Star Wars: Gli Ultimi Jedi – Lo strapiombo qualitativo che uccide Star Wars.

Star Wars: Gli Ultimi Jedi

Anno: 2017

Titolo originale: Star Wars: The Last Jedi

Paese di produzione: USA

Genere: fantascienza, avventura

Regia: Rian Johnson

Produttore: Kathleen Kennedy, Ram Bergman

Cast: Mark Hamill, Carrie Fisher, Adam Driver, Daisy Ridley, John Boyega, Oscar Isaac, Lupita Nyong’o, Andy Serkis, Domhnall Gleeson, Anthony Daniels, Gwendoline Christie, Kelly Marie Tran, Laura Dern, Benicio Del Toro

21:30. Cinema Politeama di Piacenza. La sala Ritz è gremita. Comprensibile il giorno stesso dell’uscita del nuovo Star Wars. Si spengono le luci. La galassia è lontana lontana. Poi il soprassalto della celebre colonna sonora e titolo e trama che scorrono inclinati su fondo spaziale. Il pubblico sta ancora finendo di sistemarsi e inquina il momento di antica estasi con un neanche troppo sommesso brusio. Ma si sollevano gridolini di eccitamento e quindi tutto va bene. C’è chi sta seguendo appassionato, fibrillato, come me. Il fanatico è già in clima stellare. Il Primo Ordine è sulle tracce dei ribelli che scappano. Più volte nel corso della trama gli stessi concetti vengono ripetuti e la solfa non è poi così diversa dal solito. Va beh dai, facciamo finta di niente ed andiamo avanti. Poi improvvisamente una luce. Una spada laser si solleva in aria, ma non sullo schermo, bensì sopra le teste del pubblico e volteggia con indomito coraggio. Il “fanatico” è già fuori controllo. In molti tra i posti a sedere accolgono con approvazione il gesto del cavaliere (che si suppone abbia pochi anni di vita, ma in realtà ne ha più di me, quindi più di venticinque). E’ tutto folklore, che volete farci?

Siamo nel bel mezzo di una battaglia. Il solo Poe Dameron, valoroso pilota della Resistenza, si scaglia contro un gigantesco star destroyer e sembra averne la meglio (è piccolo, riesce ad eludere il fuoco nemico poco preciso) facendosi strada verso il cuore. Con l’arrivo dei caccia Tie però entra il gioco la flotta ribelle ed è subito guerra. I bombardieri devono rilasciare un carico di bombe astronomico sull’incrociatore del Primo Ordine. E’ un momento disperato e convulso, ma i bombardieri si muovono ad una lentezza inesorabile. C’è anche il tempo per uno dei piloti di perdere conoscenza. Tranquilli, tanto la forza scorre potente e la nave dei cattivi esploderà lo stesso. Boom! Come biglietto da visita Rian Johnson (che qui scrive e dirige) ci lascia questo dubbioso scontro spaziale, che da solo dovrebbe dare un’idea del tipo di sceneggiatura che stiamo andando ad affrontare. Simpatici in questo caso gli exploit comici, inaspettati sicuramente, forse eccessivi, ma è una cosa che si ripeterà nel corso del film, strappando qualche timida ma anche un po’ scompigliata risata. Dall’altra parte del cosmo Rey ha raggiunto Luke sul suo pianeta d’esilio e gli ha passato la sua spada laser come chiamata alle armi. Guarda caso il vecchio Skywalker non è molto dell’idea e in tutta risposta getta via la spada con fare quasi grottesco e se ne va. Strambo, ma ci può stare. Avrebbe potuto farlo anche il saggio ma strafottente Yoda. Ci saranno tante porte sbattute in faccia per la giovane eroina, finchè Luke verrà convinto ad addestrarla dalla nostalgia. Nell’oscurità intanto il Primo Ordine, nelle persone di Snoke e Kylo Ren, trama per riaverlo e terminarlo per porre fine ai Jedi nella galassia.

Gli scontri nello spazio sono da sempre stati una prerogativa di Star Wars. In Star Wars: Gli Ultimi Jedi anche questi hanno perso il loro smalto vincente.

Star Wars: Il Risveglio Della Forza mi aveva deluso avendo la colpa di rasentare il plagio di Star Wars: Episodio IV – Una Nuova Speranza, ma se non altro poteva contare sulla regia in parte autorevole di J. J. Abrams dove si potevano riconoscere un certo gusto per l’inquadratura e la messa in scena e un’interessante introduzione dei personaggi di Rey e Ren. Rogue One: A Star Wars Story non mi aveva di certo sconvolto a causa della mancanza di ritmo e dei personaggi/ interpreti insipidi; tuttavia anche in questo caso, da un punto di vista fantascientifico, si poteva assistere a sequenze memorabili e viaggiare su mondi accattivanti e ben descritti. Complessivamente comunque ero già piuttosto sfiduciato nei confronti della saga (di cui sostengo ancora oggi i primi sei episodi), ma mai e poi mai avrei pensato di rimpiangere questi ultimi due film. Questo significa che, per quanto mi riguarda, Star Wars: Gli Ultimi Jedi è proprio brutto. E ne sono fermamente convinto. Per caratteristiche tecniche: mancanza di carisma dei personaggi, limiti attoriali, costumi ed effetti speciali approssimativi e banalità della trama, si laurea come peggior segmento di sempre, anche peggio di Star Wars: Episodio II – L’Attacco Dei Cloni, che fu il meno brillante. Se non altro quest’ultimo però era interpretato coerentemente, offriva qualche bello spunto visivo e aveva delle sequenze da ricordare. Che cosa si può avere il piacere di ricordare di Star Wars: Gli Ultimi Jedi? Niente. Le due ore e mezza di durata potevano essere foriere di innumerevoli spunti ma al netto di quello che Rian Johnson ha deciso di mostrare, uno spettatore raziocinante torna a casa con ben poco. Un percorso d’addestramento per la nuova leva Jedi esiguo ed insignificante; una fase centrale estesa a dismisura ambientata su un pianeta a metà tra Las Vegas e Hogwarts (una sintesi davvero raccapricciante persino in una parodia), che fra l’altro non ha niente a che fare con la fantascienza; creature aliene dolci e simpatiche pensate e realizzate ad uso e consumo del pubblico più giovane che non centrano nulla con le bizzarre ed inquietanti fattezze a cui siamo abituati. Non finisce qui. Il punto è che Star Wars: Gli Ultimi Jedi rappresenta un precipizio molto profondo da un punto di vista qualitativo, sotto tutti i fronti. La sceneggiatura di Johnson, che in America ha fatto così tanto gridare al miracolo, lavora di sottrazione e addizione nel modo sbagliato cioè togliendo il meglio e aggiungendo il peggio, l’inutile, il superfluo, l’inappropriato, proprio come il tipo d’ironia che ha cercato di dare ad una storia in cui non centra nulla (siamo ben lontani dall’umorismo ficcante e sbruffone di Han Solo). La cosa più inquietante è che quello che stiamo affrontando è un prodotto che di cinematografico non ha più niente e che si avvicina sempre più prepotentemente all’essenzialità e all’interattività dei videogiochi. Non conta la forma, il taglio dell’inquadratura, il dialogo significativo ma solo l’atto del ricreare una situazione in maniera finta, artefatta, malriuscita, come un imitazione tremendamente fatta male. Questo lo si capisce nella quantità delle battute, altissima, ma ognuna di esse di una brevità e di una dozzinalità disarmante. Oppure nel cast, in continua espansione ma pieno di personaggi inutili, stereotipati, che in maniera altamente fastidiosa, riescono anche a lasciarsi andare a frasi di una moralità così retorica e già sentita da provocare bruciori di stomaco.

Non per caso questa volta ho scelto di iniziare la recensione raccontando il contesto in cui mi sono trovato al cinema per la visione del suddetto film. Così come gli applausi che si sono levati dalla platea al momento del ritorno al combattimento di Luke Skywalker (niente di trascendentale tra l’altro), quell’approccio così gogliardico e caciarone segna un po’ il cambiamento di stile filmico e di appropriamento del pubblico che ha trasformato Star Wars in un nuovo tipo di cine panettone: quello americano. E sul fondo della sala i vecchi nostalgici escono guardando il pavimento.

Zanini Marco

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