Mostra: Richard Mosse – Displaced – fino al 19/9/21 – MAST Bologna

Mostra: Richard Mosse – Displaced – fino al 19/9/21 – MAST Bologna

La Fondazione Mast presenta Displaced, prima mostra antologica dell’artista Richard Mosse fotografo di origine irlandese. La mostra, curata da Urs Stahel, presenta una vasta selezione delle opere dì Mosse, che con la sua fotografia ha documentato argomenti importanti come Migrazione, Conflitto e Cambiamento climatico, mostrando nella sua interezza il confine in cui si scontrano i cambiamenti sociali, economici e politici.

 

La Fondazione Mast espone 77 fotografie di grande formato inclusi i lavori più recenti della serie Tristes Tropiques (2020), realizzati nell’Amazzonia brasiliana. Inoltre, la mostra presenta oltre a queste splendide immagini, due monumentali video installazioni immersive, The Enclave (2013) e Incoming (2017), un grande video wall a 16 canali Grid (Moria) (2017) e il video Quick (2010).

 

Il curatore Urs Stahel ha spiegato molto chiaramente in cosa consiste il lavoro di Mosse in questa dichiarazione.

 

“Richard Mosse crede fermamente nella potenza intrinseca dell’immagine, ma di regola rinuncia a
scattare le classiche immagini iconiche legate a un evento. Preferisce piuttosto rendere conto delle
circostanze, del contesto, mettere ciò che precede e ciò che segue al centro della sua riflessione. Le
sue fotografie non mostrano il conflitto, la battaglia, l’attraversamento del confine, in altri termini il
momento culminante, ma il mondo che segue la nascita e la catastrofe. L’artista è estremamente
determinato a rilanciare la fotografia documentaria, facendola uscire dal vicolo cieco in cui è stata
rinchiusa. Vuole sovvertire le convenzionali narrazioni mediatiche attraverso nuove tecnologie, spesso
di derivazione militare, proprio per scardinare i criteri rappresentativi della fotografia di guerra”.

 

Richard Mosse, muove i suoi primi passi nel mondo della fotografia nei primi anni del 2000, mentre è in procinto di terminare gli studi universitari. I suoi primi lavori scattati in Bosnia, in Kosovo, nella Striscia di Gaza e lungo la frontiera fra Messico e Stati Uniti hanno una particolarità che li distingue da altri in quanto sono caratterizzati dalla quasi totale assenza di figure umane. Solamente nelle immagini che compongono la serie Breach (2009), incentrata sull’occupazione dei palazzi imperiali di Saddam Hussein in Iraq da parte dell’esercito americano, sono presenti uomini in azione. Questi primi lavori, documentano le zone di guerra dopo gli eventi, non mostrano la battaglia ma ciò che rimane dopo la catastrofe. Immagini esplicative che mostrano la distruzione e il collasso dei sistemi: l’aftermath photography in sostanza, la fotografia del giorno dopo.

 

Tra il 2010 e il 2015 prima per Infra e poi per Enclave, complessa videoinstallazione in sei parti sullo stesso argomento, Mosse si reca ad oriente della Repubblica Democratica del Congo, nella regione del Nord Kivu, dove viene estratto il coltan, un minerale tossico da cui si ricava il tantalio, utilizzato in elettronica e che troviamo nei nostri smartphone.

Il Congo è una terra molto ricca dal punto di vista minerario ma è segnato da continue guerre e disastri umanitari gravissimi e Mosse per i suoi scatti in queste zone che sono sinonimo di devastazione completa ha scelto di utilizzare “Kodak Aerochrome”, una pellicola da ricognizione militare ai raggi infrarossi, ormai fuori produzione, messa a punto per localizzare i soggetti mimetizzati. Negli scatti di Infra, la pellicola registra la clorofilla presente nella vegetazione e “rende visibile l’invisibile”, dando un risultato ottimale, difatti la foresta pluviale congolese si trasforma in un paesaggio meraviglioso dai toni del rosa e del rosso. In questa opera sono fotografati paesaggi maestosi, scene con ribelli, civili e militari, le capanne in cui la popolazione, sempre in fuga, trova riparo dalla guerra combattuta a suon di machete e fucili. Con questa serie e questa tecnologia, Richard Mosse, scardina i criteri che rappresentano la fotografia di guerra.

 

Con l’imponente videoinstallazione in sei parti The Enclave, progetto gemello di Infra, Richard Mosse svela il contrasto tra la splendida natura della foresta della Repubblica Democratica del Congo e la violenza dei soldati dell’esercito e dei ribelli. Nella boscaglia si susseguono azioni militari, addestramenti e scontri tra i combattenti. I rumori, al pari delle immagini, sono intensi e quasi dolorosi, dopo la carrellata della telecamera sui soldati uccisi. I suoni poi si trasformano in melodie lasciando spazio ad un paesaggio dolce, di tutt’altra natura che infonde calma e serenità. Mosse affiancato dall’operatore Trevor Tweeten e dal compositore Ben Frost, ha realizzato The Enclave per il Padiglione Irlandese alla 55° edizione della Biennale di Venezia nel 2013, ispirandosi al celebre romanzo “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad.

 

Dal 2014 al 2018 Mosse si è concentrato sulla migrazione di massa e sulle tensioni causate dalla dicotomia tra apertura e chiusura dei confini, tra compassione e rifiuto, cultura dell’accoglienza e rimpatrio.

Mosse si reca nei campi profughi Skaramagas in Grecia, Tel Sarhoun e Arsal a nord della valle della Beqa’ in Libano, i campi di Nipiz I e Nizip II nella provincia di Gaziantep in Turchia, il campo profughi nell’area dell’ex aeroporto di Tempelhof a Berlino e molti altri.

Per Heat Maps e la video installazione Incoming, Mosse utilizza una termocamera che registra le differenze di calore nell’intervallo degli infrarossi cosicché invece di immortalare i riflessi di luce, registra le mappe termiche, “heat maps”. Si tratta di una tecnica militare nota sin dalla guerra di Corea che consente di “vedere” le figure umane fino ad una distanza di trenta chilometri, sia di giorno che di notte. Le immagini, all’apparenza nitide e precise in realtà nascondono i dettagli; difatti le persone e gli oggetti sono riconoscibili solo nei movimenti o contorni ma non nella loro individualità e unicità.

 

Incoming (2017), è un’installazione audiovisiva divisa in tre parti che utilizza la stessa tecnologia usata per la serie fotografica Heat Maps, la termografia ad infrarosso. Richard Mosse che ne è il regista e produttore e il suo team, hanno lavorato su tre scenari: nella prima parte, girata su una portaerei, vengono ripresi i preparativi per il decollo di Jet militari impegnati in operazioni di controllo nei cieli del Mediterraneo. Nel secondo scenario, troviamo come protagonisti i migranti in arrivo su barconi affollati, persone sofferenti e ferite, che attendono i soccorsi e in alcuni casi, il riconoscimento Post Mortem. Nella terza parte, i migranti sono allocati nei campi profughi, ripresi nella loro nuova quotidianità, bloccati nell’attesa di riprendere il loro viaggio della speranza verso l’Europa centrale.

 

Per produrre il video wall del 2017 Grid (Moria), Mosse si è recato diverse volte nell’arco di due anni nel campo profughi di Lesbo, tristemente noto per le sue pessime condizioni. Le riprese sono state effettuate con termografia ad infrarosso (heat maps) e l’opera è costituita da 16 schermi che propongono lo stesso filmato a intervalli diversi.

 

Tra il 2018 e il 2019, Mosse inizia ad esplorare la foresta pluviale sudamericana dove per la prima volta concentra l’obiettivo sul macro e sul micro, spostando l’interesse di ricerca dai conflitti umani alle immagini della natura.

In Ultra, con la tecnica della fluorescenza UV, Mosse esplora attentamente il sottobosco, i licheni, i muschi, le orchidee, le piante carnivore e trasforma questi primi piani in un vero spettacolo pirotecnico di colori scintillanti.

 

Trites Tropiques è la serie più recente di Richard Mosse: documenta con la nota precisione della tecnologia satellitare la distruzione dell’ecosistema ad opera dell’uomo. La tecnica fotografica usata viene denominata “counter mapping” dall’artista e cartografo Denis Woods, in sostanza è una forma di cartografia e resistenza che grazie a fotografie ortografiche multispettrali mostra i danni ambientali che l’occhio umano non riesce a vedere.

Richard Mosse ha scattato suddette fotografie di denuncia lungo “l’arco di fuoco”, nel Pantanal, il fronte di deforestazione di massa nell’Amazzonia brasiliana. I droni rilevano come in una mappa le tracce di fuoco che avanza lungo le radici delle foreste, i devastanti effetti dell’allevamento intensivo, delle miniere illegali per l’estrazione di oro e minerali. Ogni mappa mostra le devastazioni ambientali in modo estremamente chiaro, diventando per il fotografo un archivio di documentazione.

 

Il video Quick del 2010 completa le video installazione al Livello 0: è un filmato girato dallo stesso Mosse che ricostruisce la genesi della sua ricerca attraverso temi scottanti come la circolazione del virus Ebola, la quarantena e l’isolamento, i conflitti e le migrazioni, muovendosi tra la Malesia e il Congo orientale.

 

Il catalogo che accompagna la mostra, propone tutte le immagini esposte oltre a un saggio del curatore della mostra Urs Stahel e testimonianze di Michel J. Kavanagh, inviato in Congo e in Africa centrale dal 2004 per “Economist”, “Bloomberg News”, il “New York Times”, la BBC e altri organi d’informazione, Christian Viveros-Fauné, curatore capo presso l’University of South Florida Contemporary Art Museum e Ivo Quaranta, professore di Antropologia culturale all’Università di Bologna. Il volume, edito dalla Fondazione MAST, è distribuito da Corraini ed è disponibile in libreria e online su www.mast.org  www.corraini.com

 

RICHARD MOSSE

DISPLACED

Fondazione MAST

 

7 MAGGIO 2021 – 19 SETTEMBRE 2021

Via Speranza 42, Bologna

https://www.mast.org/

 

Ingresso gratuito solo su prenotazione

Orari: martedì – domenica 10:00 – 20:00

 

Ufficio Stampa

[email protected] – Tel. 051 6474406

Lucia Crespi – [email protected] – Tel. 0289415532

 

 

 

 

 

 

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