Vexovoid – Call Of The Starforger – Profeti del vuoto. Discepoli dei Vektor.

Vexovoid – Call Of The Starforger

Anno: 2017

Paese di provenienza: Italia

Genere: thrash metal tecnico

Membri: Danny Brunelli – basso e voce; Leonardo Bellavista – chitarra; Mattia Mornelli – batteria

  1. Omega Virus
  2. Infinite Collector
  3. Quantic Rupture
  4. Waking Mars
  5. Galaxy’s Echoes
  6. Prophet Of The Void
  7. Hexaspark Fortress
  8. Dead Planets Throne
  9. The Starforger

Casa discografica: Earthquake Terror Noise

Se si parla di thrash metal ad alta matrice tecnica non si può non pensare ai Vexovoid. Il gruppo senese aveva già colpito nel 2014 con Heralds Of The Stars, un EP indipendente che lasciava presagire sviluppi futuri molto interessanti. Danny, Leonardo e Mattia nel frattempo hanno continuato a suonare dal vivo ma non hanno più prodotto niente per tre anni. Una pausa necessaria, che li ha portati a riunire nel loro debutto sulla lunga distanza la tempesta galattica che ha investito la loro ispirazione. Lo scioglimento (non si sa se temporaneo o definitivo) dei padri putativi Vektor potrebbe essere stato percepito come un passaggio di testimone, o una ragione in più per incidere questo Call Of The Starforger, che tanto ha del succitato gruppo americano (prima lo erano i Voivod, ma a più riprese sembra che ormai la lezione thrash metal tecnica e tecnologica dei fenomeni canadesi sia stata assorbita e rielaborata in una nuova forma).

Se le influenze d’oltreoceano a volte si fanno così nette da rasentare il plagio non si può negare la qualità insita in questo disco. Omega Virus, traccia d’apertura, ha un incedere marziale e severo, una frequenza anomala che non può che provenire da un’altra galassia. Un passaggio obbligato nelle strutture dei Vexovoid, che con certezza e precisione matematica viene rotto da una frustata convulsa come una cavalcata spaziale. L’architettura si evolve in fasi più lente e frammentate condotte da riff extra – dimensionali da applausi. La furia e la velocità trovano sempre un ordine nelle partiture cesellate, raggiungendo un livello di compostezza di altissimo livello. I riff dissonanti di Infinite Collector, così come gli assoli melodici, ci conducono nelle scie stellari cangianti di vortici sonori affascinanti ed estasianti. In Quantic Rupture l’approccio si fa’ ancora più ragionato e lento, forse andando a calcare troppo la mano e rendendo l’ascolto più faticoso da digerire e anche meno coinvolgente. Il copione successivo è il medesimo: ripartenze al fulmicotone, alienanti e iper compresse sulle note alte. Un’edificazione sonora a cui i nostri forse dovrebbero trovare un’alternativa in futuro per evitare una pesante monotonia. Waking Mars, grazie ad alcune intuizioni superbe, si rivela invece uno dei momenti migliori di Call Of The Starforger. La batteria viene chiamata a rincorse inarrestabili che vengono accompagnate da accordi aperti emozionanti. Notevole anche il crescendo solista. Un gioiello. Galaxy’s Echoes è forse il pezzo più derivativo ma anche quello più intelligente e studiato. Lunga e maestosa, si apre con un arpeggio di chiara ispirazione Metallica per poi virare nella parte centrale sulle raffinatezze dei Death di Human. Un tentativo riuscito e di grande classe di fondere sonorità progressive con quelle thrash e un viaggio in cui vale la pena farsi trascinare. Per la sua complessità e la sua ambizione non si può dire che Call Of The Starforger sia un disco facile, infatti per comprenderne pienamente la bellezza andrebbe ascoltato un paio di volte. Dopo diversi ascolti comunque rimane l’impressione che in alcuni punti sia troppo ostinato, tuttavia anche quando sembra aver detto tutto spuntano canzoni di indubbio valore. Prophet Of The Void, che avevamo già sentito in Heralds Of The Stars, è il serbatoio della bravura dei tre componenti, Hexaspark Fortress si fa’ ammirare per i suoi assoli fluviali e le sue chitarre terremotanti, Dead Planets Throne ha un riff geniale che nel suo piccolo passerà alla storia. Completa e risolutiva, The Starforger, arriva con il suo carico di chitarre che si stoppano e si sdoppiano riaccelerando sempre con cognizione di causa. La sublimazione catartica del disco stesso.

vexovoid.bandcamp.com/

Il primo grande lavoro dei Vexovoid porta con se una qualità superiore, un’attenzione maniacale per i particolari e un gusto necessario per mantenere vivo ed interessante il genere (grazie anche alla copertina impressionante e visionaria di Marco Hasmann). Con un approccio ancora più personale, e meno devoto a cose già sentite, magari esplorando maggiormente le mille sfaccettature che può offrire il progressive, i Vexovoid diventerebbero fenomenali. Per ora si sono avvicinati al capolavoro.

Voto: 9

Zanini Marco

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