Voivod – The Outer Limits – Ai limiti estremi del rock ci sono i Voivod.

Voivod – The Outer Limits

Anno: 1993

Paese di provenienza: Canada

Genere: progressive rock/ hard rock

Membri: Michel Langevin – batteria, tastiere, effetti; Denis Bélanger – voce e effetti; Denis D’Amour – chitarra, tastiere, effetti

Casa discografica: MCA Records

 

  1. Fix My Heart
  2. Moonbeam Rider
  3. Le Pont Noir
  4. The Nile Song
  5. The Lost Machine
  6. Time Warp
  7. Jack Luminous
  8. Wrong – Way Street
  9. We Are Not Alone

 

I Voivod ascoltati su Angel Rat sembravano ormai votati al lato più intimo ed essenziale della loro anima musicale; non sorprende quindi notare come The Outer Limits confermi questo andamento. Allo stesso tempo ci troviamo di fronte all’inizio di uno sgretolamento che parte con l’abbandono di Jean – Yves Thériault. Se da una parte il post Nothingface segna un impoverimento della vena creativa, dall’altra il gruppo canadese continua ad affascinare mettendo sempre in risalto la propria personalità anche quando si confronta con forme musicali meno pretenziose.

The Outer Limits è di fatto un saggio di rock, più o meno progressivo, infallibile e ammaliante nelle sue tessiture aliene. Fix My Heart è la tipica cavalcata d’apertura, energica e trascinante; nulla di elaborato intendiamoci, ma perfetta nello snodo musicale e vocale che vede ancora Bélanger come uno dei cantanti più rispettabili del panorama rock mondiale e D’Amour come uno dei chitarristi più competenti.

Ascoltando poi i fraseggi sognanti di Moonbeam Rider, una sorta di ibrido tra Hawkwind e Motorhead, non è necessario riflettere troppo a lungo sul fatto che dovrebbero essercene di più di gruppi come i Voivod. Non c’è quindi da stupirsi quando da un brano semplicemente magico si passa alla geniale Le Pont Noir, episodio atipico e cadenzato. Una sinfonia spettrale e angosciosa, guidata da chitarre serpeggianti e vocalizzi iper dilatati che si perdono nella nebbia di una notte umida e inquietante. Viene quasi da pensare che certi episodi abbiano in qualche modo anticipato i Metallica acidi di Load e Reload, quasi contemporanei, seppur con un’attitudine molto meno radiofonica. I Voivod non dimenticano neanche stavolta una delle loro influenze principe del periodo prog, ed ecco quindi comparire un’altra cover dei Pink Floyd, sempre alla loro maniera, poco conosciuta ma estremamente coerente con il loro stile. The Nile Song non è certo la canzone del fenomenale gruppo inglese che ricordiamo con più affetto, ma nelle mani dei Voivod e inserita in questa scaletta acquisisce il rispetto che merita!

Massiccia e prorompente, The Lost Machine riprende il piglio claustrofobico di casa e lo abbina ad un incontro heavy industrial in cui tornano a far capolino anche i riff stoppati ed imprevedibili di Killing Technology. Time Warp, da contraltare mette in contatto il gruppo con sentori psichedelici e rock, in cui probabilmente le linee melodiche risaltano come in nessun altro momento di The Outer Limits. Jack Luminous è una delle summe dei Voivod progressivi: una suite di diciassette minuti corposa e pregevolmente architettata, che racchiude tutta l’essenza del disco portandola ad un livello altissimo.

Wrong – Way Street e We Are Not Alone chiudono invece il discorso nella maniera più ferale e graffiante, come piccole schegge di heavy rock. Che si passi da un genere ad un altro i Voivod ottengono sempre risultati eterogenei, e per Outer Limits riuscirci, considerata la sua varietà, è un dato ancora più entusiasmante. Al diavolo le tendenze, noi siamo i Voivod e facciamo il cazzo che ci pare e lo facciamo benissimo.

Voto: 10

Zanini Marco

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