Intervista Renzo Saffi – Orfani del tramonto –  Alter Ego edizioni

Intervista Renzo Saffi – Orfani del tramonto –  Alter Ego edizioni

Renzo Saffi

Abbiamo da poco recensito il romanzo di Renzo Saffi: “Orfani del tramonto edito da Alter Ego edizioni e possiamo scambiare quattro chiacchiere con l’autore.

 

 

Ciao Renzo benvenuto sulle pagine de I gufi narranti possiamo darci del tu?

 

Ciao Sandra, certo che sì.

 

Essendo nata e residente a Trieste non posso non chiederti: perché hai scelto la mia città come scenario per il tuo romanzo?

 

In primo luogo è una città che amo molto, poi volevo discostarmi da città già inflazionate dal punto di vista narrativo per  evitare di richiamare certi cliché un po’ asfittici del giallo all’italiana. Inoltre Trieste è una città di confine, una porta di accesso sul mondo dei Balcani, e quindi uno scenario di respiro più ampio in grado di ospitare personaggi e situazioni più esplosivi nella loro complessità. Ma soprattutto Trieste è una città con delle impressioni molto contrastanti, un po’ come i personaggi del romanzo, anche loro lacerati da conflitti e alle prese con forze contrarie.

 

Il tuo libro affronta parecchie tematiche delicate cosa ha dato il via al progetto “Orfani del tramonto”?

 

Difficile risponderti, almeno, io non lavoro con scalette narrative eccessivamente dettagliate a monte del progetto. Alcune temi chiamavano in modo forte: la perdizione, la colpa, il riscatto, la rinascita. Avevo chiari gli snodi principali e il carattere dei personaggi e sapevo che per esprimersi avevano bisogno di un arco di trasformazione molto ampio. Poi in realtà hanno fatto tutto loro e mi hanno portato dove volevano, pure troppo. La prima versione di Orfani del Tramonto era di 600 pagine, contro le attuali 300.

 Il titolo del tuo romanzo: “Orfani del tramonto” è decisamente evocativo vuoi parlarcene?

Tutti i personaggi del romanzo sono orfani, in senso lato. Sono senza radici, alla deriva, e senza accorgersene cercano un senso al loro esistere. Il tramonto è un momento particolare del giorno, quello in cui la luce incontra il buio. Lo stesso processo che percorrono i personaggi del romanzo. Sono costretti ad attraversare il buio per raggiungere la luce.

 

Che rapporto hai con la religione?

Mi viene in mente la frase di Woody Allen: “non ho niente contro Dio, è il suo fan club che mi spaventa”. Eppure in molti testi sacri si trovano messaggi che rimandano a una direzione totalmente diversa dall’uso che l’uomo ha fatto spesso della religione ovvero  uno  strumento di coercizione emotiva e di differenziazione sociale asservito alle proprie logiche di potere. Correnti come il sufismo o del buddismo che di fatto, non può essere considerato nemmeno una religione a tutto tondo, portano a guardare verso direzioni che ritengo migliori.

 

Dal tuo romanzo traspare una certa accondiscendenza per i “peccati a fin di bene”, credi quindi che ci siano delle motivazioni per cui tutto è lecito?

 

Sono abbastanza lontano dall’idea di peccato, mi sento più vicino all’idea di errore che può essere considerato tale quando produce sofferenza a sé stessi e all’insieme. Nel romanzo l’idea del male è affrontata in un’ottica più ampia. Ci si considera liberi, in realtà siamo spesso solo il risultato di quello che il sistema ci consente di fare e quindi prigionieri. Un assassino è prigioniero di un ambiente, di un sistema sociale che l’ha creato . Un contesto intriso di odio e di violenza non può che creare persone di un certo tipo. Un assassino spesso  diventa tale perché sulla sua strada ha trovato altre persone che hanno sistematicamente ucciso e annientato diverse parti di lui, quindi poco importa lo spauracchio del carcere o la pena di morte. Accade che qualcuno ogni tanto cerchi di affrancarsi da questa situazione e cerchi di spezzare le catene che lo rendono prigioniero.

E’ la storia del protagonista del romanzo, e delle inevitabili cadute che commette nel tentativo di essere altro da ciò che è sempre stato.

 

Perché come animale preferito per il piccolo Filippo hai scelto proprio l’unicorno piuttosto del classico orsacchiotto?

 In  una certa simbologia è un archetipo che rappresenta la possibilità di attraversare le barriere dello spazio e del tempo, quindi diventa un animale ponte che permette la comunicazione tra padre e figlio in una dimensione onirica che forse esiste o forse è solo nella mente del protagonista. Lo scopriremo alla fine.

 

 

Stai già lavorando a qualche nuovo progetto?

 

Certo, spero di darvi presto novità.

 

Grazie mille per la disponibilità arrivederci a presto sulle pagine de I gufi narranti.

 

E’ stato un piacere, a presto.

Sandra Pauletto

 

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