Caronte, (Charun nella religione etrusca) è una divinità minore ctonia (del sottosuolo) diventata popolare grazie alla Divina Commedia di Dante, ma presente già nella tradizione ellenica, nel mito di Ercole, e nell’Eneide (testo che Dante conosceva bene e dal quale prende ispirazione).
Caronte è figlio di Erebo e della Notte (o Nix).
Erebo è il nome delle tenebre infernali, personificato gli è stata attribuita una geneaologia cioè figlio di Caos e fratello di Notte con la quale darà alla luce proprio Caronte.
Nella tradizione da cui Dante attinge il traghettatore Caronte, egli porta le anime dei defunti a cui veniva data regolare sepoltura oltre le acque dell’ Archeronte.
Caronte per compiere questo viaggio pretendeva un obolo cioè una moneta di bronzo di scarso valore alla portata di tutti, per questo motivo nella tradizione funeraria si era soliti inserire una moneta nella bocca del defunto prima di seppellirlo. In alcune tradizioni si sostiene che il prezzo del viaggio fosse di due monete, le quali venivano posizionate sopra gli occhi del defunto prima della sepoltura.
Chi si presentava a Caronte senza esser stato sepolto, o senza obolo, era destinato a vagare per cent’anni prima di poter salire sul suo legno.
Rari sono i casi di esseri viventi trasportati da Caronte:
Orfeo noto musico e poeta che scende agli inferi per riportare in vita la sua donna Euridice,
Enea assieme ad Deifobe ossia la Sibilla Cumana, la quale riesce a far traghettare l’eroe nonostante l’iniziale opposizione di Caronte, il quale si convincerà a farlo attraversare dopo aver visto il ramo d’oro che Enea porta con se come dono per Proserpina regina degli Inferi e moglie di Plutone.
Ercole che scende agli inferi addirittura due volte: una per salvare il suo amico Piritoo, e l’altra per compiere l’ultima delle famose dodici fatiche cioè, catturare Cerbero il cane infernale a mani nude e portarlo a Euristeo suo cugino.
Caronte alla vista di Ercole sceso agli inferi come vivente si oppore di traghettarlo, ma Ercole sale sulla barca, strappa di mano il remo (o raffio a seconda delle tradizioni) a Caronte ed inizia a colpirlo così forte che alla fine accetta di traghettarlo. Il trasporto di Ercole Caronte lo paga caro in quanto per punizione viene incatenato per un anno intero.
Psyche scende agli inferi per svolgere un incarico datole da Venere ossia chiedere in prestito la bellezza di Proserpina. Psyche porterà con sè due monete per Caronte (e una focaccia per il cane Cerbero).
Infine il più noto Dante Alighieri. Caronte si opporrà anche di traghettarlo ma Virgilio gli farà cambiare idea con la nota terzina:
E ‘l duca lui: “Caron, non ti crucciare
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare”.
Divina Commedia (Inf. III VV 94-96)
Caronte nelle varie tradizioni viene sempre raffigurato come un vecchio dalla barba bianca e dagli occhi infuocati, (Caronte significa Ferocia illuminata). Le varianti ruotano attorno alla presenza o meno di un mantello sgualcito e di un cappello rotondo.
Nell’ arte relativamente recente (tralasciando quindi i vasi greci e le tombe etrusche) ci sono alcune rappresentazioni famose di Caronte, su tutte segnaliamo Caronte nel Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella Sistina. Per quanto la scena prenda spunto senza dubbi dal poema dantesco, il Maestro sceglie di rappresentare il demone prendendosi svariate libertà sulla figura classica:
Egli raffigura il demonio non nell’atto di gridare ai dannati, in quanto la bocca è chiusa, e neppure nel momento in cui li fa salire sul suo legno, ma raffigurando un verso della Divina Commedia:
Caron dimonio, con occhi di bragia
loro accennando, tutte le raccoglie
batte col remo qualunque s’adagia.
(Inf. Canto III vv 109-111):
Infatti il demone è rappresentato mentre colpisce le anime dei defunti.
Michelangelo lo rappresenta con gli occhi spalancati l’iride nera contornata dal bianco del bulbo sembrano uscirgli dalla testa. Gli altri tratti tipici di Caronte sono trascurati, è infatti senza barba e quasi calvo: lo raffigura solo con dei lunghi baffi e dei ciuffi di capelli sparuti sulla testa. La mancanza della barba può essere motivata come segue: la sua presenza avrebbe potuto disturbare in quanto non avrebbe permesso di vedere il corpo e quindi la muscolatura che invece Michelangelo mette in risalto. L’assenza della barba e le orecchie a punta mettono in ridicolo il demone rendendone una figura grottesca com’era nell’intenzione del Maestro e riuscendovi perfettamente come si può vedere dal dettaglio di seguito
Sandra Pauletto