Metallica – Ride The Lightning – I Metallica cavalcano il fulmine.

Metallica – Ride The Lightning

Anno: 1984

Provenienza: USA

Genere: thrash metal

Membri: James Hetfield – chitarra e voce; Kirk Hammett – chitarra; Clif Burton – basso e voce; Lars Ulrich – batteria

  1. Fight Fire With Fire
  2. Ride The Lightning
  3. For Whom The Bell Tolls
  4. Fade To Black
  5. Trapped Under Ice
  6. Escape
  7. Creeping Death
  8. The Call Of Ktulu

Casa discografica: Megaforce Records

Una sedia elettrica. Una tempesta di fulmini che squarcia un cielo minaccioso ma allo stesso tempo poetico con quelle sfumature blu che dicono anni ’80. Quale sintesi visiva migliore potrebbe inquadrare la musica di Ride The Lightning? Feroce ed aggressiva come il tuono ed allo stesso tempo melodiosa e soave come il cielo. Lo scenario thrash metal dell’84 è ancora povero, ma manca poco alla sua definitiva esplosione; nel frattempo i signori del metal classico tendono le briglie del successo. I Metallica invece cavalcano il fulmine con grande entusiasmo. L’arpeggio con cui si apre Fight Fire With Fire non inganna perchè, nonostante il candore, nasconde già qualcosa di malato e corrosivo. Dopo pochi secondi infatti i cieli si aprono e ne scende un vomito di bile e fiamme intenso e malvagio. La testa ondeggia incessante al ritmo della batteria pestata di Ulrich e del cantato di Hetfield fino alla definizione della distruzione: “We all shall die!”, intonata da Burton. Riff serrati e corposi devastanti come testate nucleari, assoli limpidi che rischiarano brevemente l’annichilimento come raggi di sole in mezzo alle nubi della fine, tappeti di doppio pedale da brividi. Poi, una soffusa esplosione. Amen. Il metal è definitivamente passato ad un livello successivo.

L’impatto prima di tutto, poi la definizione. La traccia che da il titolo al disco è un saggio di quasi sette minuti. Una saetta introdotta da lampi continui di chitarra diventati iconici come Clint Eastwood per il genere western. Un alternarsi accattivante di riff e ritornelli che ha la sua massima espressione nell’assolo di chitarra straordinario di Hammett. Angosciante come il testo che lo accompagna che racconta l’approssimarsi alla morte di un condannato alla sedia elettrica. Le sirene dell’inizio ritornano nel finale che riecheggia nel vuoto lasciandosi alle spalle un buon carico di brividi dell’ascoltatore.

Ride The Lightning vuole rimanere inchiodato ad un’oscurità abissale. Ecco quindi comparire i sabbathiani rintocchi di For Whom The Bell Tolls, un pezzo lento, quasi inesorabile, fautore di un’epica e di una musicalità stentorea immortale, rimasta fino ad oggi nell’immaginario collettivo. A questo punto però i Metallica sembrano fare sul serio con la melodia. Fade To Black è la prima delle loro semi ballate e vede i quattro musicisti lasciarsi andare ad un clima più patetico e ruffiano. L’arpeggio proposto tuttavia è di grande qualità, la prova vocale di Hetfield è inaspettatamente buona e tutto il pezzo ha un sapore da grandi tempi del rock, come se Deep Purple e Led Zeppelin fossero entrati nei cromosomi dei giovani Metallica. Bisogna ammettere che il riff che fa’ spiccare il volo a Fade To Black è quasi un plagio di A National Acrobat dei Black Sabbath, ma l’assolo fantastico che segue e la bellezza della canzone fanno si che ci si passi sopra volentieri (d’altronde sembra che in tutti questi anni i fan non se ne siano accorti).

La fase centrale del disco è di rifiatamento. Trapped Under Ice ed Escape non sono rimaste nella memoria del pubblico. Sono brani onesti, senza grandi slanci e dal gusto abbastanza classico, ma ritengo meritino più attenzione. La prima ha una costruzione nei canoni ma una fluidità e una coesione tra le varie fasi che non può passare inosservata. E poi come si può resistere alla chitarra profonda e virulenta di Hetfield celata dagli assoli celestiali di Hammett? Escape, dalla ritmica e dalle sonorità innegabilmente figlie del suo tempo, deve essere ricordata per le chitarre di scuola NWOBHM e per il ritornello finale, semplicemente appiccicoso e geniale: “Life is for my own to live my own way.” Mitica.

Ma i Metallica indelebili devono ancora arrivare. Quando si parla di epicità, di sostanza, di massa musicale, non si può non pensare a Creeping Death. Un assalto che ci riporta all’Antico Egitto e alla sua mitologia. Uno stormo di piaghe e catastrofi naturali raccontate in quasi sette minuti di un inno metal emozionante e musicalmente maturo. Dopo un’opera del genere il discorso potrebbe anche definirsi chiuso, ma i Metallica non ne hanno ancora abbastanza. The Call Of Ktulu sorprende e lascia tutti attoniti. Un’odissea strumentale di nove minuti ancora oggi onestamente indefinibile. Metal? Thrash metal? Progressive metal? Forse nessuna di queste cose, ma indubbiamente un pezzo rock dalla sapienza illimitata, dal gusto lontano da ogni canone metal, dalla qualità eccellente. Un episodio straordinario in cui si esibisce finalmente tutto il talento e la saggezza musicale di Cliff Burton. Un enigma oscuro, dove domina una chitarra saccheggiata più volte nel corso degli anni, portato avanti da un’intensità ed una consapevolezza nei propri mezzi che pochi musicisti hanno.

Ride The Lightning, un nuovo passo per la crescita dei Metallica, che sembra inarrestabile.

Voto: 10

Zanini Marco

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