“Uno sporco lavoro” – Bruno Morchio. Recensione di Alberto Zanini

“Uno sporco lavoro” recensione

 

Bacci

 

Nel 2004 i Fratelli Frilli Editori pubblicano la prima storia di “Bacci Pagano. Una storia da carruggi”. L’investigatore privato, nato dalla fantasia di Bruno Morchio, è diventato, nel frattempo, il protagonista di dieci romanzi e numerosi racconti.

Lo scrittore genovese con il suo ultimo romanzo, “Uno sporco lavoro”, racconta la primissima indagine di Bacci ambientata negli anni 80, pubblicata da Garzanti.

I ricordi sono come il vino che decanta dentro la bottiglia: rimangono limpidi e il torbido resta sul fondo. Non bisogna agitarla la bottiglia”.

La frase tratta dal romanzo “Sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern, viene citata da Morchio e fotografa perfettamente l’essenza del romanzo.

Sono passati trent’anni, ma quando squilla il telefono, a Bacci bastano pochi istanti per riconoscere la voce di Maria Samperi che gli comunica di essere ricoverata.

In sella alla fedele Vespa, Bacci, raggiunge l’ospedale di Villa Scassi dove, in pneumologia, trova la vecchia amica.

Maria è pallida e ancora più magra di come se la ricordava. I capelli grigi della mezza età hanno preso il posto della capigliatura alla Angela Davis, che impreziosiva il corpo magro ma ben fatto, ma “quegli occhi verdi che ricordano i fondali luminosi delle cale costiere”, sono rimasti e conservano ancora la limpidezza e i guizzi giovanili.

Dopo una operazione al polmone, le conseguenze le hanno procurato una stenosi alla trachea impedendole, a volte, di respirare.

Ma anche Pagano non può nascondere le evidenti tracce del tempo. I capelli brizzolati ma anche il fisico mostra i segni del mestiere pericoloso che ha accompagnato i trent’anni di carriera.

Le ferite lasciano sempre un ricordo, come il colpo di pistola alle prime due vertebre cervicali che gli ha procurato la lesione della colonna spinale costringendolo ad una lunga e dolorosa riabilitazione, dopo aver rischiato di diventare tetraplegico.

Davanti alle sfogliatelle e i babà napoletani, si sciolgono i ricordi dei due amici su un episodio della loro vita di trent’anni prima.

A metà degli anni 70 Pagano respira e condivide ideali di sinistra. Sono anni densi di fermenti, battaglie sociali, manifestazioni, ma sono anche definiti “anni di piombo” tra terrorismo e lotta armata e nel 1975 Bacci, durante una manifestazione, raccoglie incautamente una pistola P38 trovata per terra. Un gesto che costerà molto caro, perché durante gli scontri con le forze dell’ordine un poliziotto muore e Bacci viene arrestato e condannato a 10 anni di galera, per terrorismo, da scontare nel carcere di massima sicurezza di Novara.

Solo in seguito gli verrà riconosciuta l’assoluta estraneità ai fatti accaduti. Ma dopo aver passato cinque anni in galera.

Scontata la pena, Bacci gira il mondo lavorando in America ed in Africa e durante il suo peregrinare in giro per il mondo conosce Maresca, un personaggio equivoco, che si dimostrerà un corriere della droga, con il quale condivide una disavventura, per fortuna finita senza conseguenze.

Cinque anni dopo, ritorna a Genova e con i pochi soldi ereditati dai genitori sistema la casa, quindi consegue la licenza di investigatore privato e apre un’agenzia in piazza de Marini.

L’appuntamento è in un bar di piazza Alimonda davanti alla chiesa del Remedio.

Quando Bacci arriva, sotto il sole estivo di mezzogiorno, trova il flaccido e grasso Maresca seduto sotto il pergolato con una vistosa e sudicia camicia hawaiana chiazzata di sudore, ad aspettarlo. Dietro un paio di Ray Ban, mentre sorseggia un Mojito, l’ex compagno di viaggio gli propone “ un lavoro poco impegnativo e molto ben remunerato”. Deve proteggere la famiglia del manager di Stato, Silvano Rissi durante le ferie estive.

Pagano, malgrado qualche riserva, decide di accettare, in quanto trecentomila lire al giorno per tre settimane, più vitto ed alloggio è un ottimo compenso difficile da rinunciarvi a cuor leggero.

Silvano Rissi, detto “l’ingegnere”, salito sul carro del rampantismo craxiano e ben introdotto nel mondo vaticano, si è arricchito grazie alle miliardarie commesse legate ai sistemi di controllo elettronici destinate all’industria della guerra.

Soldi che grondano sangue grazie al traffico, più o meno lecito, delle armi.

Una mattina, di buon ora, Bacci raggiunge, in Vespa, Pieve Ligure, luogo del suo primo incarico da investigatore privato. Dopo aver varcato il cancello d’ingresso, tra alberi secolari e splendide piante Pagano si trova davanti ad una sontuosa villa di tre piani con piscina, abbarbicata sulla scogliera, con discesa privata fino al mare, presa in affitto dall’ingegnere.

Carla, la cameriera, fa accomodare l’ospite in giardino, da dove si gode una vista meravigliosa del golfo ligure.

Dopo un buon caffè, rigorosamente amaro e con la pipa caricata con del buon Balkan Sobranie, Bacci scende in spiaggia con il piccolo Lele e la baby sitter Maria.

L’occhio attento dell’investigatore viene subito attirato da uno yacht ancorato davanti alla caletta, e quando un gommone si stacca dalla barca e si avvicina ulteriormente alla spiaggia, le due losche figure a bordo insospettiscono Pagano.

Il pranzo, servito in giardino, diventa l’occasione per conoscere l’ingegnere, affascinante cinquantenne e Adriana, la bellissima moglie di vent’anni più giovane. Un ex attrice di buone speranze ma che ha dovuto rinunciare alla carriera per la nascita del piccolo Lele. La cordialità di Rissi si contrappone con l’annoiata indifferenza della moglie.

Pasteggiare in giardino, a champagne con il costoso Cristal, mette Bacci davanti ad una realtà a lui sconosciuta, specialmente se confrontata con la sua umile origine di figlio di un operaio dell’Ansaldo, ma anche con i cinque anni di galera. L’investigatore si accorge ben presto del polveroso velo di falsità che ricopre un’esistenza illusoria. La metafora di una società dove il benessere raggiunto e lo spreco è alquanto fastidioso da accettare.

L’evidente atmosfera rilassata non riesce però a nascondere il rapporto non propriamente idilliaco tra Rissi e la moglie, malgrado una apparente e tacita sopportazione.

Maria, nel frattempo, provvede benissimo, alla disinvolta e scarsa presenza di Adriana nei confronti del piccolo Lele. Una madre che dietro al benessere ostentato nasconde la fragile esistenza intrisa di dolorosi segreti. Perché nessuna ricchezza riesce a proteggere dal vero dolore.

Nel frattempo lo yacht, di nome Louisiana, è stabilmente ancorato di fronte alla caletta e Bacci incomincia a sospettare che dietro il “lavoro poco impegnativo e molto ben remunerato”, prospettatogli da Maresca, si nascondano altri interessi e anche le rassicurazioni dell’ingegnere Rissi sono evasive e poco convincenti, ma la deontologia professionale lo costringe a rispondere alla fiducia ricevuta per l’incarico assunto.

Frattanto l’esuberanza giovanile e la perspicacia della giovane ragazza riesce a scalfire la malinconia di Bacci, che con la moglie lontana, si rende conto di essere solo e fra i due nasce una affettuosa complicità che aiuta Pagano a gestire la tensione del lavoro.

Le aspettative di Bacci, la disillusione ma anche la speranza attraversano la storia fino all’epilogo.

Morchio dopo un accenno ai violenti anni 70, ambienta “Uno sporco lavoro”, negli anni 80 che sono stati contrassegnati da un fase di crescita economica e sociale. La “Milano da bere” è stato uno slogan pubblicitario di quegli anni di gran impatto dell’amaro Ramazzotti. In seguito è anche diventato una espressione comune per definire la Milano del benessere economico, della voglia di vivere e del divertimento. Sono gli anni del Craxismo più sfrenato. Cambiano i connotati politici del partito socialista, le lotte dei lavoratori diventano uno sbiadito ricordo sostituite dall’ostentazione del lusso e del potere. Sparisce anche il vecchio simbolo della falce e martello e al suo posto appare il garofano tanto caro a Bettino. Nasce il rampantismo cinico dei ceti sociali emergenti. Ma il sogno durerà fino all’inizio degli anni 90 quando tangentopoli farà piazza pulita.

Lo scrittore conosce molto bene le situazioni politico-sociali e Bacci, diventato un protagonista complesso, è un perfetto testimone nel contesto sociale preso in esame.

Un romanzo è come un dolce, dove gli ingredienti devono essere perfettamente dosati per ottenere un equilibrio perfetto.

“Uno sporco lavoro” possiede tutti gli ingredienti necessari. Agganciato alla realtà del contesto storico degli anni 80, che in realtà non differisce per niente da quello odierno, non mancano gli intrighi politici che fanno da sfondo a tutta la storia. Morchio, conosce benissimo i meccanismi del romanzo d’azione, ed essendo un profondo conoscitore anche dell’animo umano, approfondisce la psicologia dei personaggi inserendoli nel contesto del romanzo, costruendo un plot narrativo equilibrato e scorrevole. I momenti drammatici sono alternati con acume con quelli più leggeri, il tutto con una scrittura chiara a e mai banale

Alla fine nella tenerezza dei ricordi rimangono i dolci e solidali rapporti fra i vari personaggi.

E la Vespa, fedele compagna di Bacci del viaggio in trent’anni di storia d’Italia?

Sono sicuro che la ritroveremo ancora, rumorosa testimone di un passato, di un presente ma anche di un futuro.

 

Alberto Zanini

 

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