magnet, Electric Wizard); e quelli di portata commerciale più elevata come il nu metal (Korn, Slipknot, Linkin Park, Limp Bizkit) e il grunge (Nirvana, Pearl Jam, Alice In Chains). A chi dice che tutto sia stato fatto negli anni ’70 dovrebbe ricredersi.

In un sottobosco musicale che va popolandosi in continuazione di nuove correnti cosa fanno i grandi nomi degli anni ’80? Per quanto riguarda il circolo a cui appartenevano i Metallica (in cui la maggior parte dei gruppi abdicano tragicamente), Anthrax, Megadeth, Slayer, Sepultura e appunto Metallica sono quelli che ne uscirono meglio. Forti di un successo commerciale già conquistato, fu sufficiente per loro sapersi e volersi adattare alle esigenze del pubblico del momento. In assoluto però la virata che compirono i Metallica fu la più radicale ed inaspettata. Lo stesso stravolgimento stilistico, venutosi a completare sette anni più avanti, che li fece guadagnare il successo planetario che li contraddistingue ancora oggi all’interno di una categoria “metal” che non può non essere virgolettata. Metallica, chiamato anche Black Album, pianta il seme per una rivoluzione interna, ma che in realtà non propone niente di innovativo, che porterà i Metallica a conquistare anche le radio e gli ambienti non di settore. Naturalmente il pubblico si divise e giudicare la qualità di questo disco è ancora oggi oggetto di discussione. Legittimo, perchè ognuno si fa’ la sua opinione e specialmente quella di un fan legato solo ed unicamente a certe sonorità è difficile da cambiare. La mia è che Metallica non possa essere considerato brutto, anzi, tutt’altro. Il crescendo con cui viene alla luce Enter Sandman è un simbolo, un marchio, che significa heavy rock, hard’n heavy, chiamatelo come volete. Ma se bisogna trovare un motivo, un giro di chitarra a cui associare l’hard rock a cavallo tra ’80 e ’90, allora quello è il riff velenoso e sinistro di Enter Sandman. Sinuosa la voce di Hetfield ha ormai trovato un timbro perfettamente adeguato alla musica che gli sta intorno, melodico e ruggente allo stesso tempo. Sad But True sancisce definitivamente cosa sono i nuovi Metallica. Anche se qualcuno non lo percepisce, struttura e stile sono crollati. Di velocità non ce n’è più traccia, mentre la pesantezza ha preso il sopravvento (in questo senso Metallica non può che essere considerato “heavy” pur non centrando nulla con l’heavy metal tradizionale). La lunghezza mastodontica dei pezzi non esiste più, soppiantata da durate radiofoniche e costruzioni lineari e dirette, condite da ritornelli efficaci e facili da ricordare. Negare la bellezza di quello articolato e studiato di Sad But True sarebbe comunque un’offesa alla musica. Un po’ a sorpresa Holier Than Thou propone un andamento leggermente più tirato, falsamente thrash, ma che convince ad un headbanging più sostenuto. Non è di altissimo profilo e in mezzo ad una scaletta composta per lo più da hit così accattivanti, potrebbe passare inosservata per l’ascoltatore più distratto. Non per quello più attento però. Holier Than Thou in realtà non è affatto male e a confermarlo ci sono una linea vocale e una ritmica allo stesso modo avvolgenti. The Unforgiven. A questo punto occorre una digressione temporale. In Ride The Lightning c’era Fade To Black, in Master Of Puppets Welcome Home (Sanitarium) e in …And Justice For All One. Tutte in quarta posizione. Poteva essere da meno Black Album, nonostante il cambiamento in atto? No. Questo da l’idea di una certa lungimiranza già presente nel gruppo in tempi non sospetti. The Unforgiven è bellissima e si fa’ carico di quell’atmofera western che i Metallica avevano già dimostrato di amare negli ultimi anni. Certo, rimanendo in tema con l’avvicinamento alla popolarità globale, è una canzone che smorza ancora di più i toni, ma si sforza allo stesso tempo di mantenere un filo conduttore con il passato. P. S. : per chi si stesse avvicinando solo ora a questo disco, dopo aver sentito i precedenti, non ha ancora sentito niente. Preparatevi.


Proseguendo su un sentiero che ricorda da vicino quello del viaggio e delle destinazioni sperdute, magari nel bel mezzo dei deserti, ci imbattiamo in Wherever I May Roam. L’introduzione è esotica, sognante, rarefatta, lo svolgimento è un racconto epico con lunghi accordi e assoli di chitarra fluviali e di grande classe. Senza cattiveria, senza brutalità, ma solo celebrando un fiero matrimonio fra pesantezza e classicismo rock d’altri tempi. Uno standard per questo momento di espansione creativa, un brano affascinante, perfetto da ascoltare in macchina durante un viaggio. Don’t Tread On Me e Through The Never risollevano momentaneamente un ritmo che si era fatto piuttosto placido. Sono due pezzi concisi, più sullo stile di Holier Than Thou, dove la compattezza e l’immediatezza ben si accoppiano ad un approccio più aggressivo. Belli entrambi, tutti da cantare sotto la doccia! Ma una cosa che fino a questo momento non si era mai sentita è Nothing Else Matters. Una ballata rock di grande sentimento e di una sensibilità tale, che nessuno pensava fosse nelle corde di un gruppo che sette anni prima in un testo diceva: “fanculo a tutti, e nessun rimorso del cazzo!”. Probabilmente nessuna canzone come questa ha significato il cambiamento nella carriera del gruppo. Filosoficamente si può dire che il titolo Nothing Else Matters (Nient’Altro Importa) sia la più fulgida rappresentazione delle intenzioni dei Metallica in quel momento. E in questi casi il dubbio rimane sulla volontà e l’onestà. Siamo maturi e vogliamo dimostrarlo o vogliamo diventare ricchi ed accattivarci il grande pubblico? Probabilmente l’ago della bilancia sta nel mezzo, ma a scanso di equivoci Nothing Else Matters è una bella canzone, come potrebbe esserla Brothers In Arms dei Dire Straits, Hotel California degli Eagles, Free Bird dei Lynyrd Skynyrd. Insomma è diventata giustamente un vero e proprio classico del rock. Poi che dai Metallica ci si aspettasse altro è lecito, ma per come stanno le cose bisogna farsene una ragione. Of Wolf And Man è crepuscolare e mistica e in questo caso chiude perfettamente una scaletta a suo modo indimenticabile, entrata nel novero delle grandi scalette. Fino a questo punto ogni traccia vive di vita propria ed è perfettamente distinguibile. Il trittico conclusivo non è trascendentale, e magari è da considerare avulso dal resto del disco, ma comunque non trascurabile. My Friend Of Misery ha una linea di basso veramente triste che ci conduce in un labirinto di assoli spettrali e chitarre ricche di feedback. E’ molto intrigante e può essere considerato l’apripista di una canzone che il quartetto scriverà più avanti cioè Where The Wild Things Are, anche se stilisticamente è già anni luce più lontana. The God That Failed ha invece una carica convincente e diversi momenti esaltanti, tra stop e ripartenze, sempre comunque contenute nei toni e mai veramente cattive. Si percepisce comunque un fascino apocalittico per niente trascurabile, che fa’ onore al gruppo. The Struggle Within è un esercizio muscolare che i nostri sistemano spesso in chiusura. Reminescenze thrash affogate in cori da grandi arene, a passo marziale. Un pugno in faccia, inaspettatamente violento per l’andamento del disco, ma arrivati a questo punto i Metallica possono permettersi di fare quello che vogliono.

Il successo derivato da quest’opera è un po’ l’emblema del successo discografico. Di fatto il Black Album ha rappresentato una rottura solo per chi l’ha realizzato. Ma sarebbe improbabile dire che sia stato un album di rottura per la musica in generale. Se l’avesse scritto un gruppo minore probabilmente non avrebbe raccolto tutti quei consensi. Ma i Metallica non erano nessuno. Tutt’altro. I Metallica erano già potenti, hanno visto una possibilità e ci si sono buttati dentro. Anche a costo di sacrificare le loro belle parole e i loro propositi: “Non faremo mai videoclip.” (Da qui ne sono stati estratti quattro). Così come mai si sarebbero inchinati al denaro e invece hanno dimostrato di volere e potere scendere a compromessi. Una scelta, criticabile o meno, ma che imparzialmente, giudicata da un punto di vista meramente tecnico, li vede uscire vincitori.

Inizio di una svolta di stile totale, ultimo capitolo qualitativamente eccelso prima di una progressiva decadenza. Un abisso di qualità intercorre infatti tra le loro più recenti produzioni e quelle di una volta, ma nonostante questo i Metallica rimangono ancora oggi il gruppo che può permettersi di fare qualsiasi cosa, senza che il loro seguito e la loro fama vengano intaccati.

Voto: 10

Zanini Marco

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.