Racconto La vita è una fiaba di Alberto Zanini

La vita è una fiaba

Sfogliò il Pentamerone di Giovanni Basile, rimase un attimo con la penna sospesa sul foglio di carta, dal terrazzo il suo sguardo abbracciò il mare, che schiumoso s’infrangeva sugli scogli, quindi mise ordine ai suoi pensieri e riprese a scrivere.

La notte passata a lavorare sulla vettura, era stata lunga e faticosa. L’ennesima. Le contò mentalmente, otto notti, ma finalmente aveva finito. Aveva gli occhi arrossati dalla stanchezza, spense la luce e si chiuse la porta alle spalle. In cucina si versò, nella tazza azzurra l’ultimo goccio di caffè ormai freddo e lo bevve, prese una mela e l’addentò, quindi si stese sul letto, chiuse gli occhi e in un attimo si addormentò profondamente. La gatta lo svegliò miagolando e zampettandogli la faccia. Dopo la doccia fece colazione, si vestì e si accinse ad uscire, si fermò un attimo davanti alla macchina. Guardò con ammirazione la mitica Citroen Ds Pallas, vecchia ma con la carrozzeria pulita e scintillante. Mise in moto ed usci in strada assaporando l’aria frizzante che entrava dal finestrino abbassato. Dieci minuti dopo accostava al marciapiedi dove Sandra e Giovanna aspettavano impazienti. Le fece salire e riparti lentamente. <<Questa macchina è un cimelio>> disse Sandra sorridendo, l’autista la guardò nello specchietto retrovisore e sogghignò. <<Dove andiamo?>> chiese Giovanna.

<<Sorpresa>> fu la risposta. E ripartirono con le ragazze che s’interrogavano con lo sguardo e sorridevano divertite. Le ultime sparute case della città non erano più visibili e la macchina procedeva tranquilla sulla strada quando il silenzio fu interrotto dall’autista che, rallentando leggermente, disse <<Questa è una macchina particolare>> fece una pausa ad effetto e riprese <<può viaggiare nel tempo>> dopo un attimo di incredulità le ragazze si misero a ridere credendo che le stesse prendendo in giro, ma lui continuò <<può viaggiare nel tempo, ma non riesco a programmare l’epoca, in pratica sceglie lei dove portarmi.>>

<<Stai scherzando?>> disse Sandra

<<Assolutamente no>> rispose, e il silenzio scese fra di loro. Intanto la macchina abbandonò la strada principale e prese una deviazione a destra dove la carreggiata si restrinse decisamente fino a ridursi talmente da permettere il passaggio di una sola vettura, mentre ai lati la vegetazione si faceva sempre più fitta. Improvvisamente si trovarono dentro una vera e propria galleria formata dai rami intrecciati degli alberi che costeggiavano la stradina. La volta inestricabile di legno e foglie impediva quasi totalmente alla luce di filtrare. Continuarono in silenzio guardando meravigliati quel tunnel magico di vegetazione. All’uscita della galleria una fitta nebbia li avvolse in un abbraccio umido e ovattato. Incredula e con voce flebile Giovanna chiese:<<ma dove siamo?>>

Nessuno parlò. Dopo un lungo rettilineo la strada raggiunse un crocevia, l’autista svoltò a sinistra e proseguì sicuro. Alcune case apparvero e una città prese forma davanti ai loro occhi. In lontananza apparve una alta torre, subito occultata da un lungo viale alberato di cipressi. Una piazza vuota e silenziosa li accolse. Sandra rimase perplessa nel non rivedere la torre vista precedentemente. Sembrava fosse sparita misteriosamente. Si girò e anche il viale appena percorso non era più visibile, al suo posto sorgeva un enorme caseggiato grigio. Sembrava una stazione ferroviaria. Anche Giovanna manifestava un evidente preoccupazione. Sembrava che la città si modificasse continuamente. Come un serpente che fa la muta. <<Cosa sta succedendo?>> chiese Giovanna

<<Non riesco a capire dove ci troviamo. Non riconosco questa città.>> Rispose Sandra.

L’autista rimase in silenzio mantenendo la concentrazione sulla guida. Macchine strane e dalla linea sorpassata circolavano nelle vie. L’autista riconobbe la Cinquecento, l’Alfa Romeo Giulia, il Maggiolone, la Lambretta e una Fiat 1500, e con piglio sicuro disse:<<ragazze, dalle targhe delle macchine si direbbe che siamo a Torino e credo che siamo tornati negli anni 60.>>

Percorsero parecchie vie, persero l’orientamento per il continuo modificarsi della città, finché non videro una piazza e decisero di parcheggiare in una piccola via adiacente. Scesero dalla macchina, rifecero il percorso a piedi, ma quando svoltarono si accorsero che un giardino con delle alti siepi si trovava esattamente dove un attimo prima vi era la piazza. Guardandosi intorno Sandra indicò un campanile che s’intravedeva dietro il giardino. Cercarono con lo sguardo la strada che avrebbero dovuto prendere aggirando il giardino, ma l’unico passaggio visibile era il giardino stesso. L’ingresso aveva un cancello socchiuso. Lo aprirono ma prima di entrare l’autista disse: << Questo ha tutta l’aria di essere un labirinto, per non perderci seguitemi e vedrete che ne usciremo.>> Entrarono nel giardino e l’uomo appoggiò la mano alla siepe che dava verso l’esterno e incominciò a camminare, seguito dalle ragazze, senza togliere la mano. Lungo il percorso incontrarono uno scoiattolo che invece di scappare li seguì tranquillo ed incuriosito. Sembrava che li stesse scortando. Apparve anche un gatto che si accodò allo scoiattolo. Dopo qualche minuto anche un pappagallo variopinto si unì alla compagnia e tutti quanti in fila indiana camminavano in silenzio. Accompagnarono la siepe per tutto il percorso finché, dopo un lungo andare, arrivarono all’uscita e finalmente un sorriso alleggerì la tensione. Si guardarono in giro e videro da lontano un bar che attirò la loro attenzione. Sandra disse:<<ragazze ma quello non è un Caffè Letterario?>>

<<Sembra anche a me, andiamo a vedere>> confermò Giovanna. Percorsero pochi metri e si trovarono effettivamente davanti al locale. L’autista fece segno alle ragazze di aspettare un attimo, e aperta la porta, entrò nel locale dove una cappa di fumo denso come nebbia lo accolse. Si guardò in giro e la sua attenzione fu catturata da qualcosa. Con passo noncurante si avvicinò ad un tavolo dove un giornale faceva bella mostra. Lesse il titolo:era il Menabò numero 6. Uscì dal locale e avvicinatosi alle ragazze disse:<<siamo nel 1963 e dentro ci sono delle persone che credo di aver riconosciuto. Un sorriso increspò le sue labbra contagiando anche le ragazze che ascoltavano attente. Giovanna propose di entrare e in silenzio, per non attirare troppo l’attenzione, i tre fecero l’ingresso nel locale. Videro della persone sedute ai tavoli. Un uomo, dall’aspetto fragile ed ossuto, con le sopracciglia folte e scure parlava con un altro uomo e scriveva su un pezzo di carta appoggiato sulle ginocchia. <<Quello seduto che scrive è Italo Calvino, mentre quello in piedi è Elio Vittorini>> bisbigliò l’autista alle ragazze. <<La rivista che c’è su quel tavolo si chiama Menabò ed è stata fondata da loro due>> disse indicando con lo sguardo il tavolo a qualche metro di distanza., quindi proseguì dicendo <<Se siamo nel 1963 Calvino ha già scritto la trilogia che conosciamo, mentre Vittorini ha scritto “Uomini e no” sulla Resistenza, quello seduto in fondo al locale invece è Carlo Cassola>> proseguì l’autista <<ha scritto pochi anni fa “La ragazza di Bube”>> I tre nel frattempo si avvicinarono ad un tavolo, dove un nano vestito elegantemente ascoltava attentamente un uomo con la pipa, e fecero in tempo a sentire: <<..la felicità di immaginare i boschi incantati di Ombrosa che digradano verso il mare, o arrampicarsi sugli alberi di ramo in ramo, in questo modo Cosimo si allontana dalla vita terrena e osserva la realtà. >> Dopo aver tirato uno sbuffo di fumo azzurrino, l’uomo guardò compiaciuto il nano che annuiva verso il suo interlocutore. <<Quello con la pipa è Umberto Eco>> disse sottovoce l’autista mentre i tre si allontanavano lentamente. Ad un altro tavolo una donna, con dei lunghi capelli ricci e corvini e con un prosperoso seno, leggeva dei tarocchi ad una gallina che continuava a becchettare le carte man mano che venivano svelate. <<Insomma Lucia lasciami finire di guardare tutte le carte>> disse la donna infastidita dall’impazienza della gallina.

<<Non ho molto tempo>> rispose Lucia con la sua strana voce <<Devo fare l’uovo e sento che mi manca poco>> Nel frattempo l’autista e le ragazze si avvicinarono all’uomo che scriveva.<<Voglio parlare con Calvino>> disse a bassa voce Giovanna, e con passo deciso si avvicinò allo scrittore attirando la sua attenzione.<<Mi scusi se la disturbo>> fece <<ma vorrei chiederle come mai ha deciso di ripubblicare in un volume unico la sua trilogia del Visconte, del Barone e del Cavaliere?>> Calvino smise di scrivere, guardò un attimo il cristallo appoggiato sul tavolo, alzò gli occhi verso la ragazza, e con quel viso stretto e troppo piccolo su quel collo lungo con voce baritonale disse con una leggera balbuzia:<< Perché, cara ragazza, sebbene li abbia scritti nell’arco di 7 anni, ritengo che le storie siano legate da un filo invisibile>> La loro attenzione fu attirata improvvisamente dallo schiamazzare della gallina. Il locale divenne una pista dove il barista rincorreva il pennuto. <<Un uovo solo non basta >> urlava con voce stentorea l’uomo.

<<Io faccio quello che posso>> replicava la gallina facendo volare alcune piume nell’aria <<non sono un jukebox dove metti una moneta e senti la canzone>> Ormai l’attenzione dei presenti era stata catturata da quella situazione comica e paradossale. <<Intanto prendi questo uovo ed accontentati>>

<<Va bene, ma cerca di impegnarti di più la prossima volta>> concluse il barista raccogliendo l’uovo che nel frattempo era rotolato sotto una sedia, e desistendo dal rincorrere la gallina che nel frattempo era tornata sul tavolo dove la ragazza smazzava continuamente i tarocchi.

<<Come si chiama il vostro accompagnatore?>> chiese Calvino alle ragazze.

<<Per dire la verità non lo sappiamo, di solito lo chiamiamo “barbabianca” vista la sua caratteristica più evidente>> rispose Sandra.

<<E’ strano, ma mi fa venire in mente uno che si chiama: Qfwqf. E anche di lui non si sapeva niente.>> replicò lo scrittore. Mentre “barbabianca” sfogliava il Menabò, i tre continuarono a discutere. << Non è detto che le fiabe debbano esser destinate solo alla fantasia dei bambini, la fiaba riguarda anche gli adulti. I personaggi e le immagini delle fiabe rimangono nella memoria e alimentano la fantasia della gente, piccoli e grandi.>> concluse lo scrittore.

Giunse il momento di ritornare a casa. Si salutarono e si accinsero ad uscire dal locale quando Calvino disse: <<La vita di ognuno è un’enciclopedia, e la fiaba fa parte della nostra vita, senza non potremmo vivere.>> un sorriso increspò il viso di tutti e con un cenno della mano si salutarono. Uscirono dal locale che ormai la sera incombeva. Non riconobbero il posto. Quella parte di città era nuovamente cambiata. Cercarono il campanile senza riuscire a trovarlo, e neanche il giardino labirintico era più visibile. <<Proviamo a tornare nel Caffè Letterario e chiediamo quale strada prendere>> disse Sandra. La nebbia non facilitava la ricerca, ma il caffè sembrava non esserci più. L’autista vide un passante con un cane e chiese:<<Mi scusi ma non c’è un caffè letterario in questa zona?>>

<<Guardi che sono quarant’anni che abito in questa zona e non ho mai visto un Caffè Letterario.>>

<<E un giardino con un labirinto?>> chiese Giovanna

<<Il giardino più vicino si trova a quasi un chilometro di distanza, e comunque non è un labirinto, forse avete sbagliato zona, mi dispiace di non potervi aiutare. Andiamo Bobo>> disse l’uomo al cane e ripresero la passeggiata. <<Cosa volevano quei signori?>> Chiese il cane con una voce simile ad un brontolio. <<Un indicazione, ma secondo me si sono persi nella città>> rispose l’uomo. I tre si guardarono perplessi, ma dopo aver sentito parlare la gallina niente li avrebbe più stupìti. Grazie al senso di orientamento di “barbabianca” riuscirono a ritrovare la macchina, però girarono a vuoto per parecchie ore. Vie, piazze, palazzi e chiese mutavono con velocità sorprendente, sembrava che la città volesse giocare loro. All’improvviso la nebbia si diradò e silenziosa e lieve come un’arpista che pizzica le corde, la notte apparve con la sua coperta scura e stellata, e davanti alla macchina apparve un cartello che indicava la direzione per uscire dalla città. Tirarono un sospiro di sollievo, si rilassarono e mentre l’autista guidava le ragazze sopraffatte dalla stanchezza si addormentarono e non si accorsero del passaggio nella galleria di rami intrecciati. Si risvegliarono quando la macchina costeggiava il lungomare e batuffoli di nubi delle tonalità dell’arancio rubavano il cielo all’azzurro riflettendosi sul mare appena screziato da onde pigre.

Scrisse tutta la notte, e la stanchezza ormai si vedeva sul viso scavato. Diede un ultimo sguardo al foglio, spense la luce. <<Amo le fiabe>> disse e andò a dormire.

 

Alberto Zanini

 

 

la voce del cuore

Racconto contenuto nell’antologia ” La voce del cuore” AAVV assieme agli altri finalisti del concorso letterario “Oceano di carta ed. 2016” in vendita presso il sito della casa editrice Sensoinverso raggiungibile anche dal link sottostante:

www.edizionisensoinverso.it/ordina.htm

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