La strage di Bologna del 2 agosto 1980

La strage di Bologna del 2 agosto 1980

“Il sonno della ragione genera mostri” – Renato Guttuso ( Fu eseguito per un numero speciale dell’Espresso del 17 agosto 1980 dedicato alla strage di Bologna)

 

Bologna è una donna emiliana di zigomo forte, Bologna capace d’amore, capace di morte, che sa quel che conta e che vale, che sa dov’è il sugo del sale, che calcola il giusto la vita e che sa stare in piedi per quanto colpita…

“Bologna” di Francesco Guccini

 

La mattina del 2 agosto una cappa torrida ed opprimente avvolgeva Bologna, snodo stradale e ferroviario.

I treni, dal nord al sud, raggiungevano continuamente la stazione; i vacanzieri, ma anche i lavoratori, affollavano le biglietterie, i luoghi di ristoro e le sale d’attesa.

Secondo una stima attendibile diecimila persone quella mattina si trovavano nella stazione di Bologna. Ognuno con la propria storia intrecciò il sui destino con quello della città.

Turisti con l’obiettivo del mare, della montagna  o disoccupati in cerca di lavoro.

Mamme, papà e bambini. Tanti bambini che correvano e giocavano insensibili ai richiami dei genitori.

Il ristorante Cigar preparava caffè, cappuccini e sfornava brioche in continuazione.

Una sala d’aspetto con l’aria condizionata non funzionante, aumentava il disagio dei presenti.

Erano circa le 10.10 quando un uomo entrò nella sala d’attesa di seconda classe e dopo aver appoggiato, su un tavolino vicino al muro, una piccola valigia, si allontanò senza che nessuno lo notasse.

Quella mattina, alle 9.30 arrivò a Bologna un treno da Modena. Scesero, tra gli altri, una signora di quarant’anni e sua figlia di diciassette. Le due donne, dopo una sosta al bar e all’edicola, si diressero verso il piazzale esterno per prendere il pullman che le avrebbe portate in Grecia. Un viaggio sicuramente lungo e faticoso ma economico. Mentre la ragazza si avviava verso una vicina farmacia, la madre si fermò in attesa nell’aiuola della piazza. Vicino sull’erba una coppia di ragazzi, vestita con abiti pesanti tirolesi, malgrado il caldo torrido, attirò la sua attenzione. Poco dopo una terza persona si avvicinò ai due ragazzi ed insieme si allontanarono dalla piazza.

 

 

L’orologio all’esterno della stazione di Bologna, distrutta dall’esplosione della bomba esplosa il 2 agosto 1980, fermo sulle 10.25, l’ora della strage. ANSA

 

Ma l’impietosa mietitrice, vestita di nero, si aggirava invisibile e silenziosa finché alle 10.25 un tremendo boato scosse la stazione. Dopo l’esplosione un odore acre si diffuse, una enorme nuvola nera e un manto di polvere coprì tutto rendendo l’aria irrespirabile, seguirono due minuti di silenzio innaturale che venne rotto dalle urla e dai lamenti dei feriti.

La signora di Modena. sul piazzale della stazione, venne scaraventata  dallo spostamento d’aria. Uno sconosciuto la raccolse aiutandola a rimettersi in piedi.

Disperata cercò la figlia, che fortunatamente vide poco dopo. Ferita la portarono in ospedale dove rimase ricoverata otto giorni.

 

L’esplosione fece crollare gran parte della stazione, seppellendo il bar ristorante e le sale d’attesa di prima e seconda classe. Caddero trenta metri di pensilina e vennero anche investite due carrozze del treno straordinario Adria Express Ancona-Basilea in sosta sul primo binario. Molti rimasero sepolti dal crollo della struttura. Anche le persone che si trovavano fuori nel piazzale della stazione furono colpite dalle tegole che schizzavano impazzite. Terribile fu la visione che apparve ai primi soccorritori che si fecero strada nel tunnel di polvere. Corpi senza vita, feriti, brandelli di carne e calcinacci ovunque. Tutti cercarono di portare aiuto, i taxi incominciarono a fare la spola verso i vari ospedali. Un autobus della linea 37 con le lenzuola bianche ad occultare i finestrini venne trasformato in carro funebre. La prima impressione fu che si fosse trattato di una fuga di gas. Ma in realtà l’odore che si sentiva era di polvere da sparo. Alle 15 gli inquirenti giunsero alla conclusione che si trattasse di una bomba e alle 21.30 venne trovato il cratere dell’esplosione nella sala d’attesa di seconda classe.

Il giorno della strage in stazione sostavano 14 treni.

Il Boato dell’esplosione e i due drammatici minuti di silenzio assoluto furono la linea di demarcazione della presa di coscienza dell’immane catastrofe. L’immagine che videro i primi soccorritori fu terribile. Sembrava di esser in guerra, Ma la reazione dei bolognesi fu immediata. Infermieri in ferie o a casa si unirono a quelli che arrivarono dagli ospedali. Lavorando fino a notte inoltrata. Albergatori, ristoratori taxisti, i servizi sociali del Comune perfino i viaggiatori dei treni in sosta si adoperarono per aiutare i soccorsi. A Bologna venne conferita la medaglia d’Oro al valore civile.

Le indagini appurarono che furano usati una ventina di chili di esplosivo composto da un gelatinato di uso civile con una base di nitroglicerina. I tecnici accertarono anche che fu usato un temporizzatore di natura chimica. Una fiala messa nella valigia poco prima dell’esplosione

La perizia esplosivistica individuò tre aree. L’area mortale, dove si trovavano le persone ad una distanza inferiore ai cinque metri dal punto dell’esplosione, l’area dei danni molto gravi, che andava dai cinque agli undici metri all’interno della quale molti morirono per gli effetti indiretti dell’esplosione, ed infine l’area dei danni molto seri che arrivava fino ai venti metri.

Il tragico bilancio fu alla fine di 85 morti e 218 feriti.

Un mistero inspiegabile avvolge la morte di Maria Fresu, una ragazza sarda che viveva in provincia di Firenze, quel giorno era in procinto di andare in vacanza sul lago di Garda con sua figlia Angela di tre anni.

Maria Fresu e sua figlia Angela

Silvana, Verdiana, Maria e la piccola Angela si trovavano nella sala d’attesa di seconda classe, quando l’esplosione le investì. Erano sedute tutte vicine all’interno della zona definita “area dei danni molto gravi”. Angela morì per la frattura del rachide-cervicale, Verdiana, una delle amiche, morì per un trauma multiplo, mentre Silvana, l’altra amica, si salvò miracolosamente. Invece di Maria non si trovò traccia. Solo alcuni mesi dopo venne rinvenuto un piccolo brandello del corpo sotto un treno. L’ipotesi di essersi disintegrata non trova riscontro nella logica delle cose. Se anche i cadaveri che si trovavano nella zona mortale furono trovati abbastanza integri non si spiega come possa una persona essersi volatilizzata in una zona ancora più lontana dal punto dell’esplosione. Di Maria comunque sono stati trovati i bagagli, i documenti. Dopo mesi di attesa per identificarla gli inquirenti ricorsero alla perizia necroscopica effettuata da un laboratorio inglese sui pochi resti ritrovati.

Un altro mistero accompagnerà Maria forse per sempre. In seguito alla richiesta della Corte d’Assise di Bologna una perizia ha riscontrato nell’urna dove sono custodite le misere spoglie della ragazza(un  lembo facciale, la porzione di cuoio capelluto e l’osso di una mano) non risulta il suo DNA.

Le telefonate dei mitomani che rivendicavano l’attentato intasarono i centralini. Da parte dei Nar, ma anche delle Brigate rosse. Subito smentite da altre telefonate. Visto il clima pesante che dal 1969 spirava sull’Italia delle stragi neofasciste, gli inquirenti si indirizzarono subito verso quella direzione.

Negli anni ’70 l’Italia visse un periodo di violenza politica definito “anni di piombo”.

Sia la destra che la sinistra ricorsero indiscriminatamente alla violenza per destabilizzare gli equilibri esistenti.

Dalla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, fino praticamente alla bomba di Bologna del 2 agosto 1980 una impressionante serie di attentati insanguinarono l’Italia.

Il terrorismo neofascista si caratterizzò per il ricorso sistematico alla violenza, verso gente comune ed inerme, per incutere paura e tensione nei cittadini.

Il ricorso ai depistaggi fu l’arma in più che la destra usò con sistematica puntualità per far ricadere la colpa degli attentati alla sinistra e agli anarchici.

Per la strage di Bologna le operazioni di depistaggio furono portate avanti dal SISMI deviato diretto all’epoca dal Generale Giuseppe Santovito.

Licio Gelli, fin dal 1970,  mise nei posti cruciali e di potere persone iscritte alla P2.

Il 17 marzo 1981, durante una perquisizione nella villa di Gelli venne trovato il famoso elenco degli iscritti alla P2.

962 nomi, di cui 208 militari e forze dell’ordine (43 generali della Guardia di Finanza, Carabinieri, dell’esercito, dell’aeronautica, e dei Servizi segreti civili e militari), 8 Ammiragli, 11 Questori, 5 Prefetti, 44 Parlamentari, 2 Ministri, 1 segretario di partito (Forlani), 2 banchieri (Calvi e Sindona), imprenditori (Berlusconi e Angelo Rizzoli), magistrati e giornalisti.

Con la P2 avevamo l’Italia in mano. Con noi c’era l’Esercito, la Guardia di Finanza, la Polizia tutte nettamente comandate da appartenenti alla Loggia.

Eravamo una sentinella, attenta a controllare che non emergesse il Partito Comunista

Licio Gelli”

La P2 era ormai una organizzazione criminale ed eversiva, sciolta per legge ufficialmente il 25 gennaio 1982

Il Magistrato Mario Amato non risparmiò mai energie nell’indagine sull’attentato di Bologna ma si rivolse più volte al Consiglio superiore della Magistratura, lamentandosi di essere stato abbandonato dalle istituzioni e dallo Stato,  che nessun collega voleva aiutarlo per paura di rappresaglia da parte dei fascisti, Addirittura fu attaccato duramente dal giudice Antonio Alibrandi (padre del fascista dei Nar e fedelissimo di Fioravanti, Alessandro Alibrandi).

Amato riuscì a trovare il collegamento tra destra eversiva e Banda della Magliana.

Il 23 giugno 1980, pochi giorni prima dell’attentato alla stazione di Bologna il Magistrato fu assassinato con un colpo di pistola alla testa sparato dal killer fascista Gilberto Cavallini.

Fioravanti e la Mambro festeggiarono il vigliacco assassinio del magistrato bevendo champagne e mangiando ostriche.

Bologna sfregiata ferocemente dall’attentato, si risvegliò sotto schock. Dolore, sdegno e rabbia vennero manifestati nei confronti delle istituzioni accolte da fischi e proteste. Solo il Presidente della Repubblica Sandro Pertini e il segretario del PCI, Enrico Berlinguer furono accolti da applausi.

Quasi tutti i familiari, tranne otto, rifiutarono sdegnosamente i funerali di Stato decidendo di ricorrere ad esequie private.

Le vittime furono 85, la più giovane di 3 anni (Angela Fresu) e la più anziana di 86 anni (Antonio Montanari). Qui sotto un elenco dei nomi, seguiti dall’età.

Antonella Ceci, 19

Angela Marino, 23

Leo Luca Marino, 24

Domenica Marino, 26

Errica Frigerio, 57

Vito Diomede Fresa, 62

Cesare Francesco Diomede Fresa, 14

Anna Maria Bosio, 28

Carlo Mauri, 32

Luca Mauri, 6

Eckhardt Mader, 14

Margret Rohrs, 39

Kai Mader, 8

Sonia Burri, 7

Patrizia Messineo, 18

Silvana Serravalli, 34

Manuela Gallon, 11

Natalia Agostini, 40

Marina Antonella Trolese, 16

Anna Maria Salvagnini, 51

Roberto De Marchi, 21

Elisabetta Manea, 60

Eleonora Geraci, 46

Vittorio Vaccaro, 24

Velia Carli, 50

Salvatore Lauro, 57

Paolo Zecchi, 23

Viviana Bugamelli, 23

Catherine Helen Mitchell, 22

John Andrew Kolpinski, 22

Angela Fresu, 3

Maria Fresu, 24

Loredana Molina, 44

Angelica Tarsi, 72

Katia Bertasi, 34

Mirella Fornasari, 36

Euridia Bergianti, 49

Nilla Natali, 25

Franca Dall’Olio, 20

Rita Verde, 23

Flavia Casadei, 18

Giuseppe Patruno, 18

Rossella Marceddu, 1

Davide Caprioli, 20

Vito Ales, 20

Iwao Sekiguchi, 20

Brigitte Drouhard, 21

Roberto Procelli, 21

Mauro Alganon, 22

Maria Angela Marangon, 22

Verdiana Bivona, 22

Francisco Gómez Martínez, 23

Mauro Di Vittorio, 24

Sergio Secci, 24

Roberto Gaiola, 25

Angelo Priore, 26

Onofrio Zappalà, 27

Pio Carmine Remollino, 31

Gaetano Roda, 31

Antonino Di Paola, 32

Mirco Castellaro, 33

Nazzareno Basso, 33

Vincenzo Petteni, 34

Salvatore Seminara, 34

Carla Gozzi, 36

Umberto Lugli, 38

Fausto Venturi, 38

Argeo Bonora, 42

Francesco Betti, 44

Mario Sica, 44

Pier Francesco Laurenti, 44

Paolino Bianchi, 50

Vincenzina Sala, 50

Berta Ebner, 50

Vincenzo Lanconelli, 51

Lina Ferretti, 53

Romeo Ruozi, 54

Amorveno Marzagalli, 54

Antonio Francesco Lascala, 56

Rosina Barbaro, 58

Nell’attentato alla stazione di Bologna, non furono rintracciati motivazioni politiche attendibili e sicure, come invece risultarono negli altri attentati precedenti.

I magistrati presero in esame varie tesi.

Numerosi furono i depistaggi e strumentalizzazioni politiche discordanti per evitare che venissero alla luce i veri mandanti dell’attentato.

Gli inquirenti seguirono il depistaggio della pista internazionale segnalato dai Servizi segreti deviati, dopo il ritrovamento di una valigia, contenente delle lattine con dell’esplosivo uguale a quello della strage del 2 agosto, sul treno Bologna-Taranto.

Varie incoerenze si presentarono durante le indagini.

Vari personaggi, forse anche discutibili, preannunciarono l’eventualità di un attentato di grande rilevanza ma mai preso in considerazione dai magistrati.

Qualche mese prima venne segnalata la possibilità di un attentato da parte del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), supposizione che non venne considerata sufficientemente plausibile. Francesco Cossiga ipotizzò anche la tesi di una esplosione accidentale dell’ordigno che si sarebbe trovato provvisoriamente sul tavolino della sala d’attesa.

Il 2 agosto 1980 si trovava a Bologna Thomas Kram, terrorista tedesco esperto di esplosivi, appartenente al gruppo del comandante Carlos e quindi molto vicino all’Fplp. La sua presenza nella città felsinea, con un’altra terrorista, Christa Margot Frohlich, alimentò in alcuni il sospetto che la strage fosse stata decisa per ritorsione dopo l’arresto del capo dell’Fplp in Italia Abu Anzeh Saleh proprio a Bologna. Nel 1973 fu sottoscritto un tacito accordo tra i Servizi Segreti e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) chiamato ”Lodo Moro” che prevedeva il libero passaggio sul territorio di armi palestinesi in cambio dell’assicurazione di non fare attentati in Italia. La tesi dell’attentato palestinese venne giudicata poco probabile dai giudici e quindi archiviata.

Il sottosegretario agli Esteri, Giuseppe Zamberletti, sostenne strenuamente l’ipotesi di un collegamento tra la tragedia nei cieli di Ustica e la strage di Bologna. Caldeggiò un coinvolgimento della Libia di Gheddafi, che sarebbe stato infastidito dalla collaborazione tra Italia e Malta, in quanto la piccola isola mediterranea si trovava in disaccordo con la Libia per lo sfruttamento petrolifero di una parte di mare dove entrambe avanzavano influenze. Tesi smontate dai Pm giudicandole poche credibili di fronte ad una strage di tale portata.

Il 24 aprile 1982, la signora di Modena, che rimase stupita, quella torrida mattina del 2 agosto, vedendo la coppia di ragazzi vestiti pesantemente da tirolesi, leggendo i giornali seppe che Valerio Fioravanti e Francesca Mambro erano ritenuti i responsabili dell’attentato. La signora decise di andare a Bologna ad una riunione dell’Associazione dei parenti delle vittime. Gli inquirenti fecero vedere delle foto alla testimone di Modena, la quale in un primo momento indicò un volto che le parve di riconoscere i lineamenti di qualcuno; la signora modenese non fu in grado di collocare quel ricordo nel contesto di quella mattina nel piazzale della stazione di due anni prima. Appellandosi al tempo passato e alla labile memoria la donna si rifiutò anche di firmare il verbale. Ammettendo il timore di ritorsioni e vendetta.

Il 9 aprile 1981 venne arrestato per sospetta associazione sovversiva, per banda armata e concorso in rapina, Massimo Sparti, delinquente comune esperto in falsificazioni con simpatie verso l’estrema destra e molto vicino alla Banda della Magliana.

Sparti raccontò al sostituto procuratore Giancarlo Capaldo raccolse di aver ospitato, il 4 agosto 1980, Fioravanti e la Mambro. Durante la deposizione, Sparti disse anche di aver raccolto la confidenza dei due ragazzi che il giorno dell’esplosione si trovavano a Bologna travestiti da tedeschi. Sparti si lamentò anche del carattere particolarmente violento di Fioravanti che lo minacciò più volte di uccidere il figlio se non gli avesse procurato documenti falsi per lui e per la sua compagna Francesca Mambro.

La testimonianza di Sparti venne considerata attendibile dagli inquirenti. Nel 2007 il figlio di Massimo Sparti, Stefano, raccontò che il padre tre giorni prima di morire ammise di aver mentito per quanto riguardava il colloquio avuto con Giusva Fioravanti, perché fu costretto a farlo.

Circa cinque milioni di dollari sono stati accreditati su conti attribuiti a Licio Gelli e Umberto Ortolani, ritenuti finanziatori e mandanti.

Il passaggio di denaro accertato fin dal febbraio 1979 fino al 2 agosto 1980 giorno della strage era destinato ai Nar.

Oltre a Gelli e Ortolani coinvolti anche il prefetto Federico Umberto D’Amato e il piduista Mario Tedeschi, senatore dell’Msi.

Il 13 settembre 1982 Licio Gelli si presentò nella sede della banca UBS di Ginevra con lo scopo di ritirare 280 milioni di franchi depositati illegalmente per portarli al sicuro. La sorpresa fu grande quando Gelli trovò la polizia, che arrestò il capo della P2.

Addosso Gelli aveva delle carte scottanti che misero in luce i flussi di denaro analizzati dai finanzieri, che tramite le rogatorie dalla Svizzera e seguendo i conti cifrati trovarono il collegamento con il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, che confermava il piano di distribuzione del denaro per finanziare i Nar.

Per la cronaca il piduista Roberto Calvi fu trovato morto il 18 giugno 1982 a Londra impiccato sotto il ponte dei Frati Neri.

Il 12 novembre 2019, Paolo Bellini, l’ex terrorista nero, chiamato “primula nera”, è stato riconosciuto dalla moglie, in un video super 8, girato da un turista tedesco, dove compare alla stazione di Bologna pochi minuti prima dell’esplosione della bomba.

Autore di una decina di omicidi, sia politici che come killer della ‘ndrangheta, venne arrestato nel 1999 e in seguito divenne collaboratore di giustizia e dei servizi segreti.

La Procura Generale di Bologna ha deciso di riaprire le indagini su Paolo Bellini anche in seguito ad una intercettazione che vedeva coinvolto l’ex capo di Ordine Nuovo, Carlo Maria Maggi, durante una conversazione con suo figlio mentre sosteneva che a Bologna la strage fu organizzata dal gruppo di Fioravanti e anche Bellini era coinvolto.

Carlo Maria Maggi era stato condannato all’ergastolo definitivamente, con sentenza confermata dalla Cassazione, il 20 giugno 2017 per la strage di Piazza della Loggia a Brescia, dove ci furono 8 morti e 102 feriti. Maggi, gravemente malato rimase in detenzione domiciliare fino al 26 dicembre 2018 quando morì.

La Procura Generale di Bologna, il 19 maggio 2020 ha notificato quattro avvisi di fine indagine per Paolo Bellini considerato esecutore della strage del 2 agosto 1980, mentre Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi come organizzatori e finanziatori, tutti ormai deceduti. Per depistaggio è stato richiesto il rinvio a giudizio per l’ex generale del SISDE, Quintino Spella e l’ex carabiniere Piergiorgio Segatel e per false dichiarazioni ai Pm per sviare le indagini Domenico Catracchia.

Licio Gelli

 

 

Valerio Fioravanti è un ex sovversivo fascista fondatore dei NAR, era considerato uno dei più pericolosi terroristi italiani.

Riconosciuto colpevole di diversi reati, tra i quali: furto e rapina, sequestro di persona, violenza privata, lesioni personali, banda armata, tentato omicidio, attentato per finalità terroristiche e di eversione, strage di Bologna e altri ancora.

Una lunga sequela di crimini interrotta il 5 febbraio 1981 quando Valerio con il fratello Cristiano, Francesca Mambro, Gigi Cavallini, Giorgio Vale e Gabriele De Francisci furono intercettati dai Carabinieri alla periferia di Padova; seguì uno scontro a fuoco dove Valerio uccise Enea Codotto e Luigi Maronese, ma rimase ferito gravemente e quindi arrestato.

Valerio Fioravanti è stato condannato dalla Corte d’Assise d’Appello a 8 ergastoli, 134 anni e 8 mesi di reclusione.

I giudici hanno inflitto 8 ergastoli a Fioravanti per gli omicidi di:

Il 28 febbraio 1978 Roberto Scialabba, il 17 dicembre 1979 Antonio Leandri, il 6 febbraio 1980 Maurizio Arnesano, il 28 maggio 1980 Franco Evangelista, il 23 giugno Mario Amato, 2 agosto 1980 strage di Bologna, il 9 settembre Francesco Mangiameli, il 5 febbraio 1981 Enea Codotto e Luigi Maronese.

A Fioravanti vengono anche riconosciuti gli 85 omicidi della strage di Bologna.

Attentato che l’ex terrorista dei NAR ha sempre sdegnosamente negato di esserne un esecutore.

Fioravanti non si è mai pentito per i reati commessi.

Nel luglio 1999 usufruisce del regime di semilibertà e dal 2004 ottiene la libertà con la condizionale. Dal 2009 è libero a tutti gli effetti grazie alla legge Gozzini.

La legge Gozzini, del 10 ottobre 1986 N° 663, prevede l’estinzione della pena dell’ergastolo dopo 5 anni di libertà condizionale, se il condannato non ha commesso altri reati.

Francesca Mambro è un’ex terrorista italiana esponente dei Nuclei Armati Rivoluzionari.

La terrorista si è resa colpevole di numerosi crimini, tra i quali: furto e rapina, sequestro di persona, associazione sovversiva, violenza privata, attentato per finalità terroristiche , strage di Bologna ed altri ancora.

Il 5 marzo 1982 durante una rapina alla Banca Nazionale del Lavoro di Roma, alla fine di un conflitto a fuoco fu ferita gravemente da un proiettile all’inguine ed arrestata. Nel conflitto a fuoco fu ucciso da una pallottola vagante lo studente Alessandro Caravillani.

Dopo l’arresto fu condannata a 9 ergastoli, 84 anni e 8 mesi di reclusione.

Si è sempre assunto la responsabilità di tutti i reati compresi gli omicidi, ma ha sempre negato di aver partecipato alla strage di Bologna.

A Francesca Mambro vengono anche riconosciuti gli 85 omicidi della strage di Bologna.

I giudici hanno stabilito 9 ergastoli a Francesca Mambro per gli omicidi di:

28 maggio 1980 Franco Evangelista, 23 giugno 1980 Mario Amato, 2 agosto 1980 strage di Bologna, 9 settembre 1980 Francesco Mangiameli, 5 febbraio 1981 Enea Codotto e Luigi Maronese, 31 luglio 1981 Giuseppe De Luca, 30 settembre 1981 Marco Pizzari, 21 ottobre 1981 Francesco Straullu e Ciriaco Di Roma, 5 marzo 1982 Alessandro Caravillani.

Dopo 16 anni di reclusione Francesca Mambro, nel 1998, ottenne il regime di semilibertà, e nel 2008, il Tribunale di Roma concesse la libertà condizionale.

Dal 16 settembre 2013 in libertà definitivamente. Mambro e Fioravanti lavorano con il Partito Radicale e collaborano con l’associazione contro la pena di morte “Nessuno tocchi Caino”.

Le tappe processuali:

L’11 luglio 1988 la Corte d’Assise di Bologna condannò Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Sergio Picciafuoco e Massimiliano Fachini all’ergastolo per la strage di Bologna.

Fioravanti, Mambro, Picciafuoco, Fachini sono condannati anche per banda armata.

A Licio Gelli, Francesco Pazienza e ai due ufficiali del Sismi (servizio per le informazioni e la sicurezza militare) Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte venne comminata la pena di 10 anni per depistaggio.

Il 18 luglio 1990 la Corte d’Assise di Appello nella sentenza di secondo grado cancellò gli ergastoli assolvendo gli imputati dal reato di strage, confermando però la condanna per banda armata.

Il 12 febbraio 1992 la Cassazione ritenne di rifare il processo d’appello.

L’11 ottobre 1993 iniziò il secondo processo d’appello.

Il 16 maggio 1994, la prima Corte d’Assise d’Appello condannò nuovamente Fioravanti, Mambro e Picciafuoco all’ergastolo.

Massimiliano Fachini venne assolto sia per il delitto di strage che per banda armata. Condanna per banda armata sempre a Fioravanti, Mambro, Sergio Picciafuoco, Egidio Giuliani e Gilberto Cavallini.

Gelli, Pazienza, Musumeci e Belmonte condannati per depistaggio.

La sentenza definitiva della Cassazione è del 23 novembre 1995: furono condannati all’ergastolo quali esecutori dell’attentato, i neofascisti dei NAR Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.

Valerio Fioravanti e Francesca Mambro

Il 18 giugno 1996 la Corte d’appello di Firenze assolve Sergio Picciafuoco dall’accusa di strage e banda armata; sentenza confermata il 15 aprile 1997 dalla Cassazione.

Luigi Ciavardini, che nel 1980 aveva solo 17 anni, considerato l’esecutore dell’attentato venne condannato a 30 anni. Sentenza confermata dalla Cassazione l’11 aprile 2007.

La condanna dei due terroristi del Nar fece nascere una corrente innocentista alla quale aderirono parecchie persone, tra gli altri anche Cossiga, Cavani, Toscani, Curzi.

Credo che questa spontanea empatia verso due assassini trovi la giustificazione nella scarsa conoscenza degli interrogatori e degli atti giudiziari.

Fioravanti e Mambro hanno continuato a mentire in tutti questi anni. Alla fine l’ergastolo è stato il giusto corso della giustizia.

Al di là di qualsiasi considerazione fu irritante l’atteggiamento degli imputati che hanno strategicamente cercato di coprire la verità per confondere il corso del processo.

Dal 23 marzo 2009 Luigi Ciavardini è in regime di semilibertà.

A quarant’anni dalla strage del 2 agosto, la Corte d’Assise di Bologna, nella sentenza di primo grado ha condannato Gilberto Cavallini, all’ergastolo perché ritenuto colpevole di concorso in strage. Secondo la procura di Bologna l’ex terrorista dei Nar fornì appoggio logistico a Fioravanti, Mambro e Ciavardini.

Gilberto Cavallini

Cavallini, già gravato da otto ergastolo, era detenuto dal 1983 e godeva di un regime di semilibertà nel carcere di Terni.

 

Alberto Zanini (aggiornamento luglio 2020)

 

2 Risposte a “La strage di Bologna del 2 agosto 1980”

  1. Ottima la iniziativa dei gufi di ricordare la strage di Bologna. Precisa e ben documentata. Complimenti a tutti. Vito Bruschini

    1. Mi faccio portavoce del ringraziamento dei gufi a Vito Bruschini.Il riconoscimento fa sempre piacere, inutile negarlo, e noi cerchiamo, nel nostro piccolo, di produrre approfondimenti documentandoci continuamente. Grazie

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