Intervista Vincenzo Elviretti – “Pietre. Storie di provincia”

Intervista Vincenzo Elviretti – “Pietre. Storie di provincia”

Vincenzo Elviretti

 

Abbiamo da poco recensito “Pietre. Storie di provincia” (Catartica) di Vincenzo Elviretti e abbiamo ora la possibilità di approfondire con lui i temi relativi al suo ultimo libro e per farci raccontare qualcosa di lui e dei suoi futuri progetti.

Buongiorno Vincenzo, grazie per aver accettato di chiacchierare con noi. Mi permetto di darti del tu se per te non è un problema:

  • È la prima volta che ti recensiamo e che quindi abbiamo il piacere di intervistarti. Ci piace prima di tutto conoscere meglio l’autore che andiamo a scoprire di cui impariamo ad apprezzare le opere. Assieme all’artista ci piace conoscere l’uomo. Ci puoi raccontare qualcosa di te?

Grazie per l’opportunità e la recensione a Pietre.

Abito in una piccola cittadina in provincia di Roma. Una quindicina di anni fa vi ho iniziato a lavorare, poi con gli anni vi ho trovato collocazioni abitative e poi una famiglia.

Svolgo una vita abbastanza ordinaria, scandita principalmente dagli orari lavorativi, con qualche divagazione creativa come la scrittura e la musica. Quest’ultima è l’altra mia grande passione. Nonostante abbia ormai più di quarant’anni ho la fortuna di suonare ancora in una band con cui mi diverto ad andare in giro a suonare. La scorsa estate siamo riusciti a metter su un vero e proprio tour di una quindicina di date.

Mi piacerebbe campare esclusivamente di queste attività ma, finora, non ci sono riuscito.

  • Devo dire che questo libro mi è piaciuto molto e l’ho letto con grande piacere. Com’è nata l’ispirazione per scriverlo?

Ho scritto i racconti di questo libro una quindicina di anni fa.

Ero all’estero “a vivere un po’”.

Avevo una vaga idea di cercare lavoro ma la lingua e le inesperienze lavorative non mi aiutarono in tal senso. Così passai un paio di mesi rinchiuso in una stanza di Cork, la città irlandese dove mi trovavo, a scrivere di quello che mi ero lasciato dietro.

A posteriori, forse la colpa è stata la nostalgia di casa.

  • Se non erro “Pietre. Storie di provincia” era già uscito qualche anno fa. Cosa ti ha spinto a ripubblicarlo e in cosa questa edizione si differenzia rispetto alla precedente?

Pietre uscì una prima volta con una casa editrice a pagamento. Una scelta infelice dettata dalla fretta e dall’inesperienza nel mondo dell’editoria (era la prima volta che proponevo un mio scritto a qualcuno).

Con gli anni mi ci sono affezionato e credevo nella validità dell’opera, mi rodeva il fatto che avessi buttato alle ortiche tutto ciò.

Per fortuna nel 2019 ho conosciuto la casa editrice Catartica che mi ha pubblicato “Il vento, racconto di una canzone”. E così poco tempo dopo proposi a Giovanni Fara, l’editore, la pazza idea della ripubblicazione di Pietre. Questi accettò, nella mia incredulità e felicità.

La differenza principale rispetto alla precedente edizione è una scrittura più asciutta e attenta ai dettagli, l’ho riscritto più volte dopo quella pubblicazione. L’editing allora fu approssimativo, c’erano un sacco di errori.

Un’altra differenza rispetto all’edizione di Catartica è l’eliminazione delle citazioni allora presenti all’inizio di ogni racconto e la disposizione di quest’ultimi.

  • Come sono nati i personaggi di cui hai raccontato le loro storie?

Sono dei personaggi nati dalla fantasia.

In un paio di racconti ci sono fatti ispirati a cronaca locale ma i personaggi sono sempre frutto di invenzione.

Gli altri derivano dal mio vissuto, dall’aver letto, visto, ascoltato, e infine rielaborato le caratteristiche narrative di Billo, di Ninni, di Pocaluce, Squalo & C., e tutti gli altri protagonisti di Pietre.

  • Grazie al mio amore per il cantante Luciano Ligabue ho scoperto un autore la cui opera mi pare possa avere dei punti di contatto con questo tuo libro. L’autore in questione è Pier Vittorio Tondelli. È un autore che hai avuto modo di conoscere e che in qualche modo ti ha ispirato?

Hai fatto centro.

All’epoca della scrittura dei racconti ero decisamente ispirato dall’opera tondelliana. Considero Pietre un po’ come il mio “Altri Libertini”, in quanto è decisamente influenzato dal ritmo, dalle ambientazioni e dalla struttura narrativa di quel libro.

Una piccola curiosità, sono anche un collezionista dei libri di Pier Vittorio Tondelli in quanto posseggo tutte le prime edizioni della sua opera, compreso il rarissimo volume di “Biglietti agli amici”, firmato dall’autore.

Ora quell’influenza letteraria direi che si è dissolta ma non del tutto dimenticata, anche perché purtroppo ho letto tutti i suoi libri molti anni fa e lui non ne può scriverne di nuovi da più di trent’anni.

A proposito, lo sai che il Liga per un periodo della sua vita ha vissuto nello stesso palazzo dove viveva la famiglia di Tondelli?

  • C’è tra i vari personaggi di cui hai raccontato uno che ti è rimasto particolarmente nel cuore, che senti più tuo? E quello invece che ti piace meno?

Direi che Billo è quello che mi sta più simpatico, perché gli piace ascoltare Vasco Rossi, perché gli piacciono le moto e perché gli piace la libertà.

Per quanto riguarda il personaggio che mi piace di meno non saprei, non me lo sono mai chiesto. Forse la moglie di Ninni è un’antipaticona.

  • Alla fine le storie che racconti hanno tutte un retrogusto cupo, il finale è spesso amaro. Perché hai sentito di dare questo taglio alle varie storie?

Come risposto poco fa, scrissi queste storie lontano da casa. In un contesto altro. Un po’ era come se fossi fuggito.

Molte cose soffocavano l’espressione di me ragazzo poco più che ventenne.

All’epoca il rapporto con la provincia tendeva più all’odio che all’amore. Con il tempo credo di averci fatto pace.

Questa cupezza delle storie si rifaceva al mio stato d’animo. Tutto qui.

  • Alcune delle storie che racconti parlano di droga, di guida in stato di ebrezza, di quella sorta di buco nero in cui molti ragazzi vengono inghiottiti. Credi che questo sia un problema più riscontrabile in realtà di provincia, forse un po’ chiuse in se stesse, oppure senti che è una cosa trasversale che prende il grande centro come la piccola realtà?

Ho scelto la provincia per raccontare le mie storie soltanto perché è una realtà che conosco bene. Non credo che sia questione di densità abitativa, piuttosto di disagio.

Ho vissuto a Ostia la mia infanzia, negli anni ottanta, quella di Amore Tossico per intenderci. Pensa che una bella mattina mia madre mi portò a fare una passeggiata ai giardini pubblici e camminando mi “puncicai” un piede con una “spada” lasciata per terra da un “bucatino”, come fosse stata una carta di caramella. Fu una grossa fortuna che non mi beccai HIV o epatiti varie, altrimenti non credo che sarei riuscito a campare a sufficienza per scrivere un libro.

  • Perché hai deciso di scrivere una raccolta di storie piuttosto che cimentarti nel romanzo tradizionale? Quali credi siano i pro e i contro di cimentarsi nel racconto breve piuttosto che sviluppare un romanzo classico?

Pietre è stato il mio primo lavoro narrativo.

Quando lo scrissi non mi sentivo ancora pronto ad affrontare degli intrecci narrativi complessi come quello di un romanzo; che però ho scritto poco tempo dopo, ancora inedito tra l’altro (spero di avere la possibilità di pubblicarlo prima o poi).

Rispetto a un lavoro sulla distanza non credo che il racconto debba avere alcun complesso di inferiorità. Piuttosto ci sono delle storie che si adattano molto più a una brevità narrativa.

Racconti ne scrivo tuttora tra l’altro, anche di molto corti (101 parole per l’esattezza).

  • Nel tuo futuro ci sono già nuovi progetti letterari? Ti va di anticiparci qualcosa?

Certo. Tra i buoni propositi del nuovo anno che è da poco iniziato c’è quello di scrivere cose nuove, anche se ancora non ho un progetto ben definito in testa.

Al contempo, però, vorrei recuperare dei lavori (come il romanzo di cui sopra) a cui mi sono dedicato tempo fa, che andrebbero aggiornati, rifiniti e conclusi.

Credo che riuscirò in entrambi gli intenti, tra un po’ avrò a disposizione una stanza tutta per me in cui avrò la possibilità per isolarmi dal resto del mondo, e concentrarmi solo e soltanto nei miei pensieri e al miglior modo per concretizzarli nero su bianco.

Grazie mille a Vincenzo Elviretti per la disponibilità e la cortesia dimostrata e speriamo di averlo ancora presto ospite sulle nostre pagine

 

David Usilla

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