Quando il gran lume appar ne l’orïente – Vittoria Colonna

Quando il gran lume appar ne l’orïente – Vittoria Colonna

Vittoria colonna

Testo:

Quando il gran lume appar ne l’orïente,

che ’l nero manto de la notte sgombra,

e ’l freddo gel ch’alor la terra ingombra

dissolve e scaccia col suo raggio ardente,

de l’usate mie pene, alquanto lente,

per l’ inganno del sonno, me ringombra;

ond’ ogni mio piacer risolve in ombra,

alor che ’n ciascun lato ha l’ altre spente.

Oh viver mio noioso, oh aversa sorte!

cerco l’ oscurità, fuggo la luce,

odio la vita, ognor bramo la morte.

Quel ch’ agli altri occhi offende ai miei riluce,

perché chiudendo lor s’apron le porte

a la cagion ch’ al mio Sol mi conduce.

BIBLIOGRAFIA: Vittoria Colonna, Rime, a cura di Alan Bullock, Bari, Laterza, 1982 (“Scrittori d’Italia”), p. 37

Parafrasi:

Quando il Sole nasce all’alba,

e allontana il nero manto della notte (l’oscurità)

e il freddo gelo, che a volte opprime la terra,

dissolve e scaccia col suo raggio luminoso

mi grava di nuovo delle pene abituali

che il sonno aveva alquanto alleviato,

per cui ogni mia gioia tramuta in pena

quando da ogni parte le altre ombre ha portato via (quelle della notte).

Oh vivere mio angoscioso, oh sorte avversa!

Cerco l’oscurità fuggendo la luce,

ho in odio la vita e desidero sempre la morte.

Quello che (la notte) agli occhi degli altri dà fastidio per me, invece, splende

perché chiudendoli (gli occhi) si aprono le porte del sonno,

mezzo che mi conduce al mio amato consorte (Sole).

Schema metrico: sonetto con rime incrociate nelle quartine (ABBA ABBA) e rime alternate nelle terzine (CDC DCD)


Commento:

Vittoria Colonna, nel 1509, tramite un matrimonio combinato già dalla prima infanzia, andò in isposa al marchese di Pescara, Francesco Ferrante d’Avalos, capitano dell’esercito di Carlo V e morto nel 1525 in seguito alle ferite riportate nella battaglia di Pavia. Da allora, la Colonna si dedicò alla memoria del marito e ritiratasi, negli ultimi anni, nel convento delle benedettine a Roma vi morì nel 1547. Le sue Rime, in uno stile sostenuto e controllato, sono animate da severa dignità e hanno come modello il petrarchismo del Bembo. Molti componimenti sono dedicati alla memoria del marito e tanti altri sono incentrati sulla tematica religiosa. Qui, nel sonetto riportato, c’è il motivo del confronto (chiaramente petrarchesco) tra la notte e il giorno nei loro significati abituali ma rovesciati e, di conseguenza, tra la condizione del soggetto e del mondo naturale: il sorgere del Sole, che è sorgente di vita per la terra, è fonte, invece, di dolore per la poetessa poiché attraverso il sonno era riuscita a mitigarlo e ad aprire le porte che conducono all’amato marito defunto. La luce la riporta, infatti, alla realtà del lutto: lei, allora, non cerca la luce ma le tenebre, non desidera la vita ma la morte. La notte e la morte sono le porte che conducono all’aldilà, luogo in cui brilla l’amato sole (il marito). L’antitesi, più in generale, è dunque fra la vita terrena e la vita spirituale, tra l’aldiqua e l’aldilà.

Note esplicative:

  1. v. 1. gran lume: il Sole (cfr. Petrarca, RVF, XIX, v. 3); ne l’orïente: all’alba.

  2. v. 2. che ’l nero manto de la notte sgombra: si cfr. Petrarca, RVF, L, vv. 15-21 con la rima ripresa (ombra / sgombra / ingombra) e Stazio, Theb., III, vv. 415-416 (Nox […] nigroque polos involvit amictu).

  3. v. 3. e ’l freddo gel ch’alor la terra ingombra: opprime all’alba (alor).

  4. v. 4. dissolve e scaccia:  il soggetto è sempre il gran lume. E si cfr. Petrarca, RVF, XXII, vv. 13-14 (Quando la sera scaccia il chiaro giorno / e le tenebre nostre altrui fanno alba).

  5. v. 5. lente: alleviate temporaneamente dal sonno.

  6. v. 6. me ringombra: mi grava, mi colma. Il soggetto è sempre gran lume.

  7. v. 7. risolve: volge, tramuta.

  8. v. 8. alor che ’n ciascun lato ha l’ altre spente: da ogni parte ha portato via le altre ombre.

  9. v. 9. noioso: angoscioso, cfr. Petrarca, RVF, XXIII, v. 85 e XXXVII, v. 48.

  10. v. 11. odio la vita, ognor bramo la morte: cfr. Petrarca, RVF, CCCXXXII, v. 6 (odiar vita mi fanno, e bramar morte).

  11. v. 12. quel: la notte.

  12. v. 13. lor: gli occhi; porte: del sogno/sonno (immagine della morte), cfr. Virgilio, Eneide, VI, vv. 893-896.

  13. v. 14. cagion: il sogno; mio Sol: l’amato consorte.

Figure retoriche e note linguistiche:

Dittologia: dissolve e scaccia (v. 4);

Parallelismi antitetici: cerco l’ oscurità, fuggo la luce; odio la vita, […] bramo la morte

Metafora: gran lume; nero manto de la notte; mio Sol.

Prof. Francesco Martillotto

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