Intervista all’autore Bruno Morchio sul crollo del Ponte Morandi

Intervista a Bruno Morchio sul crollo del ponte Morandi a Genova

Ponte Morandi
Genova- Il ponte Morandi. per gentile concessione di Sabrina Rinaldi

Il 14 agosto 2018 è una data che, purtroppo, rimarrà scolpita nella mente e nei cuori di tutti gli italiani.

Avvolgiamo per un attimo il nastro dei ricordi e ripercorriamo brevemente quello che è successo.

Un caldo torrido stringe in una morsa l’Italia, ma alla vigilia di ferragosto un temporale estivo sembra portare un po’ di refrigerio.

Su Genova da qualche ora si riversano grosse gocce di pioggia quando alle 11.36 un tremendo boato accompagna il crollo del viadotto Polcevera, detto anche Ponte Morandi dal nome dell’ingegnere progettista.

Un inferno di cemento, lamiere, auto, acqua, morte.

Il viadotto faceva parte dell’autostrada A10 che attraverso la città collegava il levante con il ponente.

Assieme al tratto di autostrada crolla anche il pilone di sostegno n° 9, abbattendosi sul torrente Polcevera, su capannoni industriali e alcune case del quartiere Sampierdarena seminando ancora vittime innocenti e ignare.

Alla fine si conteranno 43 morti e centinaia di persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni e tutt’ora, ottobre 2018, collocate in abitazioni di fortuna.

Un Ponte controverso, il Morandi, audace e invadente.

Per i genovesi una vista oscena ed inquietante. Un mostro di cemento che affonda i piloni fra le case, con lugubri scricchiolii del calcestruzzo che, raccontano i superstiti, si sentivano anche di notte.

Un triste presagio di ciò che alla fine è avvenuto, ma non doveva accadere.

D- Bruno, è passato più di un mese, qual è ancora il tuo ricordo più vivido?

R- Abito a qualche chilometro dal disastro. Ero a casa al computer. Un tuono fortissimo e poi la telefonata di mia moglie: è crollato il ponte. Un senso di angoscia e di irrealtà. Poi, a distanza di qualche giorno, sono andato in via Fillak e via Porro: il vuoto, il silenzio spettrale, un quartiere fantasma. Una visione come si dice oggi “distopica” che non dimenticherò mai più.

 

Ricordo che rimasi molto colpito dalla testimonianza di un giovane pompiere, che quel giorno era a riposo e percorreva, come era solito fare, quel tratto di ponte quando improvvisamente vide la strada inclinarsi paurosamente verso il basso e si trovò a scivolare con la macchina per 45 metri fino ad arrestarsi miracolosamente sul fondo.

D- Da psicologo, cosa puoi dire a proposito di queste persone, e sono tante, che si sono salvate e cosa dovranno temere in futuro?

 

R- Il disturbo post-traumatico da stress, specie nelle persone più fragili (bambini e anziani) lascia segni indelebili se non tempestivamente affrontato. Ma vorrei evitare la retorica: al di là degli interventi emergenziali attuati dalla ASL e da volontari, i servizi psicologici pubblici sono ridotti così male che sarà difficile offrire a queste persone un efficace supporto nel tempo.

 

Come l’antico e convulso ballo, la ridda di pareri e opinioni si sono accavallati senza che nessuno si assumesse la minima responsabilità, uno scenario già conosciuto in passato.

D- Siamo di fronte alla solita “commedia all’italiana”?

R- Siamo di fronte a qualcosa di peggio: un governo che anziché affrontare e risolvere i problemi fa propaganda pensando alle prossime scadenze elettorali. Continuano a comportarsi come se fossero all’opposizione. Hanno alzato le forche anziché preoccuparsi di ridare in tempi brevi un ponte a una città che sta soffocando nel caos, con la viabilità paralizzata e le imprese, porto in testa, che perdono colpi, l’industria che perde commesse e il turismo a rischio. Genova non resisterà due anni così. So di andare controcorrente, ma il mio parere è che bisognava far ricostruire subito ad Autostrade per l’Italia, monitorando che lavorassero bene e fissando penali sui tempi di realizzazione. Togliere la concessione è stato un atto demagogico che temo costerà caro alla città. A un mese e mezzo dal crollo il Decreto non c’è ancora. Il ministro alle Infrastrutture dimostra un dilettantismo da baraccone e spara sciocchezze una dopo l’altra, dopo 22 giorni di indagini sono stati emessi avvisi di garanzia per i vertici di Autostrade e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Omicidio stradale, disastro colposo, omicidio colposo plurimo. La giustizia farà il suo corso, la magistratura fa il suo lavoro. È il governo che non ha fatto il proprio, che consisterebbe nel risolvere i problemi. Le autorità locali e la Regione si sono mossi piuttosto bene, ma le parentele politiche hanno impedito di fare quello che serviva: promuovere una sollevazione della città per avere risposte adeguate da Roma.

 

Lo stesso ingegnere Riccardo Morandi espresse preoccupazioni già nel lontano 1981, quando emersero delle lesioni sul ponte e sulla pila 9. Anche l’ex sindaco di Genova, Marta Vincenzi, ha recentemente dichiarato che a causa dell’aumento del traffico era stato dichiarato a rischio 20 anni fa. Non dimentichiamo che negli ultimi 30 anni il ponte ha visto triplicare il traffico con circa 25 milioni di transiti all’anno.

L’ultima manutenzione straordinaria è stata fatta alla pila 11 nel 1993 grazie ai soldi provenienti dalle Colombiadi e in seguito ci furono solo piccoli interventi di manutenzione ordinaria.

Dopo 22 giorni di indagini sono stati emessi avvisi di garanzia per i vertici di Autostrade e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Omicidio stradale, colposo plurimo, disastro colposo, omicidio colposo plurimo.

D- Intanto i primi indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Possiamo parlare di “omicidio di Stato”?

R- Ci sono evidenti responsabilità di un gruppo che non ha investito nella sicurezza e il problema si allarga a tutto il Paese. C’è la responsabilità di chi doveva controllare e non lo ha fatto. Certo, profitto, incuria e leggerezza di privati e dello Stato hanno prodotto la catastrofe. Purtroppo il discorso vale per tanti altri campi. Vale ogni volta che ne succede una. Spesso mancano le risorse (penso ai Comuni e ai loro bilanci sempre più asfittici), ma in questo caso è più grave perché le risorse c’erano. Sì, si può parlare di omicidio di Stato, anche se in un senso diverso rispetto alla stagione delle bombe degli anni Settanta e Ottanta Quello era intenzionale e pianificato, questo è colposo).

D- Nei tuoi gialli parli naturalmente di Bacci e di omicidi, ma in realtà è sempre Genova la vera protagonista. Una città che descrivi con grande affetto. La storia, le vie, gli odori e la gente, che tu conosci molto bene. Una Genova bellissima ed estremamente fragile, ma di una fragilità apparente, perché in realtà cade ma si rialza sempre, e la storia lo ha insegnato. Genova in ginocchio lo farà anche questa volta?

R- Senza un intervento adeguato del governo no. È una retorica che non regge più. Genova è una città anagraficamente vecchia, un organismo fragile, che ha bisogno di collegamenti soprattutto ferroviari che connettano le sue attività produttive al resto d’Europa. Senza un robusto intervento del governo stavolta non ce la fa.

 

Il sociologo Giuseppe De Rita, a proposito delle contestazioni ricevute dai rappresentanti del Pd ai funerali delle vittime del crollo del ponte, ha parlato di “la società dell’immediatezza”. Adesso si celebra Salvini dimenticando che nel 2008 diede il suo appoggio votando “si” al decreto “salva Benetton” che prevedeva il rinnovo degli accordi con i Benetton senza le opportune verifiche.

D- Questa infatuazione nei confronti di Salvini e la crescente freddezza verso Renzi e il Pd te l’aspettavi o sei perplesso in proposito?

R- Non mi aspettavo un’ondata di destra di queste dimensioni. In America e in Europa. Anche se negli altri Paesi (Svezia, Germania, Spagna e Portogallo) il fenomeno sembra di gran lunga più contenuto che in Italia e Austria, anche perché le forze politiche al governo hanno fatto meglio. Renzi è una sciagura per la sinistra e in qualunque Paese normale un leader che produce una simile débâcle sarebbe già stato allontanato dalla politica. Non ne ha infilata una giusta, a cominciare dal referendum costituzionale che è stato una scelta sciagurata. Anche la politica migratoria è stata un boomerang, finendo per produrre danni agli stessi migranti. L’accoglienza senza un progetto di integrazione è un ottimo viatico per seminare razzismo tra i ceti più poveri.

 

Il ministro Danilo Toninelli ha accennato alle pressioni ricevute da parte dell’Aiscat per non pubblicare i documenti sulle concessioni. Fattori K e X sono emersi dalla lettura dei documenti del Ministero riguardanti le segrete concessioni “Autostrade” inerenti i pagamenti dei pedaggi e gli investimenti per la sicurezza delle strade in gestione. Sono i guadagni inconfessabili di Autostrade con la tacita complicità del Ministero.

D- Anche in passato siamo stati tenuti all’oscuro da certi disegni politici, ma non credi che sia sconcertante che certi documenti vengano secretati?

R- Lo trovo inammissibile.

 

Dal giorno della tragedia molte le ipotesi sulle ragioni del crollo. Pareri autorevoli, perizie fatte in passato ma mai prese nella giusta considerazione. Tutte comunque poco rassicuranti.

D. Tutte queste ipotesi, francamente troppe, non pensi che possano depistare l’opinione pubblica per evitare che si venga a conoscenza della vera ragione del disastro?

R- Credo che la vera ragione del disastro sia la mancanza di manutenzione adeguata da parte del gestore e di controlli del Ministero. Non aderisco a teorie complottiste che sono circolate e non mi hanno convinto.

 

I conflitti di potere dei nostri governanti hanno di fatto “impantanato” per troppo tempo decisioni che i genovesi si auspicavano fossero più veloci. Ma finalmente Mattarella ha firmato il “Decreto Genova” che prevede un commissario per la ricostruzione del ponte. Alla fine la scelta è ricaduta sul Sindaco di Genova Marco Bucci.

D- Non credi che queste scaramucce fra Di Maio e Salvini siano state fatte senza rispetto, sulle spalle dei genovesi?

R- Le scaramucce fra i due dioscuri sono una squallida sceneggiata da Paese in perenne campagna elettorale, dove anziché compiere scelte (anche impopolari) che guardino ai veri interessi del popolo, si preferisce andare avanti a suon di smargiassate, muovendo guerra a tutto e a tutti, guardando all’immediato ritorno in termini di consenso spicciolo, il che alla fine sarà salatamente pagato dai più poveri e dalle nuove generazioni (dove infatti i più avveduti, i cervelli, ricominciano a fare la valigia ed emigrare).

 

Il 14 agosto il tempo si è fermato a Genova. Occorre adesso farlo ripartire in fretta e non rimanere prigionieri del solito attendismo italico. I genovesi hanno perso la pazienza.

I tempi, che in un primo momento erano stati previsti per la ricostruzione, da Autostrade, in 8 mesi, adesso sono notevolmente lievitati e si parla già di oltre 18 mesi. Nel frattempo la città è paralizzata dal traffico, malgrado sia stata aperta una strada per i camion che risulta però insufficiente. Gli sfollati sono preoccupati di perdere gli indennizzi da parte di Autostrade. La regione Liguria e il comune di Genova hanno accolto con delusione il Decreto in merito agli stanziamenti promessi e poi ridimensionati.

Come canta Paolo Conte in “Genova per noi”

…eppur parenti siamo un po’

di quella gente che c’è la’

che come noi è forse un po’ selvatica

ma la paura che ci fa quel mare scuro

che si muove anche di notte

Non sta fermo mai…

 

Ringrazio per la solita squisita disponibilità Bruno Morchio per questa chiacchierata.

Bruno Morchio. foto di Gianni Ansaldi

Bruno Morchio è uno psicologo e psicoterapeuta di Genova.

Laureato anche in lettere moderne con una tesi sulla “Cognizione del dolore” di Gadda.

Oltre alla sua professione, Morchio, grazie alla serie dedicata all’investigatore privato Bacci Pagano, giunto ormai al dodicesimo romanzo, è diventato un affermato autore di gialli.

 

Chiacchierata raccolta da Alberto Zanini per il blog Igufinarranti

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