Witold Pilecki – Excursus di Emanuele Airola

Witold Pilecki

(Olonec, 13 maggio 1901 – Varsavia, 25 maggio 1948)

Il gioco che stavo giocando ora ad Auschwitz era pericoloso. Questa frase non rende a pieno la realtà: di fatto, io ero andato ben oltre ciò che la gente nel mondo reale considerebbe pericoloso..

Cap. Witold Pilecki

Premessa.

Ogni qualvolta ci si approcci allo studio ed analisi degli eventi che hanno caratterizzato la seconda guerra mondiale bisogna sempre stare attenti a non farci traviare, dai “malintesi” che, analizzando questo periodo, sembrano non avere fine.

Considerando, per esempio, un equivoco fondamentale riguardante il contesto morale della guerra stessa.

È pensiero comune, perlomeno in occidente, raffigurare le opposte parti suddividendole in due grandi fazioni; un unico regno del male, il Terzo Reich di Adolf Hitler, verso cui si opponeva una coalizione di alleati democratici dediti alla libertà, al rispetto della legge e della giustizia.

Avventurandoci in una analisi più approfondita notiamo subito una discrepanza rispetto a quello appena detto.

Infatti la maggiore potenza militare impegnata nella guerra, l’Unione Sovietica di Iosif Stalin (rus. Ио́сиф Виссарио́нович Джугашви́ли (Ста́лин)), nonostante le rimarchevoli differenze rispetto al nazismo, non può che essere considerata tra i regimi totalitari responsabili di stermini di massa.

L’USSR, nel 1939, stipulerà il patto di non belligeranza (Patto Molotov-Ribbentrop 23 agosto 1939), con la Germania, per poi essere aggredita dalla stessa il 22 giugno 1944 ( con l’inizio della operazione Barbarossa).

I paesi che si trovano in mezzo a questi 2 colossi subirono l’invasione da parte d’entrabe le parti non riuscendo a conoscere, al termine del conflitto, la vera libertà.

Persone come Witold Pilecki , nel nostro caso, ufficiale dell’esercito polacco, ed orgogliosissimo patriota, non poterono che sposare l’unica posizione morale valida, ovvero quella di opporsi sia al naziasmo che allo stalinismo.

Un secondo “fraintendimento” della storia riguarda i campi di concentramento. Alcuni sono ancora persuasi che tali strutture fossero a solo appanaggio nazista. Purtroppo non fu così. Gli stessi sovietici. liberatori di Auschwitz, erano attivamente impegnati nella gestione di un elaborata rete di campi di sterminio ( I gulag ). Dati ormai inconfutabili tradiscono l’atroce verità verità, per cui in queste strutture russe trovarono la morte un numero molto superiore di persone rispetto alle corrispondenti strutture tedesce.

Premesso questo, iniziamo, a conoscere il protegonista di questo approfondimento.

Approcciandosi allo studio di Pilecki, intesa come figura storia, non sempre si riesce ad apprezzarne la sua grandiosità, almeno inizialmente.

Da notare che alcuni autori iniziarono realmente a considerarlo solo quando scoprirono il tuo sitorno a Varsavia al termine della guerra, nonchè la sua opera nella organizzazione e guida della rivolta della città.

Ma andiamo per gradi.

Durante la seconda guerra mondiale, un periodo di profonda oscurità sulla terra, molti uomini e donne, attinsero al loro coraggio, ed a risorse psicofisiche che spesso loro stessi ignoravano di avere si ribellarono, mobilitandosi contro il MALE. Alcuni di questi furono spinti in condizioni estreme che li misero a dura prova, sia nello spirito che nel corpo. Una percentuale ancor minore andarono incontro al pericolo per combatterlo.

In questo selezionatissimo gruppo spiccherà il capitano Witold Pilecky il quale scelse, volantariamente, di essere rinchiuso ad Auschwitz, in incognito. La sua missione era, praticamente, suicida.

Quando ci addentreremo nel alvoro compiuto da Pilecky non potremo che considerarlo un fulgido esempio di eroismo, di quel sentimento che trascende la religione, le differenze etniche ed il tempo.

Witold Pilecki, l’Occidente ed il Grande Pubblico.

Mi sono imbattuto, nella figura di questo uomo, quasi per caso. Dopo poco non ho potuto fare a meno di domandarmi come mai questa persona, e la sua storia, fossero quasi sconosciute in occidente. La risposta è drammaticamente semplice. Tutto fu “soppresso” dal regime comunista polacco del dopoguerra. Bisogna ricordare che nel 1944 Pilecki ritornò a Varsavia ove lavorò per i servizi segreti dell’Esercito Nazionale Polacco, si impegnò più che attivamente nella rivolta della città, fu catturato dai tedesci terminando la guerra in un campo di prigionia. Nel 1945, conclusosi il conflitto si offrì volontario per tornare nella sua Polonia che si trovava, in quel momento sotto l’influenza comunista. Questa volta la missione consisteva nel raccogliere informazioni per il governo polacco in esilio. Come accennato, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale la Polonia era sottoposta ad una feroce processo di sovietizzazione. Arresti sistematici, incarcerazioni, fucilazionie deportazioni di cittadini polacchi appartenenti alla Armia Krajowa, (principale movimento di resistenza nella Polonia occupata dai tedesci ed attiva dal 1939 al 1945), erano comuni. Dobbiamo inquadrare in questo scenario la sua ultima missione nel 1948. Durante questa Pilecki fu arrestato con l’accusa di essere una spia occidentale, sottoposto ad un processo dal verdetto già scritto, e condannato a morte. La sentenza fu eseguita, all’interno del carcere di Varsavia il 25 maggio 1948, tramite un proiettile sparato alla nuca. Il capitano Witold Pilecki aveva 47 anni. Tutte le sue imprese furono deliberatamente cancellate dalla storia del Paese. Ad oggi rimane ignoto il luogo della sua sepoltura, anche se, alcuni autori, sostengono che le spoglie terrene di questo uomo non abbiamo potuto godere di una tomba.

Fu Józef Garliński, anche lui internato ad Auschwitz nel 1943, a portare a conoscenza del grande pubblico la figura di Pilecki tramite il suo libro pionieristico “Oświęcim walczący” (1973) successivamente pubblicato l’anno seguente in inglese col titolo “Fighting Auschwitz : the resistance movement in the concentration camp”. Questa opera rappresenta il primo studio sistematico del movimento di resistenza all’interno del Campo. La sua redazione comporterà un grande studio ed analisi. Nonostante diversi tentativi di riabilitazione dal finire degli anni ’70 ad opera della moglie, solo con la caduta della cortina di ferro negli anni ’90 la figura di Witold Pilecky fu presentata ai suoi connazionali. La sua considerazione mediatica avverrà con la trasposizione cinematografica della sua vita.

L’Uomo.

Witold Pilecki (α Olonec 13 maggio 1901 – Ω Varsavia 25 maggio 1948), nasce da una famiglia polacca di Olonec spiccatamente patriottica. Come molti uomini e donne polacchi dell’epoca siamo davanti ad una persona profondamente patriottica e cattolica. L’educazione avverrà a Wilno (attualmente Vilnius capitale della Lituania), ed a Orel. Witold iniziò, sin da giovane a frequentare organizzazioni clandestine polacche bandite dai russi. Già nelle operazioni militari contro i bolscevichi a cavallo tra il 1919-1920, Pilecki ebbe un ruolo attivo. Nel 1921, a seguito di problemi economici lascerà gli studi in belle arti presso l’Università Stefan Batory di Vilno aderendo alla Unione per la Sicurezza Nazionale, dove presterà servizio per un paio d’anni.

Indubbiamente siamo davanti ad un uomo dai molteplici talenti, è noto che scrivesse poesie, suonasse strumenti musicali e dipingesse.

La vita di Pilecki si è sempre svolta a stretto contatto di “faccende ed eventi” militari. Tocchiamo, sinteticamente, i principali passi del suo impegno in ambito marziale e che indubbiamente hanno contribuito a formare sia il fisico che lo spirito del soldato Pilecki.

Nel 1926, a 25 anni, con il grado di sottotenente della Riserva di Cavalleria, viene inquadrato nel 26° Ulani. Negli anni ’30, non solo sposò Maria Ostrowska, maestra di scuola elementare che gli darà due figli, ma si adopererà a fondare una unità di volontari di cavalleria che solo successivamente verrà inquadrata nell’esercito regolare.

Nell’agosto del 1939 Pilecki venne mobilitato, combatterà con la sua unità di cavalleria, all’inquadrato nella 19° Divisione di Fanteria, contro le forze armate tedesche che stavano invadendo la sua nazione.

Nonostante il valore dimostrato l’unità di Pilecki verrà sconfitta, del nemico, il 6 settembre dello stesso anno.

Lui continuerà ad avere un ruolo combattente sino alle 17/10 nonostante l’invasione sovietica della Polonia, la formazione del governo polacco in esilio e la caduta di Varsavia.

Assieme a diversi civili e militari già durante il settembre del 1939 andrà a creare una organizzazione di resistenza militare clandestina che prenderà il nome di TAP (it. Esercito Segreto Polacco). Questa struttura trae forza da saldi principi patrottici e cristiani. Il progetto ebbe particolarmente successo, tanto che arriverà a contare quasi dodicimila membri. Il TAP verrà poi inglobata ne ZWZ (it. Unione per la Lotta Armata) successivamente rinomitata AK, Armia Krajowa (it. Esercito Nazionale).

È il 1940 quando Pilecki si offre volontario per l’essere incarcerato ad Auschwitz compiendo una missione ben precisa sui qui motivi ci soffermeremo più avanti. Era il 19 settembre quando avvenne l’arresto durante una retata condotta dai militari tedeschi.

21/22 settembre 1940. In questa data vi è l’ngresso nel Campo di concentramento di Auschwitz con

tutte le implicazioni che cercheremo di analizzare. Al momento dell’ingresso Pilecki ebbe l’accortezza di registrarsi sotto il falso nome Tomasz Serafinski, persona relamente esistita, di qui si era impadronito dei documenti ritrovati, qualche tempo prima, abbandonati in un rifugio. Nel Campo, nonostante le sofferenze e le palesi difficoltà, Pilcki, da subito, cercherà i membri del TAP per dare inizio, a strutturare la sua organizzazione segreta. Il TAP verrà successivamente rinominato in ZOW (it. Unione delle organizzazioni militari). Geniale la sua progettazione, essa era formata da “cellule” che prenderanno il nome di “cinquine”, talvolta composte da più di cinque uomini, l’una indipendente dall’altra altra, in questo modo se una “cellula” fosse stata scoperta , ignorando sia il numero che la composizione delle altre, non sarebbe stato impossibile comprendere tutta l’organizzazione. I membri di ogni “cinquina” recluterà ed organizzerà i membri che andranno a formarne altre, in una struttura piramidale. Il tutto era supervisionato da “Cinquine superiori”. L’efficacia di questo tipo stutturazione è palese, si basti pensare che le stesse “autorità” del Campo non riusciranno mai ad identificare il Pilecki come l’astuto organizzatore del tutto.

Tra le attività che vennero sostenute e/o eseguite dalla ZOW forse la più strabiliante fu la capacità di fornire, ai capi della Resistenza Polacca il primo “rapporto”, riportante le condizioni dei prigionieri sia russi che polacchi nonchè dei primi drammatici passi dello sterminio ebraico a Birkenau (ottobre 1940); redatto con strumenti e su supporti di fortuna, verrà fatto uscire dal Campo grazie ad un prigioniero liberato. Una copia del documento arriverà al governo polacco in esilio nel marzo del 1941, le informazioni contenute successivamente condivise tra gli alleati.

È accertato che negli stessi rapporti preliminari venisse più volte richiesto, alla Resistenza Polacca, di attaccare il Campo; nessuna azione, in merito, verrà mai intrapresa.

Da non sottovalutare anche il contributo alla unificazione ed al dialogo politico che Pilecki offrì con la sua opera. Nonostante il suo approccio dichiaratamente apolitico. Verso la fine del 1941 si venne a a formare un comitato politico nel quale andarono a confluire tutti i rappresentanti politici, di tutte le fazioni, presenti nel Campo.

Il comando dello ZOW verrà poi ceduto, da Pilecki, al colonnello Kazimierz Rawicz a sua volta già comandante del gruppo ZWZ/AK nel Campo. Questo passaggio di consegne fu reso necessario per tacere diverse illazioni provenienti direttamente da altri prigionieri del campo che, accusarono direttamente Pilecki di organizzare e lavorare solo per soddisfare il suo ego.

Aprile 1943. Stanco dell’immobilismo e del silenzio delle autorità polacche, di fronte alle sue richieste Pilecki decide di fuggire dal Campo. La sua evasione tanto roccambolesca quanto minuziosamente progettata, per quanto era possibile considerando le condizioni dei progionieri ed il serrato controllo delle SS, ebbe successo e potè tornare libero.

Nonostante la sua personale testimonianza, sia le autorità locali che regionali dell’AK rimasero impassibili di fronte alle sue pressioni per condurre una azione militare finalizzata a liberare i prigionieri del Campo.

Riassignato successivamente al Comando Supremo dell’AK in Varsavia divenne membro del NIE, organizzazione anticomunista, con il ruolo di operare all’arrivo della Armata Rossa, combattè valorosamente durante la Rivolta di Varsavia del 1944.

Catturato dall’esercito tedesco rimase detenuto, spostatonel tempo, in diversi campi di prigionia.

Riguadagna la libertà e viene aggregato al secondo corpo d’armata polacco in Italia. Durante questo periodo scriverà il “Rapporto del 1945”, sul quale ci soffermeremo successivamente, ed inizierà la sua ultima missione che lo riporterà in Polonia e lo condurrà alla morte.

Witold Pilecki e la sua famiglia.

Witold Pilecki

È interessante spendere qualche parola sul rapporto che Pilcki ebbe, durante il periodo di prigonia ad Auschwitz  con la sua famiglia. Leggendo il “Rapporto” nella sua versione finale redatta nel 1945 possiamo apprezzare il fatto che, durante l’internamento, mentre Pilecki parla serenamente degli amici tralascia quasi completamente di riferirsi alla sua famiglia. Questo se escludiamo alcuni passaggi durante i quali si preoccupa, dopo aver ricevuto dai famigliari pacchi con generi di conforto, che possano essere individuati Ignoriamo ad oggi dove la moglie ed i figli avessero trovato riparo durante quel periodo o cosa stessero facendo. Non si ritroveranno se non dopo la fuga dal campo ed il ritorno in Polonia.

Fuori discussione il forte sentimento che ha sempre legato Pilecki con la sua famiglia. Sarà per stare vicino a loro che chiederà, ottenendo, il permesso da parte delle autorità militari polacche in esilio di rimanere nella sua patria. Scelta che gli costerà la vita.

La Morte di Pilecki.

Successivamente alla “liberazione” dalla occupazione tedesca operata dalla Armata Rossa, in Polonia inizierà un vero e proprio processo di sovietizzazione; questo avveniva tramite arresti, incarcerazioni arbitrarie, deportazioni dei membri appartenenti e/o appartenuti alla resistenza polacca.

Tutti questi atti erano compiuti con ferocia da unità polacche comandate da autorità filo sovietiche.

Di fronte a tutto questo Pilecki dette la sua disponibilità per rientrare in patria per contribuire, con la sua esperienza, alla “Resistenza”. Assegnato a questo nuova missione infiltrò i Servizi di Sicurezza inviando diversi rapporti fino a quando non gli fu richiesto di rientrare in Italia in quanto le false identità, da lui usate, erano state scoperte.

Nonostante il palese pericolo, Pilecki, chiese di rimanere in patria; va considerato che in Polonia vi erano la moglie ed i due figli. Fortunatamente, durante questa missione riuscì ad andarli a trovare, rivedendoli per la prima volta dal suo arresto ed internamento ad Auschwitz.

Maggio 1947. Pilecki viene catturato dalla polizia segreta polacca. Poco dopo l’arresto si svolgerà un processo-farsa, tenuto da autorità militari, il cui esito era già segnato. Durante il procedimento gli furono mosse le accuse di aver organizzato attacchi armati nei confronti di membri della polizia segreta polacca, Pilecki rifiutò le accuse e si difese caparbiamente. La sentenza fu la condanna a morte. Con amarezza nelle vesti di prigioniero riferirà che “Auschwitz era stato un gioco da ragazzi” rispetto al trattamento riservatogli dai compatrioti addestrati dai sovietici.

25 maggio 1948. Pilecki verrà giustiziato con un colpo d’arma da fuoco nella prigione di Varsavia; la salma tumulata in un luogo segreto che non verrà comunicato neppure ai cari più stretti. Alcuni autori, si spingono a pensare che le spoglie mortali di Pilecki non abbiano potuto godere di una tomba. Per concludere ai famigliari su imposto, dalle autorità polacche filo-sovietiche, di non ricordare il congiunto.

Nonostante i costante impegno profuso dalla moglie per tentare di riabilitare il marito, l’oblio calò su di lui e sulla sua opera.

Il silenzio durò fino al 1989 quando, complice il “Crollo della Cortina di Ferro”, si potette iniziare ad esplorare, storicamente, il Capitano Witold Pilecki, che oggi viene presentato come eroe della Polonia moderna.

Pilecki ed Auschwitz.

Nell’attuale panorama editoriale italiano, le pubblicazioni inerenti a Witold Pilecki sono tanto poche quanto autorevoli. La principale fonti di informazione, ed analisi, rimane comunque il suo “Rapporto”, redatto in pochissimo tempo per mano dello stesso.

Purtroppo non siamo in grado di sapere se i suoi precoci avvertimenti, se ascoltati, avrebbero potuto cambiare il corso stesso della Storia.

La testimoninanza di Pilecki descrive il primo periodo di attività del Campo, ovvero dal settembre 1940 all’aprile 1943. Quando Pilecki vi fu internato il Campo era stato aperto da poco. Scorrendo le pagine comprendiamo la quantità di informazioni che ci vengono fornite. Un esempio? Molti, ancora oggi, ignorano che Auschwits nacque con la funzione di campo di concentramento per prigionieri politici polacchi, evolverà successivamente divenendo luogo di morte per i soldati sovietici catturati al fronte. Dal 1942 con la messa in atto della “Soluzione Finale” per gli ebrei, da parte della Germani naziata, Aschwitz raggiungerà la sua forma definitiva. Quindi le osservazioni riportate del documento ci aiutano a formare un quadro più completo dello sviluppo della struttura, della sua organizzazione ed evoluzione.

La Missione.

Nel momento in qui Pilecki accetta di infiltrarsi nel Campo i suoi ordini sono chiari e gli obbiettivi definiti.

La missione presentava diversi scopi: Risollevare il morale dei detenuti fornendo loro informazioni dall’esterno ed eventualmente razioni extra; Trasmettere, al comando e/o ai superiori, quello che avveniva nel campo; Porre le basi per una rivolta armata dei prigionieri.

Elencato in questo modo potrebbe già sembrare complesso. La realtà supererà l’immaginazione. L’oera organizzativa condotta da Pilecki, con l’aiuto dei suoi collaboratoi, risulterà essere colossale. Essa passava, di fatti, dall’aiutare i prigionieri a sostenere la situazione sia umanamente che psicologicamente, magari facendoli assegnare a mansioni meno pensanti oppure da svolgersi al coperto, i malati veniva ricoverati all’ospedale, per noi una banalità, ma in quelle considiozni un vero e proprio miracolo. Per finire con il far fronte alle necessità oggettive delle persone, vestiti o scarpe, tramite un processo di “organizzazione” (furto) condotto con destrezza ed eleganza.

Da non sottovalutare la raffinata opera di infiltrazione avvenuta nelle varie squadre di lavoro da parte deglio uomini di Pilecki.

L’obbiettivo di lungo termine era quello di reclutare uomini valenti che avrebbero dovuto avere un duplice ruolo; quello di scalzare i delinquenti tedeschi, prigionieri, in modo da alleviare la grama condizione egli altri reclusi, d’altro canto, in caso di insurrezione dei prigionieri del Campo, avrebbero avuto un ruolo strategico nelle operazioni di guerriglia.

Pilecki non riceverà mai supporto esterno per l’occupazione del Campo, nonostante le numerose richieste. L’Esercito Nazionale Polacco prenderà in considerazione l’azione ma arriverà a scartarla. Sia la posizione del Campo che le esigue forze polacche, rispetto alle migliaia di SS stanziate in loco, rapprentarono problemi insormontabili.

Il “Rapporto” Pilecki.

Pilecki, durante la sua detenzione, riuscirà, tramite mezzi di fortuna, ad inviare dei rapporti parziali ai suoi superiori. Documenti scritti su supporti approssimativi ed affidati a prigionieri liberati. Difatti, fino ad un certo momento le famiglie potevano riscattare i maleaugurati pagando somme inusitate. Dopo che il Campo divenne anche campo di sterminio, non vi fu più questa possivilità.

Attualmente la versione finale del documento orginale, del 1945, è conservata presso il Centro studi sul movimento clandestino polacco con sede a Londra (UK).

Questo non è altro che la 3° versione del “Rapporto”, quella più completa.

E le precedenti due versioni? Presto detto. La prima versione fu redatta appena dopo la fuga dal campo nel giugno del 1943 e consisteva di 11 pagine e mezza. Dopo essersi ripreso, qualche mese dopo, Pilecki redasse una seconda versione, più estesa, che prenderà il nome di “Rapporto W”.

La terza versione, di cui ho precedentemente accennato, verrà poi stesa durante il periodo di servizio in Italia, 1945, a seguito del Secondo Corpo d’Armata Polacco sotto il Comando Britannico. Essa sarà composta da un centinaio di pagine dattiloscritte e riporta numerose annotazioni al margine scritte a mano, ad ulteriore testimonianza della rapidità con cui fu steso. Curioso il fatto che, questa versione finale, non presenterà nessun titolo.

Durante le varie stesure, Pilecki, sostituirà il nome della maggior parte delle persone con lettere o/e numeri. Non si tratto di un mero atto di insensibilità ma di sicurezza. Le ritorsioni erano in agguato e continuarono, seppur brevemente, anche dopo l’armistizio. I codici per interpretare i rapporti sono andati perso. Solo con l’aiuto di ricercatori quali Józef Garliński ed Adam Cyra, che lavorarono presso il Museo di Auschwitz-Birkenau, molte delle informazioni sono state recuperate. Nonostante l’impressionante mole di lavoro, ed alcuni ritrovamenti presso gli archivi storici, le tre versioni del “Rapporto” presentano alcune discrepanze. Chiunque si approcci alla lettura di questo documento deve considerare che, come indicato dallo stesso autore, si tratta di un rapporto redatto per scopi militari quindi scritto con uno stile asciutto, stilisticamente semplice talvolta con ripetizioni. L’autore, sei suoi scritti privati, si rammaricherà di non aver avuto abbastanza tempo per curare ulteriormente il suo elaborato. Lo scritto acquisisce, in questo modo, uno stile diretto, quasi che lo stesso autore ci stesse raccontando la storia. Il documento è, ovviamente redatto in polacco, ma con l’utilizzo di termini in tedesco, che era la lingua ufficiale del campo. È un documento potente nella sua immediatezza, si rivolge a noi facendo luce sul mondo brutale e perverso del Campo. Il “Rapporto” è scritto in modo più o meno cronologico senza suddivisioni in capitoli.

Conclusioni.

Nonostante quello scritto sopra possiamo serenamente affermare di aver solo scalfito la figura e l’opera di Witold Pilecki. È comunque venuto il momento di avviarci a trarre qualche conclusione ed analisi finale.

Siamo davanti ad un uomo onesto e pratico senza alcune precluzione politica/ideologica. L’unico suo vero amore, se escludiamo il sentimento verso la sua famiglia, è quello per la sua Patria e per la Fede Cristiana. Nel suo scritto, raramente si avventurerà nella dissertazione filosofica o nella introspezione. Non che non ne fosse capace grazie ai suoi studi classici. Stiamo comunque parlando di una persona abbondantemente fuori dall’ordinario sotto ogni punto di vista. Riuscirà a amantenere una impressionante presenza di spirito nonchè buon senso in circostanze atroci, riuscendo, nel contempo ad aiutare i propri compagni organizzando una rete di resistenza clandestina. Stupefacente il suo autocontrollo, essenziale per sopravvivere nel Campo. Riuscendo a mortificare i propri bisogni fisiologici non cedendo alla fame, serbando il cibo per il giorno successivo. Per noi può sembrare una cosa quantomeno fattibile, ma in un campo di concentramento risulterà essere uno sforzo al limite delle possibilità umane.

Pilecki sosterrà, una volta nel Campo, di aver raggiunto in poco tempo una serenità o felicità d’animo a seguito della solidarietà che si era venuta a creare tra i polacchi prigionieri. Quasi una dimostrazione di come, in realtà, sarebbe potuta essere la sua Polonia, unita e solidale.

Il documento redatto da Pilecki ha anche un grande ruolo nella comprensione globale di Auschwitz. Di fatti, mentre la maggior parte della gente lo associa alla attività di sterminio condotta conl’ausilio delle camere a gas, poche persone sono informate sulle attività relative alla prima fase di vita del Campo. Durante questo momento iniziale le sue vittime furono i cristiani polacchi, prigionieri politici, che venivano stroncati dalle avversità incui vivevano e dal lavoro massacrante.

Il Campo nasce nel 1940 con lo scopo di sbarazzarsi di attivisti politici e solo successivamente verrà trasformato, con lucida determinazione nella macchina di morte che conosciamo.

Altra nota drammatica, che Witold, ci porge con il suo lavoro è la conoscenza del drammatico destino riservato ai prigionieri di guerra russi, la cui sorte è, sin dalla cattura, segnata. Essi verranno uccisi.

Tutto questo ci mostra gli abissi nei quali gli esseri umani possono sprofondare in assenza di regole morali e/o etiche.

Bisogna anche considerare l’altra faccia della medaglia; possiamo intravedere un raggio di speranza in tutto questo dolore. Infatti, nella più profonda depravazione vi sono comunque persone che rimangono fedeli a virtù quali compassione e coraggio. In più occasioni vengono descritti uomini che pur essendo in considerevoli difficoltà di sopravvivenza, non sono stati disposti a farlo a spese degli altri, giungendo ad elevarsi al di sopra del Male che li circondava.

Come abbiamo detto più volte, Pilecki è un credente. Il “Rapporto” non è comunque una testimonianza di valori cristiani, in esso troviamo però tutte quelle “virtù” umane assolute che dovrebbero essere comuni alle Fedi di tutto il mondo.

In più occasioni viene espressa la rabbia verso l’umanità stessa che è riuscita a sprofondare in un tale abisso. Nonostante che a Pilcki gli fosse stato espressamente chiesto, dai suoi superiori, di redigere un algido rapporo militare, queste riflessioni etico/morali costelleranno, sintetiche, l’intera opera.

La fede nella quale Pilecki si rispecchia segue molto le indicazioni dell’Antico Testamento. Questo lo indurrà a “rispondere al fuoco col fuoco”. Pilecki soprassiede sul fatto che la sua organizzazione aveva organizzato un tribunale, con il contributo di un paio di giuristi imprigionati nel Campo, per mantenere una parvenza di legalità. I casi discussi da questa “struttura” erano relativi a Kapo di inaudita crudeltà, SS e/o informatori che venivano “soppressi” senza troppi scrupoli. Il luogo delle esecuzioni? L’ospedale del Campo.

Durante la sua opera Pilecki mette bel in risalto una delle metodologie più subdole usate dalle SS per la gestione dei prigionieri, ovvero il ricatto psicologico. Cosa accadeva? Al momento dell’ingresso nel Campo, il detenuto, doveva fornire un recapito di residenza della propria famiglia. L’informazione veniva puntualmente verificata. In questo modo, temendo atroci ritorsioni sui propri cari, il prigioniero eseguiva qualsiasi ordine ed accettava qualsivoglia vessazione. Ne è la drammatica testimonianza la fucilazione di 200 uomini che andarono incontro al loro destino, senza scorta, non opponendo alcuna resistenza temendo feroci ripercussioni nei confronti dei famigliari.

Durante la sua permanenza come prigioniero, Pilecki non solo porrà le basi per la sua organizzazione ma, contribuirà, involontariamente, ad un riavvicinamento tra le fazioni politiche presenti nel campo e che erano rappresentative delle fazioni politiche dello Stato Polacco ante occupazione. Questo rappresentava un risultato di grande rilievo considerando le tensioni intercorse tra i vari partiti nel periodo tra le due guerre.

Il rapporto finale di Pilecki è il solo documento che raggiungerà il governo polacco in esilio? No. É storicamente documentato il fatto che l’organizzazione segreta del Campo invierà, durante il suo periodo di attività, all’Esercito Polacco nonchè al Governo Polacco in esislio a Londra diversi rapporti riportanti le condizioni dei prigionieri nonchè informazioni sui primi atti di sterminio a carico della popolazione ebraica.

Perchè vi è stata una reazione così lenta del mondo all’abominio dei campi ed a quello che vi accadeva? Dare una risposta ad una domanda del genere non è facile. In questa sede possiamo solo avventurarci in una analisi oggettiva. Possiamo notare che lo stesso Pilecki, nonchè gli uomini a lui vicini, nonostante assistessero ad eventi riprovevoli non riuscissero a concepire l’enormità nonchè la “scala” dei crimini, in cui vivevano, data dal crollo di qualsiasi codice umano e morale degli uomini.

Emanuele Airola

Bibliografia.

  1. “Pilecki” Regia: Mirosław Krzyszkowski, con Marcin Kmasny, ZWIASTUN-POLSKI FILM (Uscita 25 settembre 2015)
  2. Marco Patricelli, L’eroe che svelò Auschwitz e non fu creduto, in La Verità, 25 gennaio 2018
  3. Marco Patricelli, Il volontario, Roma, Laterza, 2010, p. 247 e ss., ISBN 9788842091882.
  4. Józef Garliński: Fighting Auschwitz: the Resistance Movement in the Concentration Camp, Fawcett 1975, ISBN 0-449-22599-2; Time Life Education 1993, ISBN 0-8094-8925-2.
  5. Witold Pilecki: Il volontario di Auschwitz, traduzione di Annalisa Carena, Piemme 2014, (t.o. The Auschwitz Volunteer), ISBN 978-88-566-3366-5.

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