“Tra il Piave e la Luna” Analisi silloge e intervista all’autore Michele Carniel

“Tra il Piave e la Luna” è una silloge di Michele Carniel, formata da poesie e riflessioni in prosa, pubblicata nel 2019 da Sillabe di Sale Editore.

Il poeta che titola ogni sua opera, alterna testi lunghi a istantanee, più veloci, ma d’impatto.

 

Vediamo di analizzare meglio la sua poesia:

 

“Mi sono addormentato sulle tue iridi”, “ma non riesco a fare a meno di te”, l’amore è un sentimento puro e sublime, ma anche fisico come “volgare e onnipresente sapore”, qualcosa che lacera dentro e consuma sia il fisico che l’anima.

“Donna, sei tu l’eternità che ci è stata promessa”, così scrive Michele, la donna assurge certamente a simbolo di vita, in quanto accoglie questo grande miracolo, ma non solo, riesce a sublimare il dolore in coraggio, affrontando momenti della vita non sereni, anzi molto dolorosi.

In questo compendio, viene enfatizzata la figura femminile, come portatrice di bellezza e di spiritualità, qualcosa che con la sua autenticità riesce a fronteggiare persino Dio, essendo lei la sua emanazione massima per doti ed equilibrio. Ma non solo, la donna è vicina alla natura, sente e completa il disegno divino, in quanto figura eterea, una musa che ispira il poeta, come Beatrice per Dante.

Ma qui c’è anche un richiamo al fisico della donna amata, alla sua femminilità sensuale, ai suoi gesti, persino ai suoi pensieri.  Nella poesia si intravede un amore fisico ma anche molto affettuoso, un sentimento ben radicato e costruito nelle piccole cose della vita che il poeta definisce in una riflessione in prosa “amore sacrale”, quindi un amore sacro e inviolabile sia per se stessi, sia per il mondo fuori.

Si tratta di un rapporto che diventa esclusivo nei sentimenti e nella sessualità, un rapporto intimo e vissuto profondamente dal poeta e dalla donna amata.

“Soffro di un male/ che ha come sintomo la vita”, la vita è gioia e dolore, vita e morte insieme, ma è lo stimolo stesso che ci permette di fare esperienza e maturare; forse solo attraverso la sofferenza si possono cercare soluzioni per risolvere i problemi, dai più importanti a quelli più flebili.

La maturità si conquista di giorno in giorno, attraverso la meditazione e la riscoperta della natura, la sessualità e il lavoro, l’amicizia e i momenti di solitudine: tutto infatti fa parte di un processo di crescita per Michele, un processo intenso e intimo.

“Ovunque proteggi” si riferisce a Gesù, un Dio che si è incarnato in un uomo sulla terra, un progetto salvifico e fruttuoso per l’umanità, qualcosa che dona un senso di vita e di speranza.

Il poeta si raccoglie nell’intimità e prega: “le mani proteggono dall’ira”, forse mani congiunte che riflettono e chiedono un segno ben tangibile.

Si nota da parte del poeta un amore per la natura molto intenso che riesce a suscitare impressione vive e pensieri profondi che scavano nell’anima, perché l’uomo fa parte della natura in quanto essere vivente incluso in essa.

 

Raccolta che merita la vostra attenzione  per l’essenzialità e la carica di sentimento rivolta verso la donna amata e  alla vita in senso ampio, perché la spiritualità non solo è rivolta a un simbolo cristiano, ma anche assimilabile alla natura intera.

Eloisa Ticozzi

 

Intervista al poeta  Michele Carniel

 

Michele Carniel
Michele Carniel

Ciao Michele Carniel ben arrivato sulle pagine de I Gufi Narranti, possiamo darci del tu?

Certamente, grazie per la vostra cordialità.

  • Quando hai capito che la poesia era l’arte comunicativa più vicina al tuo modo di essere?

Quando ho notato l’empatia che si instaurava con coloro che leggevano le mie poesie, l’impatto emozionale che percepivo era talmente forte che non andava d’accordo col modo di rapportarsi veloce ed a tratti troppo “violento” che riscontro tuttora nella comunicazione globale. La poesia ha bisogno di un canale comunicativo più riflessivo che coincide maggiormente col mio modo di essere e di vivere, restando pur cosciente che è distante dai parametri comunicativi di oggi, si tratta di una mia scelta consapevole e non eccessivamente critica; l’importante resta comunicare e farlo nella maniera più genuina e positiva possibile, cercando di trasmettere messaggi tesi alla condivisione e non alla divisione, la poesia può essere d’aiuto in questo senso secondo me.

  • Se la poesia è un momento di riflessione, come vive un poeta il tempo frenetico e disordinato di oggi?

Nel mio caso con un adeguato distacco, utilizzando un punto di vista diverso che mi possa permettere di assorbire e quindi trasmettere attraverso i miei scritti quella bellezza che comunque affiora dalla vita di tutti i giorni, ma che molto spesso non viene colta dalle persone proprio perché la frenesia del mondo attuale rende difficile questa percezione. Solo dando il giusto tempo alle espressioni della quotidianità potremmo soffermarci su quegli aspetti molto spesso trascurati e che non ci fanno gustare le emozioni che fanno bene al nostro animo. Arrivare per primi non implica sempre una vittoria.

  •     Anche la religione, oltre l’amore, è presente nella tua silloge. Cosa secondo te la poesia può avvicinare a Dio?

Ogni poesia racchiude in sé un lato spirituale, che non per forza deve essere associato ad un dio in particolare. Ma questa caratteristica può avvicinare l’animo del lettore ad un’entità astratta e magari può essere di conforto se si sta attraversando un periodo di difficoltà o di malessere; chi è credente può associare questo sentire alla vicinanza a/di Dio e qui la poesia può essere indicata come veicolo di consolazione e di aiuto. Io stesso, pur avendo una fede molto instabile, mi servo della poesia per ricevere un conforto spirituale, non ci trovo assolutamente nulla di male, anzi.

  • Come nasce una tua poesia?

La mia poesia può venir concepita in maniere differenti, ma tutte frutto di un’illuminazione, o ispirazione se vogliamo, che può derivare dall’ascolto di una canzone, dalla lettura di un libro, da un fatto di cronaca, o semplicemente dall’osservare il mondo che mi circonda. Le poesie “Attentato” o “29 agosto 2017”, giusto per citare due esempi presenti nella mia silloge, sono nate da fatti di cronaca, mentre “Annarella”, invece, dall’ascolto di una canzone d’amore meravigliosa dei C.C.C.P.; in questi casi la poesia mi è corsa incontro e mi ha “invitato” a trasmetterla nero su bianco, ho obbedito semplicemente ad una richiesta gentile.

  • Il poeta mette a nudo la sua anima, ma scrive per se stesso o per gli altri?

Bellissima domanda, risponderò secondo il mio sentire, non comune a tutti i poeti ovviamente. Quando scrivo cerco sempre di instaurare col mio lettore un rapporto di assoluta sincerità, non indosso alcuna maschera, non utilizzo nessuna scorciatoia, in quanto immagino che chi legge chieda alla propria lettura un’emozione che non sia edulcorata, che non sia finta. Scrivendo per gli altri quindi è come se facessi su di me un percorso di terapia disintossicante da una società dedicata principalmente ad indossare la maschera più idonea per apparire il più “pulito” possibile. Ecco cosa cerco: un rapporto alla pari, un “denudarsi” reciproco, io scrittore ti dò la mia anima, tu lettore rispondimi aprendo il tuo cuore e condividendo con me le tue emozioni, vere. Riassumendo, scrivo per gli altri sapendo bene che tra “gli altri” ci sono pure io, e a me stesso non posso mentire.

Grazie a Michele Carniel per la disponibilità e complimenti per il suo lavoro “Tra il Piave e la luna” edito dalla Sillabe di Sale.

 

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