Tasso : Ecco mormorar l’onde Parafrasi e analisi prof. F. Martillotto
Ecco mormorar l’onde
e tremolar le fronde
a l’aura mattutina e gli arboscelli,
e sovra i verdi rami i vaghi augelli
cantar soavemente
e rider l’orïente;
ecco già l’alba appare
e si specchia nel mare,
e rasserena il cielo
e le campagne imperla il dolce gelo,
e gli alti monti indora.
O bella e vaga Aurora,
l’aura è tua messaggera, e tu de l’aura
ch’ogni arso cor ristaura.
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BIBLIOGRAFIA: Torquato Tasso, Ecco mormorar l’onde, in ID., Rime, a cura di Bruno Basile, Roma, Salerno, 1994, I, n. 143, pagine 154-155
Un’analisi completa e dettagliata del madrigale si legge in Antonio DANIELE, Capitoli tassiani, Padova, Antenore, 1983, pp. 181-202
Ecco mormorare le acque e tremare i ramoscelli
e gli alberelli alla brezza mattutina
e cantare soavemente i leggiadri uccelli
sui verdi rami e risplendere il cielo
ad oriente.
Ecco che ormai appare l’alba e si specchia
nel mare e rasserena il cielo, e la
delicata rugiada rende perlate le campagne
e colora d’oro gli alti monti.
O bella e dolce Aurora, la brezza è tua
messaggera, e tu lo sei della brezza che
conforta ogni cuore arido.
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Schema metrico: 14 versi con 10 settenari e 4 endecasillabi con schema aaBBccddeEffGg
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Commento:
Trattasi un madrigale cinquecentesco, costruito con coppie di versi a rima baciata. La metrica è scandita dall’alternarsi di settenari e di endecasillabi, molto adatti per il canto, come avveniva per molti madrigali del Tasso che sono stati messi in musica. È costruito su due momenti: da una parte i primi 11 versi in cui c’è una rappresentazione della natura con l’apparizione dell’alba; dall’altra i versi finali (12-14) in cui c’è l’identificazione dell’alba con la donna tramite la ripresa del senhal (Aurora, l’aura, de l’aura, ristaura). Notevoli sono i verbi che passano dall’infinito dei primi 6 versi all’indicativo presente dei successivi e le figure retoriche del polisindeto e dell’anafora che creano effetti di amplificazione e sospensione.
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Note esplicative:
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Ecco: l’avverbio, ripreso in anafora al verso 7, crea un clima di improvvisa rivelazione.
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Mormorar…: i verbi all’infinito danno un senso di trepidazione e di sospensione, amplificato dal polisindeto, dalle rime interne e dalle allitterazioni.
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L’aura: la figura del senhal (ripresa al v. 13), di ascendenza provenzale e petrarchesca, richiama allusivamente il tema amoroso: Laura è infatti la donna amata dal poeta e identificata con la brezza vivificante del mattino.
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Appare…: l’uso dell’indicativo presente, in sostituzione dell’infinito, accompagna la rivelazione dell’alba in tutta la sua pienezza.
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E… e… e… e: il polisindeto conferisce continuità al ritmo e ne accresce la musicalità.
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L’aura… messaggera: per dichiarazione dello stesso autore, l’immagine è costruita ad imitazione di Dante il qual disse: È l’aura annunziatrice de gli albori (Purgatorio, XXIV, 144-145
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Figure retoriche:
Similitudine: v. 12: O bella e vaga Aurora: sei bella come un’aurora.
Antitesi: v. 10: imperla il dolce gelo: il freddo duro e “assassino” diventa dolce.
Metafora: il mormorar delle onde, il tremolar delle fronde, il rider dell’oriente, l’alba che si specchia nel mare.
Reciproco rapporto fra l’aura e l’Aurora: (l’aura è tua messaggera, e tu de l’aura) l’aura si identifica con la donna, la donna si identifica con l’alba.
Parallelismo: «mormorar l’onde» vs «tremolar le fronde»; «cantare soavemente» «rider l’oriente»
Chiasmo: «tremolar le fronde / a l’aura» «sovra i rami augelli / cantar»; «rasserena il cielo» «le campagne imperla»; «imperla il dolce gelo» «gli alti monti indora»
Polisindeto: e… e… (vv. 2, 4, 6, 8, 9, 10, 11)
Anafora: Ecco… ecco…
Allitterazione: prevalenza delle liquide r ed l
Prof. Francesco Martillotto