Quasi uom che rimaner de’ tosto senza – Gaspara Stampa

Gaspara StampaQuasi uom che rimaner de’ tosto senza  – Gaspara Stampa

Quasi uom che rimaner de’ tosto senza

il cibo, onde nudrir suol la sua vita,

più dell’usato a prenderne s’aita,

fin che gli è presso posto in sua presenza;

convien ch’innanzi a l’aspra dipartenza

ch’a sì crudi digiuni l’alma invita,

ella più de l’usato sia nodrita,

per poter poi soffrir sì dura assenza.

Però, vaghi occhi miei, mirate fiso

più de l’usato, anzi bevete il bene

e ’l bel del vostro amato e caro viso.

E voi, orecchie, oltra l’usato piene

restate del parlar, ché ’l paradiso

certo armonia più dolce non contiene.

BIBLIOGRAFIA: Gaspara Stampa, Quasi uom che rimaner de’ tosto senza, in Gastara Stampa – Veronica Franco, Rime, a cura di Abdeelkader Salza, Bari, Laterza (“Scrittori d’Italia”), 1913, pagina 96.

Parafrasi:

Come l’uomo che rimarrà da lì a breve senza cibo,

del quale è solito nutrirsi,

e cerca di prenderne più del naturale

finché è posto davanti a lui;

conviene che, prima della dolorosa partenza (dell’amante),

che impone all’anima digiuni così crudeli,

essa (l’anima) venga nutrita più del solito,

per poter poi sopportare un’assenza così dura.

Perciò, bramosi occhi miei, fissate

più del solito, anzi bevete il bene

e il bello del vostro amato e caro viso

e voi, orecchie, riempitevi oltre il giusto

del parlare del vostro amato, perché il paradiso

non contiene un’armonia più dolce.

Schema metrico: sonetto con schema ABBA ABBA CDC DCD


Commento:

Le Rime di Gaspara Stampa, pubblicate postume, cantano prevalentemente l’amore per il conte Collaltino di Collalto ed esprimono le preoccupazioni e le pene per le frequenti assenze di lui. L’adesione al petrarchismo è molto evidente anche se c’è una certa originalità nella fragilità e nell’umile sicurezza con le quali la poetessa accetta la sua condizione di donna che piange l’amante ma evita ogni accento di ribellione.

In questo sonetto è singolare la lunga similitudine iniziale attraverso cui la donna vuole saziare gli occhi con la visione dell’amato e le sue orecchie con la sua voce proprio come fa colui che sapendo di restare poi senza cibo si nutre più del giusto. Si equiparano passione d’amore, dunque, e fame del cibo e così l’amata cerca di trattenere quanto più può la presenza dell’amato una volta che questi sarà andato via.


Note esplicative:

  1. v. 1. senza: l’enjambements, usato sulla preposizione senza,  contribuisce a rendere ancora più netta la frattura e il senso di privazione su cui si basa la similitudine che informa l’intero sonetto; de’: deve; tosto: subito.

  2. v. 3. s’aita: si ingegna, cerca.

  3. v. 4 presso posto: posto innanzi, posto vicino a lui. 

  4. v. 4 presenza: si noti la rima di contrasto tra presenza e dipartenza (ripresa poi nel verso 8 da assenza).

  5. v. 6 alma: anima.

  6. v. 9 però: perciò.

  7. v. 9 vaghi: bramosi, desiderosi.

  8. vv. 14-15 piene restate: riempitevi (anche qui ancora una volta c’è un enjambements)

Figure retoriche:

Similitudine: vv. 1-8 e 11-14: Lunga similitudine sul quale è costruito il sonetto: passione d’amore come fame del cibo.

Enjambements: vv. 1-2 (senza / il cibo) e 12-13 (piene / restate): La Stampa usa questo procedimento raramente ma qui lo troviamo ben due volte proprio a marcare il senso di privazione e di mancanza dall’amato.

Allitterazione: prevalenza dei suoni aspri e duri: aspra dipartenza; crudi digiuni; dura assenza.

Iperbato: l’ordine delle parole prevede spesso il verbo alla fine del verso (s’aita; invita; nodrita; contiene).

Prof. Francesco Martillotto

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